sabato 9 aprile 2016

Ponte Maso - fucilazione -



7/1/1945 – Operazione BdS-SD contro la Resistenza nella Valdastico





Nome del compilatore la scheda: Pierluigi Dossi





I.STORIA





Località Comune Provincia Regione
Ponte Maso Valdastico Vicenza Veneto



Data iniziale: 7 gennaio 1945

Data finale:



Vittime decedute:



Totale U Bambini (0-11) Ragazzi (12-16) Adulti (17-55) Anziani (più 55) s.i. D. Bambine (0-11) Ragazze (12-16) Adulte (17-55) Anziane (più 55) S.i Ign
3
1
0
0
3
0

0









Di cui



Civili Partigiani Renitenti Disertori Carabinieri Militari Sbandati

3








Prigionieri di guerra Antifascisti Sacerdoti e religiosi Ebrei Legati a partigiani Indefinito











Elenco delle vittime decedute:

  • Giovanni Cioni “Cirillo”, cl. 17, da Genova; partigiano;
  • Enrico Cuneo “Mistero”, cl. 21, da Genova; partigiano;
  • Igino Radere “Castagna”, cl. 23, da Poleo di Schio; partigiano.



Altre note sulle vittime:

vengono deportate nel Lager di Bolzano 6 donne, le sorelle Dolores “Viola” e Maria Sella da Tonezza, le sorelle Santina, Pierina, Clelia Munari e la madre Stefania da Lastebasse, tutte staffette della Brigata “Pasubiana”, e 8 tra patrioti e partigiani sono deportati prima al Lager di Bolzano, poi al Lager di Mauthausen e nel suo sottocampo di Gusen. Nessuno di loro farà più ritorno:

  • Giuseppe Rossati, cl. 1888, da Pedemonte, agricoltore; deportato nel sottocampo di Gusen, Blocco E, matricola n. 126403, non si conosce la data di morte e il luogo di sepoltura.
  • Agostino Scalzeri, cl. 23, da Pedemonte, agricoltore; deportato nel sottocampo di Gusen, Blocco E, matricola n. 126424, deceduto per esaurimento e sevizie il 10.3.45 e la sua salma cremata.
  • Olinto Leoni, cl. 1900, da Lastebasse, oste; deportato nel sottocampo di Gusen, Blocco E, matricola n. 126247, deceduto per esaurimento e sevizie il 16.3.45 e la sua salma cremata.
  • don Antonio Rigoni Sternle, cl. 1883, nato ad Asiago, cappellano di S. Pietro e Ponte Posta; deportato a Mauthausen, Blocco 1, matricola n. 126542, deceduto per esaurimento e sevizie il 6.4.45 e la sua salma cremata
  • Secondo Dal Pozzo “Tempesta”, cl. 22, da Pedescala, tecnico; partigiano; deportato nel sottocampo di Gusen, Blocco E, matricola n. 126364, deceduto per esaurimento e sevizie il 12.4.45 e la sua salma cremata.
  • Luigi Carotta, cl. 1897, da Pedemonte, muratore; deportato nel sottocampo di Gusen, Blocco E, matricola n. 126103, deceduto per esaurimento e sevizie il 22.4.45 e la sua salma cremata.
  • Stefano Munari, cl. 1890, da Lastebasse, scalpellino; deportato nel sottocampo di Gusen, Blocco E, matricola n. 126305, deceduto per esaurimento e sevizie il 23.4.45 e la sua salma cremata.
  • Antonio Lorenzi (detto Toni Carnevale) “Nadir”, cl. 11, da San Pietro, falegname; partigiano; deportato nel sottocampo di Gusen, Blocco E, matricola n. 126252, deceduto per malattia il 29.4.45 e la sua salma sepolta in fossa comune.



