7/1/1945 –
Operazione BdS-SD contro la Resistenza nella Valdastico
Nome del compilatore la
scheda: Pierluigi Dossi
I.STORIA
Località | Comune | Provincia | Regione |
Ponte Maso | Valdastico | Vicenza | Veneto |
Data iniziale:
7 gennaio 1945
Data finale:
Vittime decedute:
Totale | U | Bambini (0-11) | Ragazzi (12-16) | Adulti (17-55) | Anziani (più 55) | s.i. | D. | Bambine (0-11) | Ragazze (12-16) | Adulte (17-55) | Anziane (più 55) | S.i | Ign |
3
|
1
|
0
|
0
|
3
|
0
|
0
|
Di cui
Civili | Partigiani | Renitenti | Disertori | Carabinieri | Militari | Sbandati |
3
|
Prigionieri di guerra | Antifascisti | Sacerdoti e religiosi | Ebrei | Legati a partigiani | Indefinito |
Elenco delle vittime decedute:
- Giovanni Cioni “Cirillo”, cl. 17, da Genova; partigiano;
- Enrico Cuneo “Mistero”, cl. 21, da Genova; partigiano;
- Igino Radere “Castagna”, cl. 23, da Poleo di Schio; partigiano.
Altre note sulle vittime:
vengono deportate nel Lager di Bolzano
6 donne, le sorelle Dolores “Viola” e Maria Sella da Tonezza, le
sorelle Santina, Pierina, Clelia Munari e la madre Stefania da
Lastebasse, tutte staffette della Brigata “Pasubiana”, e 8 tra
patrioti e partigiani sono deportati prima al Lager di Bolzano, poi
al Lager di Mauthausen e nel suo sottocampo di Gusen. Nessuno di loro
farà più ritorno:
- Giuseppe Rossati, cl. 1888, da Pedemonte, agricoltore; deportato nel sottocampo di Gusen, Blocco E, matricola n. 126403, non si conosce la data di morte e il luogo di sepoltura.
- Agostino Scalzeri, cl. 23, da Pedemonte, agricoltore; deportato nel sottocampo di Gusen, Blocco E, matricola n. 126424, deceduto per esaurimento e sevizie il 10.3.45 e la sua salma cremata.
- Olinto Leoni, cl. 1900, da Lastebasse, oste; deportato nel sottocampo di Gusen, Blocco E, matricola n. 126247, deceduto per esaurimento e sevizie il 16.3.45 e la sua salma cremata.
- don Antonio Rigoni Sternle, cl. 1883, nato ad Asiago, cappellano di S. Pietro e Ponte Posta; deportato a Mauthausen, Blocco 1, matricola n. 126542, deceduto per esaurimento e sevizie il 6.4.45 e la sua salma cremata
- Secondo Dal Pozzo “Tempesta”, cl. 22, da Pedescala, tecnico; partigiano; deportato nel sottocampo di Gusen, Blocco E, matricola n. 126364, deceduto per esaurimento e sevizie il 12.4.45 e la sua salma cremata.
- Luigi Carotta, cl. 1897, da Pedemonte, muratore; deportato nel sottocampo di Gusen, Blocco E, matricola n. 126103, deceduto per esaurimento e sevizie il 22.4.45 e la sua salma cremata.
- Stefano Munari, cl. 1890, da Lastebasse, scalpellino; deportato nel sottocampo di Gusen, Blocco E, matricola n. 126305, deceduto per esaurimento e sevizie il 23.4.45 e la sua salma cremata.
- Antonio Lorenzi (detto Toni Carnevale) “Nadir”, cl. 11, da San Pietro, falegname; partigiano; deportato nel sottocampo di Gusen, Blocco E, matricola n. 126252, deceduto per malattia il 29.4.45 e la sua salma sepolta in fossa comune.
Descrizione sintetica
Il 6/1/45 tre partigiani della
Brigata “Pasubiana”, Gruppo Brigate “Garemi”, sono
catturati dai nazi-fascisti a Montepiano, nel Comune di Lastebasse
e tradotti a Ponte Maso di Valdastico, dove presso l’Osteria
vengono incarcerati e seviziati. Il 7/1/45, alle prime luci
dell’alba, camion di truppe tedesche, del 263. Ost.-Battalion e
della BN di Vicenza, irrompono improvvisamente nei paesi della
vallata e a Tonezza. Vengono catturati e poi imprigionati presso
l’Osteria di Ponte Maso altri 18 patrioti: 7 donne, tutte
staffette della “Pasubiana”, il capellano di S. Pietro e
prevosto di Ponte Posta, don Antonio Rigoni Sternle e 10 tra
patrioti e partigiani. In totale i prigionieri a Ponte Maso sono
21.