Descrizione sintetica

Il 6/1/45 tre partigiani della Brigata “Pasubiana”, Gruppo Brigate “Garemi”, sono catturati dai nazi-fascisti a Montepiano, nel Comune di Lastebasse e tradotti a Ponte Maso di Valdastico, dove presso l’Osteria vengono incarcerati e seviziati. Il 7/1/45, alle prime luci dell’alba, camion di truppe tedesche, del 263. Ost.-Battalion e della BN di Vicenza, irrompono improvvisamente nei paesi della vallata e a Tonezza. Vengono catturati e poi imprigionati presso l’Osteria di Ponte Maso altri 18 patrioti: 7 donne, tutte staffette della “Pasubiana”, il capellano di S. Pietro e prevosto di Ponte Posta, don Antonio Rigoni Sternle e 10 tra patrioti e partigiani. In totale i prigionieri a Ponte Maso sono 21.
I 3 partigiani catturati a Montepiano il giorno precedente vengono portati fuori dalla stanza degli interrogatori e, scortati da “cinque militari tra cui il Piazza”, si avviano verso il luogo della loro esecuzione; i loro corpi vengono lasciati lungo la strada con l’ordine di non rimuoverli, ma di lasciarli esposti.
Verso le ore 15:00, gli altri 18 arrestati sono condotti alla sede del BdS-SD di Roncegno (TN) per essere interrogati (partecipa alle torture anche Victor Piazza), e di lì alle carceri di Strigno e Borgo Valsugana. In seguito 3 di loro sono rilasciati (la sorella di Antonio Lorenzi “Nadir” e altri due) , viceversa, gli altri sono trasferiti nel Lager di Bolzano. Con il trasporto n. 119, partito il 1 febbraio e arrivato il 4 febbraio, tutti gli uomini vengono trasferiti da Bolzano al Lager di Mauthausen e nel sottocampo di Gusen. Nessuno di loro farà più ritorno.



Modalità dell’episodio:

rastrellamento, catture, sevizie, fucilazioni con esposizione dei corpi, deportazioni.



Violenze connesse all’episodio:

saccheggi, catture e deportazioni.



Tipologia:

rastrellamento.



Esposizione dei cadaveri X



II. Responsabili



TEDESCHI:

Autori:

  • BdS-SD – Befehlshaber der Sicherheitspolizei und des SD di Roncegno-Rovereto (TN)
  • "Kommando Andorfer" – “Banda Carità”;
  • SS-Ordnungspolizeiregimen "Bozen";
  • Ost.-Battalion 263.



Il BdS-SD – Befehlshaber der Sicherheitspolizei und des SD, è l’Ufficio-Comando della Polizia di Sicurezza del Reich (SIPO-Gestapo) e della Polizia di Sicurezza del Partito nazista (SD). Dopo un breve periodo in cui i due principali organi di sicurezza dello Stato sono stati in conflitto fra loro, la Geheime Staatpolizei – Gestapo (Polizia Segreta di Stato) giunge a operare in unione e sintonia con il Sicherheitsdienst des Reichsführers-SS – SD (Servizio di Sicurezza del Partito Nazionalsocialista): il SD viene impegnato principalmente a raccogliere informazioni sui “sovversivi”, mentre la Gestapo provvede agli arresti. Questo nuovo organismo d’intelligence viene chiamato BdS-SD, e il Comando in Italia è stabilito a Verona (LAITER I/II).

Il titolo di una recente raccolta di saggi sul Sicherheitsdienst des Reichsführers-SS (SD) elenca le tre caratteristiche fondamentali di questo organo d’intelligence che vide la luce negli anni Trenta nella Germania nazionalsocialista: “servizio di informazioni, elite politica e unità di assassini”. Il SD, il “servizio di sicurezza del capo supremo delle SS”, Heinrich Himmler, non fu infatti soltanto un servizio di informazione e spionaggio politico di nuovo tipo ma, al contempo, la più importante organizzazione di quadri della giovane elite della Germania nazionalsocialista. Accanto a questo, alcune delle più recenti indagini storiografiche sulle organizzazioni del nazionalsocialismo hanno dimostrato come i suoi oltre 6500 membri siano stati responsabili come nessun altro gruppo della società tedesca dei crimini compiuti in quegli anni e soprattutto dell’organizzazione e messa in atto della “soluzione finale del problema ebraico” nell’Europa occupata. […] Deve essere infatti ben chiaro che non ci troviamo di fronte al personale di un qualsiasi servizio di informazioni, ma invece al “nocciolo duro” dei perpetratori dei crimini di massa del nazionalsocialismo. Le attività svolte da Sicherheitspolizei e SD in Italia furono molteplici. Vi troviamo, infatti, le stragi di prigionieri e le deportazioni nei campi nazisti dei nemici “razziali” e degli oppositori politici, accanto ai contatti con le forze moderate della Resistenza e gli Alleati e le trattative e le sottigliezze del lavoro di intelligence. Questi sono aspetti solo apparentemente contrastanti del modo di concepire la lotta contro l’avversario ideologico delle organizzazioni nazionalsocialiste. L’idea dietro ai sondaggi e alle “aperture” verso le forze della coalizione antinazista che ebbero un intenso quanto inefficace sviluppo dinamico nel periodo finale del conflitto, era quella che per sopravvivere fosse necessario ed anche possibile giungere ad un accordo con gli avversari occidentali e con gli oppositori moderati e nazionalisti, a differenza, ovviamente, del mondo comunista. Queste attività erano parte di un irrealizzabile progetto ideato dalla SS, nutrito dall’illusione di poter sfaldare la coalizione antitedesca con una offerta di pace separata agli alleati occidentali. In questa ottica SS e SD si sarebbero presentati come l’unica forza politica e militare in grado di condurre la Germania in una nuova alleanza antisovietica occidentale e superare la pesante eredità di Hitler. In questa prospettiva, vanno visti gli sforzi intrapresi in Italia da un consistente gruppo di esponenti di SS, SD e Sicherheitspolizei, tra i quali Zimmer, Rauff, Dollmann, Harster e Wolff. Nel loro progetto l’Italia sarebbe stata il campo di prova di un nuovo ruolo delle organizzazioni di elite del nazionalsocialismo, un terreno nel quale dimostrare agli Alleati, “in piccolo”, come ha scritto Zimmer, la propria professionalità e l’efficacia dell’azione anti-comunista. […]” (C. Gentile, Intelligence e repressione politica, cit..).



"Kommando Andorfer" . E’ un "Meldekopf" (letteralmente "punto o centro di raccolta"), una piccola unità mobile, un "kampfgruppe" della BdS-SD, un Gruppo della Polizia di sicurezza (Sipo) incaricato della raccolta di informazioni e della repressione anti-partigiana, che dipende direttamente dal comando superiore della Sichereitspolizei di Verona. E' uno dei più famosi e ha sede dal settembre ’44 a Rovereto (villa Maffei) e Roncegno in Valsugana (Trento), dove si avvale di una sezione della “Banda Carità”. Diretto dai tenenti-SS Herbert Andorfer e Fauchtinger, partecipa anche al rastrellamento del Grappa, in stretta collaborazione con le truppe del ten. colonnello Fritz Dierich del Luftwaffe (Sicherheits Regiment 36 Italien) che da Quero partirono all'attacco del Monte Madal; travestiti da “ribelli” gli uomini di Andofer assalirono di sorpresa comandi e reparti partigiani. Operativamente il Kommando Andorfer è operativo in Lombardia, in Liguria (marzo ’44 - strage della Benedicta) e nelle Marche (giugno-luglio ’44). Alla fine di luglio il reparto è assegnato al Comando dell’aviazione tedesca in Italia (Luftflotte 2). Dislocato a Parma, entra in azione tra Liguria ed Emilia nella serie di operazioni di rastrellamento denominate Wallenstein. Nel corso di tali operazioni il Kommando Andorfer agisce in avanscoperta. Dall’agosto alle prime settimane del febbraio ’45, Andorfer e i suoi uomini sono dislocati a Rovereto e Roncegno e impiegati sempre in attività antipartigiane.



BdS-SD – Kommando Andorfer – Banda Carità. “La banda Carità comprendeva anche un gruppo di toscani di stanza a Rovereto, una squadra chiamata in vari modi dai testimoni dell’epoca: «la compagnia dei fiorentini», «Brigata Firenze», «S.D. banda Carità di Padova di stanza a Rovereto (TN)». Tra i componenti vi erano: Natale Cardini meglio conosciuto come Natalino, Alfredo e Giuseppe Frattini, Danilo Tronieri, Sergio Brugnoni, Ugo Raviccioli e Valerio Menichetti meglio conosciuto come Adalberto o Aliberto. Personaggi che a Firenze facevano parte di due piccole squadre, la squadra Manente detta “degli assassini” e la squadra denominata “dei quattro santi”, squadre che «richiamavano direttamente la tradizione squadristica fiorentina», dipendenti dal comando SS, ma che collaboravano già allora con il reparto comandato da Carità. Con il ripiegamento delle truppe tedesche, nel settembre 1944, entrarono nella banda Carità, ma si insediarono a villa Maffei a Rovereto aggregati al Kommando Andorfer con alcuni componenti altoatesini del comando SS di Firenze come i marescialli SS Joseph Fiene e Ermanno Reiner Müller, il cap. Otto Alberti, il serg. Baltanzar Gold e Anton Rabanzer.