I 3 partigiani catturati a
Montepiano il giorno precedente vengono portati fuori dalla stanza
degli interrogatori e, scortati da “cinque militari tra cui
il Piazza”, si avviano verso il luogo della loro esecuzione;
i loro corpi vengono lasciati lungo la strada con l’ordine di
non rimuoverli, ma di lasciarli esposti.
Verso le ore 15:00, gli altri 18 arrestati sono condotti alla
sede del BdS-SD di Roncegno (TN) per essere interrogati (partecipa
alle torture anche Victor Piazza), e di lì alle carceri di
Strigno e Borgo Valsugana. In seguito 3 di loro sono rilasciati
(la sorella di Antonio Lorenzi “Nadir” e altri due) ,
viceversa, gli altri sono trasferiti nel Lager di Bolzano. Con il
trasporto n. 119, partito il 1 febbraio e arrivato il 4 febbraio,
tutti gli uomini vengono trasferiti da Bolzano al Lager di
Mauthausen e nel sottocampo di Gusen. Nessuno di loro farà più
ritorno.
|
Modalità dell’episodio:
rastrellamento, catture, sevizie,
fucilazioni con esposizione dei corpi, deportazioni.
Violenze connesse all’episodio:
saccheggi, catture e deportazioni.
Tipologia:
rastrellamento.
Esposizione dei cadaveri X
II.
Responsabili
TEDESCHI:
Autori:
- BdS-SD – Befehlshaber der Sicherheitspolizei und des SD di Roncegno-Rovereto (TN)
- "Kommando Andorfer" – “Banda Carità”;
- SS-Ordnungspolizeiregimen "Bozen";
- Ost.-Battalion 263.
Il BdS-SD – Befehlshaber der
Sicherheitspolizei und des SD, è l’Ufficio-Comando della
Polizia di Sicurezza del Reich (SIPO-Gestapo) e della Polizia di
Sicurezza del Partito nazista (SD). Dopo un breve periodo in cui i
due principali organi di sicurezza dello Stato sono stati in
conflitto fra loro, la Geheime Staatpolizei – Gestapo
(Polizia Segreta di Stato) giunge a operare in unione e sintonia con
il Sicherheitsdienst des Reichsführers-SS –
SD (Servizio
di Sicurezza del Partito Nazionalsocialista):
il SD viene impegnato principalmente a raccogliere informazioni sui
“sovversivi”, mentre la Gestapo provvede agli arresti. Questo
nuovo organismo d’intelligence viene chiamato BdS-SD, e il
Comando in Italia è stabilito a Verona (LAITER
I/II).
“Il titolo
di una recente raccolta di saggi sul
Sicherheitsdienst des
Reichsführers-SS (SD)
elenca le tre caratteristiche fondamentali di questo organo
d’intelligence
che vide la luce negli anni
Trenta nella Germania nazionalsocialista: “servizio di
informazioni, elite
politica e unità di assassini”.
Il SD,
il “servizio di sicurezza del capo supremo delle
SS”,
Heinrich Himmler, non fu infatti soltanto un servizio di informazione
e spionaggio politico di nuovo tipo ma, al contempo, la più
importante organizzazione di quadri della giovane
elite
della Germania
nazionalsocialista. Accanto a questo, alcune delle più recenti
indagini storiografiche sulle organizzazioni del nazionalsocialismo
hanno dimostrato come i suoi oltre 6500 membri siano stati
responsabili come nessun altro gruppo della società tedesca dei
crimini compiuti in quegli anni e soprattutto dell’organizzazione e
messa in atto della “soluzione finale
del problema ebraico” nell’Europa occupata.
[…] Deve essere infatti ben chiaro che non ci troviamo di fronte al
personale di un qualsiasi servizio di informazioni, ma invece al
“nocciolo duro” dei perpetratori dei crimini di massa
del nazionalsocialismo. Le
attività svolte da
Sicherheitspolizei
e
SD
in Italia furono molteplici. Vi
troviamo, infatti, le stragi di prigionieri e le deportazioni nei
campi nazisti dei nemici “razziali” e degli oppositori politici,
accanto ai contatti con le forze moderate della Resistenza e
gli Alleati
e le trattative e le sottigliezze del lavoro di
intelligence.