Nelle memorie dei testimoni, spesso le stesse vittime, questo gruppo di altoatesini che facevano parte dell’apparato poliziesco del BdS SD, furono spesso associati alla banda Carità, forse perché come molti altoatesini parlavano italiano, oppure perché si accompagnavano volentieri sia alle bande fiorentine che agli uomini del maggiore Carità utilizzando la stessa violenza e gli stessi metodi. In realtà questi gruppi lavoravano insieme, collaboravano di buon accordo, ma erano di fatto «entità separate e rispondevano a catene gerarchiche diverse». In questo ambiente si trovò ad operare Victor Piazza”. (da S. Residori, Niente altro che polvere, cit., pag. 119-120)



SS-Ordnungspolizeiregimen. Sono i 4 storici reggimenti di polizia formati dai tedeschi con personale altoatesino: "Bozen", "Alpenvorland", "Schlanders" e "Brixen". Sono strutturati in 3 btg. ciascuno e ogni btg. in 4 compagnie numerate in ordine progressivo dall’1 al 12. Il Reggimento di Polizia "Bolzano" (SS-Polizeiregiment “Bozen”) è formato nell’ottobre del ‘43, dopo l'annessione delle province di Trento, Bolzano e Belluno nell'Alpenvorland e posto agli ordini del colonnello Alois Menschick. Il Regg. “Bozen” è inizialmente composto da 4 Btg., successivamente scesi a 3: il 1°Btg è impegnato in servizi di sicurezza e lotta contro i partigiani in Istria; il 2° Btg. partecipa a molte azioni contro la Resistenza Italiana (Grappa, Piana di Valdagno) e ad almeno due rappresaglie di massa (46 uccisi in Val del Bois in Cadore; 14 prigionieri impiccati a Belluno); il 3° Btg. è a Roma e una sua compagnia, la 2^, è coinvolta nell’attentato di via Rasella del 23/3/44. Non si tratta di innocui territoriali, non portano l'uniforme grigia delle SS combattenti, ma quella verde ramarro degli addetti ai rastrellamenti, non sono dei "vecchietti", i morti di via Rasella vanno dai 27 ai 43 anni. Dei 4 reggimenti creati dai tedeschi con coscritti di origine altoatesina, il Bozen è quello con la più alta percentuale di optanti per la Germania, caratterizzati generalmente da una spiccata adesione nei confronti del Reich. Il reparto è impiegato nella lotta antipartigiana soprattutto nel confinante Veneto e nella zona costiera del litorale adriatico (Adriatisches Küstenland). Nel febbraio ’44 l’unità è trasferita a Belluno partecipando ad alcune delle operazioni di rastrellamento attuate dai Comandi tedeschi. Tra il 20 e il 21 agosto ’44, il reparto opera nella Valle del Biois (Belluno), territorio che è sottoposto a saccheggi, incendi e uccisioni di civili. Il ciclo operativo del 2° Btg prosegue nelle settimane successive: l’unità partecipa al rastrellamento del Cansiglio (8-9 settembre) e a quello del Grappa (21-27 settembre). Al rastrellamento del Grappa con il 2° Btg del Reggimento "Bozen", proveniente da Belluno, concorsero anche alcune compagnie del Reggimento "Alpenvorland", provenienti da Belluno e Feltre. Il Reggimento di Polizia SS “Prealpi” (SS-Polizeiregiment “Alpenvorland”) è costituito nel maggio ’44, il reparto entra in azione soprattutto nell’area veneta dell’“Alpenvorland” (Belluno). Rispetto al Regg. “Bozen”, questo si componeva di optanti per l’Italia. Il reggimento di polizia sudtirolese "Schlanders", SS Polizei Regiment Schlanders, è impiegato nel Vicentino, assieme a reparti del Corpo di sicurezza trentino (CST, Trientiner Sicherungsverband), nella sorveglianza dei cantieri delle fortificazioni realizzate dalla Todt e nelle operazioni di repressione antipartigiana. Il Regg. "Schlanders" nasce direttamente come SS – Polizeiregiment nel corso dell’estate 1944, ed è suddiviso in tre battaglioni, il primo e il terzo erano di stanza nella zona del Monte Pasubio e a Feltre, il secondo e il comando di reggimento a Roncegno (TN). Il secondo battaglione era agli ordini del Major Schupo Schwiebus, responsabile anche del Sicherungsabschnitte IV (Roncegno). Ogni battaglione era composto da 4 compagnie, numerato in modo continuativo. A Posina e a Valli del Pasubio erano di stanza le compagnie del primo battaglione, dalla prima alla quarta. Il secondo comprendeva le compagnie dalla quinta all’ottava: la sesta compagnia era dislocata a Lusiana (Fdp.17938 C ), la quinta a Cismon del Grappa (17938 B). La settima compagnia (17938 D) era presente a Canove nella casa dell’ex Fascio e nella colonia dell’O.B. di Vicenza insieme al personale O.T. e a non meglio specificati Pionieri. Tra i morti a Pedescala, linciati dalla popolazione dopo la strage, troviamo anche i sergenti maggiori Leo Becker e Karl König, della 7a Kp. SS PolizeiRegiment Schlanders.