Questi sono aspetti solo apparentemente contrastanti del modo di
concepire la lotta contro l’avversario ideologico delle
organizzazioni nazionalsocialiste. L’idea dietro ai sondaggi e alle
“aperture” verso le forze della coalizione antinazista che ebbero
un intenso quanto inefficace sviluppo dinamico nel periodo finale del
conflitto, era quella che per sopravvivere fosse necessario ed anche
possibile giungere ad un accordo con gli avversari occidentali e con
gli oppositori
moderati e nazionalisti, a differenza, ovviamente, del mondo
comunista. Queste attività erano parte di un irrealizzabile progetto
ideato dalla SS,
nutrito dall’illusione di poter sfaldare
la coalizione antitedesca con una offerta di pace separata agli
alleati occidentali. In questa ottica
SS e
SD
si sarebbero presentati come
l’unica forza politica e militare in grado di condurre la Germania
in una nuova alleanza antisovietica occidentale e superare la pesante
eredità di Hitler.
In questa prospettiva, vanno visti gli sforzi intrapresi in Italia da
un consistente gruppo di esponenti di SS, SD e Sicherheitspolizei,
tra i quali Zimmer, Rauff, Dollmann, Harster e Wolff.
Nel loro progetto l’Italia
sarebbe stata il campo di prova di un nuovo ruolo delle
organizzazioni di elite del nazionalsocialismo, un terreno nel quale
dimostrare agli Alleati, “in piccolo”, come ha scritto Zimmer, la
propria professionalità e l’efficacia dell’azione
anti-comunista. […]”
(C. Gentile, Intelligence
e repressione politica,
cit..).
"Kommando Andorfer"
. E’ un "Meldekopf" (letteralmente "punto
o centro di raccolta"), una piccola unità mobile, un
"kampfgruppe" della BdS-SD, un Gruppo della Polizia
di sicurezza (Sipo) incaricato della raccolta di informazioni e della
repressione anti-partigiana, che dipende direttamente dal comando
superiore della Sichereitspolizei di Verona. E' uno dei più famosi
e ha sede dal settembre ’44 a Rovereto (villa Maffei) e Roncegno in
Valsugana (Trento), dove si avvale di una sezione della “Banda
Carità”. Diretto dai tenenti-SS Herbert Andorfer e Fauchtinger,
partecipa anche al rastrellamento del Grappa, in stretta
collaborazione con le truppe del ten. colonnello Fritz Dierich del
Luftwaffe (Sicherheits Regiment 36 Italien) che da Quero partirono
all'attacco del Monte Madal; travestiti da “ribelli” gli uomini
di Andofer assalirono di sorpresa comandi e reparti partigiani.
Operativamente il Kommando Andorfer è operativo in Lombardia,
in Liguria (marzo ’44 - strage della Benedicta) e nelle
Marche (giugno-luglio ’44). Alla fine di luglio il reparto è
assegnato al Comando dell’aviazione tedesca in Italia (Luftflotte
2). Dislocato a Parma, entra in azione tra Liguria ed Emilia
nella serie di operazioni di rastrellamento denominate Wallenstein.
Nel corso di tali operazioni il Kommando Andorfer agisce in
avanscoperta. Dall’agosto alle prime settimane del febbraio ’45,
Andorfer e i suoi uomini sono dislocati a Rovereto e Roncegno e
impiegati sempre in attività antipartigiane.
BdS-SD – Kommando
Andorfer – Banda Carità. “La banda Carità
comprendeva anche un gruppo di toscani di stanza a Rovereto, una
squadra chiamata in vari modi dai testimoni dell’epoca: «la
compagnia dei fiorentini», «Brigata Firenze», «S.D. banda Carità
di Padova di stanza a Rovereto (TN)». Tra i componenti vi erano:
Natale Cardini meglio conosciuto come Natalino, Alfredo e Giuseppe
Frattini, Danilo Tronieri, Sergio Brugnoni, Ugo Raviccioli e Valerio
Menichetti meglio conosciuto come Adalberto o Aliberto. Personaggi
che a Firenze facevano parte di due piccole squadre, la squadra
Manente detta “degli assassini” e la squadra denominata “dei
quattro santi”, squadre che «richiamavano direttamente la
tradizione squadristica fiorentina», dipendenti dal comando SS, ma
che collaboravano già allora con il reparto comandato da Carità.
Con il ripiegamento delle truppe tedesche, nel settembre 1944,
entrarono nella banda Carità, ma si insediarono a villa Maffei a
Rovereto aggregati al Kommando Andorfer con alcuni componenti
altoatesini del comando SS di Firenze come i marescialli SS Joseph
Fiene e Ermanno Reiner Müller, il cap. Otto Alberti, il serg.
Baltanzar Gold e Anton Rabanzer.
Nelle memorie dei testimoni, spesso le
stesse vittime, questo gruppo di altoatesini che facevano parte
dell’apparato poliziesco del BdS SD, furono spesso associati alla
banda Carità, forse perché come molti altoatesini parlavano
italiano, oppure perché si accompagnavano volentieri sia alle bande
fiorentine che agli uomini del maggiore Carità utilizzando la stessa
violenza e gli stessi metodi. In realtà questi gruppi lavoravano
insieme, collaboravano di buon accordo, ma erano di fatto «entità
separate e rispondevano a catene gerarchiche diverse». In questo
ambiente si trovò ad operare Victor Piazza”. (da S. Residori,
Niente altro che polvere, cit., pag. 119-120)
SS-Ordnungspolizeiregimen. Sono
i 4 storici reggimenti di polizia formati dai tedeschi con personale
altoatesino: "Bozen", "Alpenvorland",
"Schlanders" e "Brixen". Sono strutturati in 3
btg. ciascuno e ogni btg. in 4 compagnie numerate in ordine
progressivo dall’1 al 12. Il Reggimento di Polizia "Bolzano"
(SS-Polizeiregiment “Bozen”) è formato nell’ottobre del ‘43,
dopo l'annessione delle province di Trento, Bolzano e Belluno
nell'Alpenvorland e posto agli ordini del colonnello Alois Menschick.
Il Regg. “Bozen” è inizialmente composto da 4 Btg.,
successivamente scesi a 3: il 1°Btg è impegnato in servizi di
sicurezza e lotta contro i partigiani in Istria; il 2° Btg.
partecipa a molte azioni contro la Resistenza Italiana (Grappa, Piana
di Valdagno) e ad almeno due rappresaglie di massa (46 uccisi in Val
del Bois in Cadore; 14 prigionieri impiccati a Belluno); il 3° Btg.
è a Roma e una sua compagnia, la 2^, è coinvolta nell’attentato
di via Rasella del 23/3/44. Non si tratta di innocui territoriali,
non portano l'uniforme grigia delle SS combattenti, ma quella verde
ramarro degli addetti ai rastrellamenti, non sono dei "vecchietti",
i morti di via Rasella vanno dai 27 ai 43 anni. Dei 4 reggimenti
creati dai tedeschi con coscritti di origine altoatesina, il Bozen
è quello con la più alta percentuale di optanti per la Germania,
caratterizzati generalmente da una spiccata adesione nei confronti
del Reich. Il reparto è impiegato nella lotta antipartigiana
soprattutto nel confinante Veneto e nella zona costiera del litorale
adriatico (Adriatisches Küstenland). Nel febbraio ’44
l’unità è trasferita a Belluno partecipando ad alcune delle
operazioni di rastrellamento attuate dai Comandi tedeschi. Tra il 20
e il 21 agosto ’44, il reparto opera nella Valle del Biois
(Belluno), territorio che è sottoposto a saccheggi, incendi e
uccisioni di civili. Il ciclo operativo del 2° Btg prosegue nelle
settimane successive: l’unità partecipa al rastrellamento del
Cansiglio (8-9 settembre) e a quello del Grappa (21-27 settembre). Al
rastrellamento del Grappa con il 2° Btg del Reggimento "Bozen",
proveniente da Belluno, concorsero anche alcune compagnie del
Reggimento "Alpenvorland", provenienti da Belluno e Feltre.
Il Reggimento di Polizia SS “Prealpi” (SS-Polizeiregiment
“Alpenvorland”) è costituito nel maggio ’44, il reparto entra
in azione soprattutto nell’area veneta dell’“Alpenvorland”
(Belluno). Rispetto al Regg. “Bozen”, questo si componeva di
optanti per l’Italia. Il reggimento di polizia sudtirolese
"Schlanders", SS Polizei Regiment Schlanders, è impiegato
nel Vicentino, assieme a reparti del Corpo di sicurezza trentino
(CST, Trientiner Sicherungsverband), nella sorveglianza dei cantieri
delle fortificazioni realizzate dalla Todt e nelle operazioni di
repressione antipartigiana. Il Regg. "Schlanders" nasce
direttamente come SS – Polizeiregiment nel corso dell’estate
1944, ed è suddiviso in tre battaglioni, il primo e il terzo erano
di stanza nella zona del Monte Pasubio e a Feltre, il secondo e il
comando di reggimento a Roncegno (TN). Il secondo battaglione era
agli ordini del Major Schupo Schwiebus, responsabile anche del
Sicherungsabschnitte IV (Roncegno). Ogni battaglione era composto da
4 compagnie, numerato in modo continuativo. A Posina e a Valli del
Pasubio erano di stanza le compagnie del primo battaglione, dalla
prima alla quarta. Il secondo comprendeva le compagnie dalla quinta
all’ottava: la sesta compagnia era dislocata a Lusiana (Fdp.17938 C
), la quinta a Cismon del Grappa (17938 B). La settima compagnia
(17938 D) era presente a Canove nella casa dell’ex Fascio e nella
colonia dell’O.B. di Vicenza insieme al personale O.T. e a non
meglio specificati Pionieri. Tra i morti a Pedescala, linciati dalla
popolazione dopo la strage, troviamo anche i sergenti maggiori Leo
Becker e Karl König, della 7a Kp. SS PolizeiRegiment Schlanders.