Ost-Bataillon 263. Si tratta di un reparto costituito da quattro compagnie specializzate nella repressione antipartigiana e composto da volontari provenienti dall'Europa orientale, in prevalenza georgiani, ucraini e dal Wolgadeutschen (abitanti della regione del Volga di origine tedesca), facenti parte dell’Armata Cosacca e arruolati dalla Wehrmacht e guidati da ufficiali e sottufficiali tedeschi. L'Ost-Bataillon 263 è stato trasferito nel Vicentino dal Cuneese nel maggio ‘44, proprio per fronteggiare la minaccia partigiana, su ordine del generale Toussaint, Plenipotenziario della Wehrmacht in Italia. Inizialmente, dunque, il reparto è sotto la direzione della Leitkommandantur di Verona e quindi della dipendente Platzkommandantur di Vicenza. Il Comando e il grosso del Btg ha sede a Marano Vicentino ed è diretto del "Boia di Marano", il capitano della Wehrmacht, Fritz Buschmeyer. Altri reparti minori sono distaccati a Santorso, Schio, Torrebelvicino. Successivamente troviamo reparti a S. Antonio del Pasubio, dall'autunno anche a Cogollo, Arsiero, Treschè Conca e altre località dell’Altopiano di Asiago. A Marano Vicentino è operativo da subito un Commando caccia (Jagdkommando) con 30 uomini e 3 ufficiali, comandato dal s. tenente Schrick; è dotato di 2 autocarri, armati di due mitragliatrici e un mortaio. La prima importante operazione che vede impegnato l' Ost-Bataillon 263 è un rastrellamento in Altopiano il 4-5 giugno ‘44, in collaborazione con una compagnia del 3° Btg., 12° Regg. SS di Polizia e forze fasciste. Il 16-18 giugno è impegnato in Val Leogra per l'Operazione “263” culmina con l'attacco a Contrà Vallortigara. Quando la riorganizzazione della repressione, in base al compromesso Kesselring-Wolff, il territorio viene diviso in “Settori di sicurezza”, affidati a “Comandanti di sicurezza”, unici responsabili locali della contro-guerriglia, il 2 luglio '44, mediante ordine diretto di Wolff, Buschmeyer viene nominato Comandante di sicurezza del Settore Vicenza-Nord. L'area in questione comprende i centri di Recoaro, Valdagno, Arzignano, Schio, Piovene Rocchette, Arsiero, Marano Vicentino, Thiene, Marostica, Bassano del Grappa, Asiago, ed è divisa in due sottosettori: quello “Ovest”, con propria sede a Valdagno, Quello “Est” a Bassano. Unico compito di Buschmeyer è la lotta alle bande, e per assolverlo sono a sua disposizione assoluta tutte le unità che si trovano nel Settore, cioè reparti della Wehrmacht, della Luftwaffe, delle SS di Polizia, dell'Organizzazione Todt e le formazioni repubblichine. Negli ultimi giorni della guerra, l’Ost-Bataillon 263 si riunisce a Pedescala.



Nomi (emersi dalla documentazione):

  • Herbert Andorfer; comandante del "Kommando Andorfer".
  • Victor Piazza; agente del BdS-SD di Roncegno e Rovereto (TN).



ITALIANI:

Collaboratori: 22^ BN “Faggion” di Vicenza e fascisti della Val d’Astico.