Ost-Bataillon 263. Si
tratta di un reparto costituito da quattro compagnie specializzate
nella repressione antipartigiana e composto da volontari provenienti
dall'Europa orientale, in prevalenza georgiani, ucraini e dal
Wolgadeutschen (abitanti della regione del Volga di origine tedesca),
facenti parte dell’Armata Cosacca e arruolati dalla Wehrmacht e
guidati da ufficiali e sottufficiali tedeschi. L'Ost-Bataillon 263 è
stato trasferito nel Vicentino dal Cuneese nel maggio ‘44, proprio
per fronteggiare la minaccia partigiana, su ordine del generale
Toussaint, Plenipotenziario della Wehrmacht in Italia. Inizialmente,
dunque, il reparto è sotto la direzione della Leitkommandantur di
Verona e quindi della dipendente Platzkommandantur di Vicenza. Il
Comando e il grosso del Btg ha sede a Marano Vicentino ed è diretto
del "Boia di Marano", il capitano della Wehrmacht, Fritz
Buschmeyer. Altri reparti minori sono distaccati a Santorso, Schio,
Torrebelvicino. Successivamente troviamo reparti a S. Antonio del
Pasubio, dall'autunno anche a Cogollo, Arsiero, Treschè Conca e
altre località dell’Altopiano di Asiago. A Marano Vicentino è
operativo da subito un Commando caccia (Jagdkommando) con 30 uomini e
3 ufficiali, comandato dal s. tenente Schrick; è dotato di 2
autocarri, armati di due mitragliatrici e un mortaio. La prima
importante operazione che vede impegnato l' Ost-Bataillon 263 è un
rastrellamento in Altopiano il 4-5 giugno ‘44, in collaborazione
con una compagnia del 3° Btg., 12° Regg. SS di Polizia e forze
fasciste. Il 16-18 giugno è impegnato in Val Leogra per
l'Operazione “263” culmina con l'attacco a Contrà Vallortigara.
Quando la riorganizzazione della repressione, in base al compromesso
Kesselring-Wolff, il territorio viene diviso in “Settori di
sicurezza”, affidati a “Comandanti di sicurezza”,
unici responsabili locali della contro-guerriglia, il 2 luglio '44,
mediante ordine diretto di Wolff, Buschmeyer viene nominato
Comandante di sicurezza del Settore Vicenza-Nord. L'area in
questione comprende i centri di Recoaro, Valdagno, Arzignano, Schio,
Piovene Rocchette, Arsiero, Marano Vicentino, Thiene, Marostica,
Bassano del Grappa, Asiago, ed è divisa in due sottosettori: quello
“Ovest”, con propria sede a Valdagno, Quello “Est” a Bassano.
Unico compito di Buschmeyer è la lotta alle bande, e per assolverlo
sono a sua disposizione assoluta tutte le unità che si trovano nel
Settore, cioè reparti della Wehrmacht, della Luftwaffe, delle SS di
Polizia, dell'Organizzazione Todt e le formazioni repubblichine.
Negli ultimi giorni della guerra, l’Ost-Bataillon 263 si riunisce a
Pedescala.
Nomi (emersi dalla
documentazione):
- Herbert Andorfer; comandante del "Kommando Andorfer".
- Victor Piazza; agente del BdS-SD di Roncegno e Rovereto (TN).
ITALIANI:
Collaboratori: 22^ BN “Faggion” di
Vicenza e fascisti della Val d’Astico.
Note sui responsabili:
tenente SS Andorfer Herbert,
cl. 11, n. Linz (Austria), res. a Bad Goisern, dove risultava
deceduto nel 2004, ma il Centro Simon Wiesenthal ritiene che sia
ancora vivo al giugno 2008 (97 anni); di professione segretario
d'albergo, iscritto al partito nazista fin dal 2.10.31 e membro
delle SS da 2.9.39. Nel '41 è in Serbia con il grado di s.
tenente untersturmführer-SS e addetto al reparto III del Comando
Superiore della BdS di Belgrado e a fine gennaio del '42 è
nominato comandante del campo di concentramento di Sajmiste,
vicino a Belgrado. Nell'autunno del ‘43 viene promosso tenente e
a partire da quella data egli opera in Italia al comando di una
unità mobile impiegata in azioni antipartigiane denominata
"Kommando Andorfer", direttamente dipendente dal Comando
Superiore BdS-SD di Verona. Partecipa con il suo reparto al
rastrellamento del Monte Tobbio (Genova), sotto il comando del
maggiore Siegfried Engel dell'Aussenkommando (AK) di Genova, nel
corso del quale fu compiuta la strage della "Benedica"
dove furono trucidate 147 persone al di fuori del combattimento.
Nel luglio '44 il "Kommando Andorfer" viene assegnato al
Comando "Luftflotte 2", l'aviazione tedesca in Italia e
dislocato a Parma dove partecipa a tre rastrellamenti
sull'Appennino emiliano - ligure, denominati operazione
"Wallenstein". Dall'agosto '44 alle prime settimane del
febbraio '45 è dislocato in Trentino, a Rovereto e Roncegno in
Valsugana, dove comanda una unità mobile della SD, direttamente
dipendente dal comando superiore della Sicherheitspolizei di
Verona. E' lui che da l'ordine di impiccare i 31 giovani di
Bassano (non è chiaro se in ottemperanza alle disposizioni di
Karl Wolf, comandante delle SS in Italia, o di Karl Brunner,
responsabile delle SS e della polizia di Bolzano, che aveva il
comando delle operazioni e che avrebbe voluto 30 esecuzioni per
ogni paese situato attorno al Grappa). Dopo la Liberazione fugge
in Sud America, ma rientra in Germania negli anni '60. A Colonia è
sottoposto a processo per la sua attività di comandante del Lager
di Sajmiste ("Fiera" in serbo), dove erano stati
sterminati migliaia di ebrei. L'eliminazione della popolazione
ebraica di Belgrado era già cominciata negli ultimi mesi del
1941, ma divenne sistematica nel periodo marzo-maggio ‘42,
mediante la gassazione con camion appositamente attrezzati, il cui
nuovo modello perfezionato poteva contenere 200 persone a volta.
Dapprima vennero eliminati gli ebrei ricoverati all'ospedale con
tutto il personale medico e infermieristico, poi venne il turno
del Lager di Sajmiste dove al 31.3.42 si trovavano 5.293 persone:
“ad esse il comandante del campo Andorfer annunciò che
sarebbero state trasferite in Polonia o in Romania e parlò loro
delle regole che avrebbero dovuto rispettare nei nuovi campi, fece
migliorare l'alimentazione e distribuì perfino sigarette e
occhiali. All'arrivo del camion nessuno sospettava la propria
sorte. I due sottufficiali delle SS che guidavano il camion, Götz
e Meyer, ogni volta che entravano nel campo distribuivano
caramelle ai bambini”.
Piazza Victor di Ottavio,
cl. 25, nato a Schio, residente a S. Antonio di Valli del Pasubio;
figlio del console della Milizia Ottavio Piazza. Dopo l’8
settembre ‘43 chiede di entrare nelle prime formazioni
partigiane, pur essendo di famiglia fascista. Riesce a farsi
accettare nella pattuglia garibaldina che gravitava sul territorio
di Valli del Pasubio, guidata da Domenico Chiumenti “Lince”,
dopo aver superato alcune prove che dovevano dimostrare la sua
buona fede, come la partecipazione ad agguati con assalto a
macchine tedesche. Ma il 22 settembre ‘44, dopo circa tre mesi
di vita apparentemente da partigiano, in uno scontro con i
tedeschi in Val Terragnolo, viene catturato in circostanze poco
chiare. Il dubbio nasceva dal fatto che avrebbe potuto sfuggire
alla cattura e non lo fece, anzi sembra proprio che si sia
consegnato alla pattuglia tedesca. Ma questa è la lettura che ne
dettero a posteriori, nel dopoguerra, i suoi compagni vittime
della sua delazione. La messinscena, che doveva essere stata
abilmente orchestrata da tempo, continua qualche giorno dopo con
la pubblicazione su un giornale della notizia che il «bandito di
Terragnolo», come lo hanno soprannominato, è stato impiccato. La
notizia della sua impiccagione viene ritenuta da tutti veritiera
tanto che don Guarato, parroco di Valli del Pasubio, scrive nei
suoi appunti: “20 sett. 1944. Victor Piazza partigiano
catturato a Terragnolo portato nelle carceri di Rovereto. 12
ottobre giunge notizia (falsa) che fu impiccato”.