Note sui responsabili:

tenente SS Andorfer Herbert, cl. 11, n. Linz (Austria), res. a Bad Goisern, dove risultava deceduto nel 2004, ma il Centro Simon Wiesenthal ritiene che sia ancora vivo al giugno 2008 (97 anni); di professione segretario d'albergo, iscritto al partito nazista fin dal 2.10.31 e membro delle SS da 2.9.39. Nel '41 è in Serbia con il grado di s. tenente untersturmführer-SS e addetto al reparto III del Comando Superiore della BdS di Belgrado e a fine gennaio del '42 è nominato comandante del campo di concentramento di Sajmiste, vicino a Belgrado. Nell'autunno del ‘43 viene promosso tenente e a partire da quella data egli opera in Italia al comando di una unità mobile impiegata in azioni antipartigiane denominata "Kommando Andorfer", direttamente dipendente dal Comando Superiore BdS-SD di Verona. Partecipa con il suo reparto al rastrellamento del Monte Tobbio (Genova), sotto il comando del maggiore Siegfried Engel dell'Aussenkommando (AK) di Genova, nel corso del quale fu compiuta la strage della "Benedica" dove furono trucidate 147 persone al di fuori del combattimento. Nel luglio '44 il "Kommando Andorfer" viene assegnato al Comando "Luftflotte 2", l'aviazione tedesca in Italia e dislocato a Parma dove partecipa a tre rastrellamenti sull'Appennino emiliano - ligure, denominati operazione "Wallenstein". Dall'agosto '44 alle prime settimane del febbraio '45 è dislocato in Trentino, a Rovereto e Roncegno in Valsugana, dove comanda una unità mobile della SD, direttamente dipendente dal comando superiore della Sicherheitspolizei di Verona. E' lui che da l'ordine di impiccare i 31 giovani di Bassano (non è chiaro se in ottemperanza alle disposizioni di Karl Wolf, comandante delle SS in Italia, o di Karl Brunner, responsabile delle SS e della polizia di Bolzano, che aveva il comando delle operazioni e che avrebbe voluto 30 esecuzioni per ogni paese situato attorno al Grappa). Dopo la Liberazione fugge in Sud America, ma rientra in Germania negli anni '60. A Colonia è sottoposto a processo per la sua attività di comandante del Lager di Sajmiste ("Fiera" in serbo), dove erano stati sterminati migliaia di ebrei. L'eliminazione della popolazione ebraica di Belgrado era già cominciata negli ultimi mesi del 1941, ma divenne sistematica nel periodo marzo-maggio ‘42, mediante la gassazione con camion appositamente attrezzati, il cui nuovo modello perfezionato poteva contenere 200 persone a volta. Dapprima vennero eliminati gli ebrei ricoverati all'ospedale con tutto il personale medico e infermieristico, poi venne il turno del Lager di Sajmiste dove al 31.3.42 si trovavano 5.293 persone: “ad esse il comandante del campo Andorfer annunciò che sarebbero state trasferite in Polonia o in Romania e parlò loro delle regole che avrebbero dovuto rispettare nei nuovi campi, fece migliorare l'alimentazione e distribuì perfino sigarette e occhiali. All'arrivo del camion nessuno sospettava la propria sorte. I due sottufficiali delle SS che guidavano il camion, Götz e Meyer, ogni volta che entravano nel campo distribuivano caramelle ai bambini”.