Victor Piazza per continuare nella finzione della sua parte fu
portato nel carcere di Rovereto, ma in realtà non come detenuto:
dalle numerose deposizioni, rese al processo celebrato presso la
Cas di Vicenza, emerge che dal 22 settembre al 18 novembre 1944,
data della sua riapparizione in pubblico alla guida del reparto di
SD alla caccia dei suoi compagni partigiani, egli segue “una
specie di corso di addestramento allo spionaggio e alla cattura
degli elementi appartenenti alle formazioni partigiane”.
Piazza milita nella SD di stanza a Roncegno, con Nazario Sordo,
Toller Severino che fungeva da autista, e con, fra gli altri, il
gruppo di toscani che fanno parte della banda Carità.
Sempre vestendo la “divisa di
S.S. Criminal Polizei” condusse i suoi camerati “nei
vari rastrellamenti nella zona del Pasubio e dell’Astico, e
portò preziosi contributi alle S.S., indicando i partigiani che
aveva conosciuto nel precedente vagabondaggio alla macchia”,
ma soprattutto all’arresto dei suoi amici di infanzia che
militavano nella Resistenza. Le conseguenze furono drammatiche. La
famiglia Piazza abitava a S. Antonio di fianco alla famiglia
Pianegonda e Victor era stato amico d’infanzia e compagno di
scuola di Walter Pianegonda, il garibaldino “Rado”. Piazza era
cresciuto insieme anche alle sorelle di Walter, Adriana, Wally e
la piccola Noemi. Nonostante ciò non si fece scrupolo di
denunciare tutta la famiglia e il 18 novembre ‘44
accompagna egli stesso i “toscani” del "Kommando
Andorfer" -“Banda Carità” a prelevare a casa le tre
sorelle Pianegonda, la madre e due zii. Nelle settimane successive
sono arrestati altri compaesani e alla fine pure Walter Pianegonda
(mentre il padre Valentino riesce a fuggire) e rinchiusi nelle
carceri a Rovereto. Victor Piazza non solo non si fa scrupolo di
far arrestare un’intera famiglia che conosceva fin da bambino,
ma una volta in carcere a Rovereto, egli stesso insieme ai
“toscani” li sottopone a sevizie e torture, fisiche e
psicologiche. Lo stesso giorno della cattura della famiglia
Pianegonda, Piazza partecipa alla perquisizione e saccheggio in
casa Scalabrin a Fara. Victor Piazza continua nel suo lavoro di
spionaggio e riesce ad introdursi di nuovo nelle fila partigiane
tra “i patrioti del btg. Bressan della sua stessa ex brigata
Pasubiana dove approfittando della distanza del suo battaglione si
spaccia per fuggito dal campo di concentramento”. Inseritosi
tra i partigiani della Valdastico, dopo pochi giorni, fugge.
Piazza ricompare il 7 gennaio ‘45 “in testa ad un forte
rastrellamento” e condusse le truppe tedesche nei luoghi
frequentati, a Montepiano, Lastebasse, Ponte Posta, San Pietro in
Valdastico, Pedescala e Tonezza, cooperando alla cattura dei
resistenti e di coloro che li aiutano. E’ Piazza la guida e
l’informatore (con Adelmo Caneva) che l’8-10/3/45 accompagna
il reparto della polizia altoatesina di Roncegno nell’azione che
porta all’uccisione di “Freccia”. E’presente all’eccidio
di Pedescala in divisa da maresciallo tedesco: “La sera di
domenica 29 aprile, Giovanna Dal Pozzo vide in paese anche Victor
Piazza, in «divisa di S.S. Criminal Polizei», davanti alla sua
porta, mentre parlava con un comandante tedesco. Glielo aveva
indicato suo marito. Invece al mattino di quella domenica,
tre persone, vestite con abiti civili, erano entrate
nell’albergo-trattoria Al Grillo d’oro, in Piazza Prima
Armata, gestito da Manilla Leoni, la matrigna dei partigiani
Giorgio (Walter) e Nicola (Pippo) Pretto. «Mi chiesero dove fosse
il comandante Piazza» depose Manilla agli inquirenti americani «e
io risposi loro di chiedere ai loro camerati. Uno di loro lasciò
l’edificio. Nello stesso tempo apparvero alcuni aerei. Salirono
sui loro veicoli e scapparono». Manilla conosceva bene Victor
Piazza perché aveva arrestato e portato via il figliastro
Giorgio, nel marzo precedente. Victor Piazza fu visto andare
avanti e indietro per il paese durante tutta la giornata di
domenica. Pure Carlo Moro vide in paese Victor Piazza quella
domenica: «Egli fu per tutto il giorno in paese. La sera insieme
con un suo amico che non conosco andò per la strada che va a
Rotzo». Victor Piazza e Antonio Caneva erano certamente presenti
in Valdastico per tutta la giornata del 29 aprile.”
Arrestato dopo la Liberazione è giudicato dalla CAS di Vicenza
il 29.1.47 e condannato a 29 anni; il 19.12.47 la Corte Suprema di
Cassazione di Roma annulla la sentenza e rimanda alla CAS di
Brescia, poi è amnistiato.
|
Estremi e Note sui procedimenti:
Non ci sono specifici procedimenti penali collegati direttamente alla vicenda. |
III.
Memoria
Monumenti/Cippi/Lapidi:
Musei e/o luoghi
della memoria:
Onorificenze
Commemorazioni
IV.
Strumenti
Fonti
utilizzate per la Descrizione sintetica:
ASVI,
Danni di guerra, b. 55, 99, 119, 156, 211, 289, 324, 325, 329, 333,
fasc. 3248, 6233, 7593, 7594, 10305, 14647, 14648, 19509, 22637,
22694, 23117, 23498, 23499, 23500; ATVI, Cas, sentenza n. 145/46,
154/46 del 31 agosto 1946 contro Nazario Sordo; PA. Gios,
Resistenza,
Parrocchia e Società,
cit., pag. 254-255; di B. Gramola, Magg.
John P. Wilkinson “Freccia”,
cit., pag. 90-91; E.M. Simini, Eccidi
e stragi di militari, civili e partigiani,
cit., pag. 39-40; J. Polato R., Una
pagina di Storia sconosciuta,
cit.;
S.
Residori, Niente
altro che polvere,
cit.; Giorno
della Memoria 2007,
I
Deportati dell’Alto Vicentino,
cit., pag. 19-21, 31-32; Le
Porte della Memoria 2015,
Renato
Dalla Palma.
Fonti utilizzate
per Note sui responsabili:
ASVI, CAS, b. 8
fasc. Contabilità CAS; ASVI, CLNP, b. 15 fasc. 18;
S. Residori, Il massacro del Grappa, cit., pag. 74-76; L.
Gardumi, Feuer!, cit., pag. 40; L. Gardumi, Violenza e
giustizia in Trentino, cit., pag. 331-334; C. Gentile, La
repressione antipartigiana tedesca, pag. 180; P.P. Rivello, Il
processo Engel, cit., pag. 183-191; P. Rossi, Achtung
banditen, cit., pag. 74-80, 101-103, 105; P. Savegnago e L.
Valente, Il mistero della Missione Giapponese, cit., pag.
380-382; B. Gramola, Magg. John P. Wilkinson “Freccia”:
una morte senza misteri, cit., pag. 79, 88-89; G. Ferrandi e W.
Giuliano, I ribelli di confine, cit., pag. 227-257; M.
Franzinelli, Le stragi nascoste, cit., pag. 145; L. Gardumi,
Violenza e giustizia in Trentino, cit., pag. 331-334; R.
Caporale R., La “Banda Carità”, cit., pag. 131; L.
Valente, Eccidio del Grappa, forse due boia sono ancora vivi, Il
Giornale di Vicenza del 5.6.2008, pag. 55; P. Tessadri, Ecco
il Boia di Bassano, L’Espresso, n. 30, 2008, pag. 43.
Bibliografia:
|
Fonti archivistiche:
|
Sitografia e multimedia:
V.
Annotazioni
VI.
Credits
Istituto Storico della Resistenza e
dell’Età Contemporanea della Provincia di Vicenza “Ettore
Gallo”;
Archivio di Stato di Vicenza;
Dott.sa Sonia Residori.
Dott. Giannico Tessari.
Interessante. Preciso, documentato, circostanziato, asettico. Ci sarà anche quello di Pedescala?
RispondiEliminaPedescala conosce tutto cio' ed anche il resto, da sempre.
RispondiEliminaInteressante, bello. Il ten. col. del Sicherungs-Regiment der Luftwaffe Italien non si chiamava Karl, ma Fritz Herbert Dierich. Ciao
RispondiEliminaQui www.farigliano5luglio44.blogspot.it
RispondiEliminaho scritto un po'di cose su questo tenente colonnello.
Che carogna questo Victor Piazza.... lui e tutte le spie
RispondiEliminaSarebbe utile che i giovani conoscessero la nostra storia, per fare in modo che non si ripetano queste tragedie.
RispondiEliminaSi, Karl Dierich è decisamente errato. Io correggere i.
RispondiEliminaQualcuno potrebbe aiutarmi a trovare un discendente di Antonio Lorenzi classe 1911? Grazie Petra.
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