Piazza Victor di Ottavio, cl. 25, nato a Schio, residente a S. Antonio di Valli del Pasubio; figlio del console della Milizia Ottavio Piazza. Dopo l’8 settembre ‘43 chiede di entrare nelle prime formazioni partigiane, pur essendo di famiglia fascista. Riesce a farsi accettare nella pattuglia garibaldina che gravitava sul territorio di Valli del Pasubio, guidata da Domenico Chiumenti “Lince”, dopo aver superato alcune prove che dovevano dimostrare la sua buona fede, come la partecipazione ad agguati con assalto a macchine tedesche. Ma il 22 settembre ‘44, dopo circa tre mesi di vita apparentemente da partigiano, in uno scontro con i tedeschi in Val Terragnolo, viene catturato in circostanze poco chiare. Il dubbio nasceva dal fatto che avrebbe potuto sfuggire alla cattura e non lo fece, anzi sembra proprio che si sia consegnato alla pattuglia tedesca. Ma questa è la lettura che ne dettero a posteriori, nel dopoguerra, i suoi compagni vittime della sua delazione. La messinscena, che doveva essere stata abilmente orchestrata da tempo, continua qualche giorno dopo con la pubblicazione su un giornale della notizia che il «bandito di Terragnolo», come lo hanno soprannominato, è stato impiccato. La notizia della sua impiccagione viene ritenuta da tutti veritiera tanto che don Guarato, parroco di Valli del Pasubio, scrive nei suoi appunti: “20 sett. 1944. Victor Piazza partigiano catturato a Terragnolo portato nelle carceri di Rovereto. 12 ottobre giunge notizia (falsa) che fu impiccato”. Victor Piazza per continuare nella finzione della sua parte fu portato nel carcere di Rovereto, ma in realtà non come detenuto: dalle numerose deposizioni, rese al processo celebrato presso la Cas di Vicenza, emerge che dal 22 settembre al 18 novembre 1944, data della sua riapparizione in pubblico alla guida del reparto di SD alla caccia dei suoi compagni partigiani, egli segue “una specie di corso di addestramento allo spionaggio e alla cattura degli elementi appartenenti alle formazioni partigiane”. Piazza milita nella SD di stanza a Roncegno, con Nazario Sordo, Toller Severino che fungeva da autista, e con, fra gli altri, il gruppo di toscani che fanno parte della banda Carità.
Sempre vestendo la “divisa di S.S. Criminal Polizei” condusse i suoi camerati “nei vari rastrellamenti nella zona del Pasubio e dell’Astico, e portò preziosi contributi alle S.S., indicando i partigiani che aveva conosciuto nel precedente vagabondaggio alla macchia”, ma soprattutto all’arresto dei suoi amici di infanzia che militavano nella Resistenza. Le conseguenze furono drammatiche. La famiglia Piazza abitava a S. Antonio di fianco alla famiglia Pianegonda e Victor era stato amico d’infanzia e compagno di scuola di Walter Pianegonda, il garibaldino “Rado”. Piazza era cresciuto insieme anche alle sorelle di Walter, Adriana, Wally e la piccola Noemi. Nonostante ciò non si fece scrupolo di denunciare tutta la famiglia e il 18 novembre ‘44 accompagna egli stesso i “toscani” del "Kommando Andorfer" -“Banda Carità” a prelevare a casa le tre sorelle Pianegonda, la madre e due zii. Nelle settimane successive sono arrestati altri compaesani e alla fine pure Walter Pianegonda (mentre il padre Valentino riesce a fuggire) e rinchiusi nelle carceri a Rovereto. Victor Piazza non solo non si fa scrupolo di far arrestare un’intera famiglia che conosceva fin da bambino, ma una volta in carcere a Rovereto, egli stesso insieme ai “toscani” li sottopone a sevizie e torture, fisiche e psicologiche. Lo stesso giorno della cattura della famiglia Pianegonda, Piazza partecipa alla perquisizione e saccheggio in casa Scalabrin a Fara. Victor Piazza continua nel suo lavoro di spionaggio e riesce ad introdursi di nuovo nelle fila partigiane tra “i patrioti del btg. Bressan della sua stessa ex brigata Pasubiana dove approfittando della distanza del suo battaglione si spaccia per fuggito dal campo di concentramento”. Inseritosi tra i partigiani della Valdastico, dopo pochi giorni, fugge. Piazza ricompare il 7 gennaio ‘45 “in testa ad un forte rastrellamento” e condusse le truppe tedesche nei luoghi frequentati, a Montepiano, Lastebasse, Ponte Posta, San Pietro in Valdastico, Pedescala e Tonezza, cooperando alla cattura dei resistenti e di coloro che li aiutano. E’ Piazza la guida e l’informatore (con Adelmo Caneva) che l’8-10/3/45 accompagna il reparto della polizia altoatesina di Roncegno nell’azione che porta all’uccisione di “Freccia”. E’presente all’eccidio di Pedescala in divisa da maresciallo tedesco: “La sera di domenica 29 aprile, Giovanna Dal Pozzo vide in paese anche Victor Piazza, in «divisa di S.S. Criminal Polizei», davanti alla sua porta, mentre parlava con un comandante tedesco. Glielo aveva indicato suo marito. Invece al mattino di quella domenica, tre persone, vestite con abiti civili, erano entrate nell’albergo-trattoria Al Grillo d’oro, in Piazza Prima Armata, gestito da Manilla Leoni, la matrigna dei partigiani Giorgio (Walter) e Nicola (Pippo) Pretto. «Mi chiesero dove fosse il comandante Piazza» depose Manilla agli inquirenti americani «e io risposi loro di chiedere ai loro camerati. Uno di loro lasciò l’edificio. Nello stesso tempo apparvero alcuni aerei. Salirono sui loro veicoli e scapparono». Manilla conosceva bene Victor Piazza perché aveva arrestato e portato via il figliastro Giorgio, nel marzo precedente. Victor Piazza fu visto andare avanti e indietro per il paese durante tutta la giornata di domenica. Pure Carlo Moro vide in paese Victor Piazza quella domenica: «Egli fu per tutto il giorno in paese. La sera insieme con un suo amico che non conosco andò per la strada che va a Rotzo». Victor Piazza e Antonio Caneva erano certamente presenti in Valdastico per tutta la giornata del 29 aprile.”
Arrestato dopo la Liberazione è giudicato dalla CAS di Vicenza il 29.1.47 e condannato a 29 anni; il 19.12.47 la Corte Suprema di Cassazione di Roma annulla la sentenza e rimanda alla CAS di Brescia, poi è amnistiato.



Estremi e Note sui procedimenti:

Non ci sono specifici procedimenti penali collegati direttamente alla vicenda.



III. Memoria



Monumenti/Cippi/Lapidi:





Musei e/o luoghi della memoria:





Onorificenze





Commemorazioni







IV. Strumenti



Fonti utilizzate per la Descrizione sintetica:

ASVI, Danni di guerra, b. 55, 99, 119, 156, 211, 289, 324, 325, 329, 333, fasc. 3248, 6233, 7593, 7594, 10305, 14647, 14648, 19509, 22637, 22694, 23117, 23498, 23499, 23500; ATVI, Cas, sentenza n. 145/46, 154/46 del 31 agosto 1946 contro Nazario Sordo; PA. Gios, Resistenza, Parrocchia e Società, cit., pag. 254-255; di B. Gramola, Magg. John P. Wilkinson “Freccia”, cit., pag. 90-91; E.M. Simini, Eccidi e stragi di militari, civili e partigiani, cit., pag. 39-40; J. Polato R., Una pagina di Storia sconosciuta, cit.; S. Residori, Niente altro che polvere, cit.; Giorno della Memoria 2007, I Deportati dell’Alto Vicentino, cit., pag. 19-21, 31-32; Le Porte della Memoria 2015, Renato Dalla Palma.



Fonti utilizzate per Note sui responsabili:

ASVI, CAS, b. 8 fasc. Contabilità CAS; ASVI, CLNP, b. 15 fasc. 18; S. Residori, Il massacro del Grappa, cit., pag. 74-76; L. Gardumi, Feuer!, cit., pag. 40; L. Gardumi, Violenza e giustizia in Trentino, cit., pag. 331-334; C. Gentile, La repressione antipartigiana tedesca, pag. 180; P.P. Rivello, Il processo Engel, cit., pag. 183-191; P. Rossi, Achtung banditen, cit., pag. 74-80, 101-103, 105; P. Savegnago e L. Valente, Il mistero della Missione Giapponese, cit., pag. 380-382; B. Gramola, Magg. John P. Wilkinson “Freccia”: una morte senza misteri, cit., pag. 79, 88-89; G. Ferrandi e W. Giuliano, I ribelli di confine, cit., pag. 227-257; M. Franzinelli, Le stragi nascoste, cit., pag. 145; L. Gardumi, Violenza e giustizia in Trentino, cit., pag. 331-334; R. Caporale R., La “Banda Carità”, cit., pag. 131; L. Valente, Eccidio del Grappa, forse due boia sono ancora vivi, Il Giornale di Vicenza del 5.6.2008, pag. 55; P. Tessadri, Ecco il Boia di Bassano, L’Espresso, n. 30, 2008, pag. 43.



Bibliografia:

  • Pierantonio Gios, Resistenza, Parrocchia e Società nella diocesi di Padova 1943-1945, Ed. Marsilio-Ivsrec, Venezia 1981.
  • Benito Gramola (a cura di), Intervista a Christopher Woods “Colombo” (6 settembre 2004) - Magg. John P. Wilkinson “Freccia”: una morte senza misteri (8 marzo 1945), Ed. AVL, Quaderno n. 5, Vicenza 2006.
  • E.M. Simini, Eccidi e stragi di militari, civili e partigiani nell’Alto Vicentini (1943-1945), Quaderni di storia e cultura sledense, n. 34, Schio (VI) 2014.
  • Carlo Gentile, La repressione antipartigiana tedesca nel Veneto e nel Friuli;  in Angelo Ventura (a cura di), La società veneta dalla Resistenza alla Repubblica, Atti del convegno di studi Padova, 9-11 maggio 1996, Padova 1997.
  • Sonia Residori, Il massacro del Grappa. Vittime e carnefici del rastrellamento (21-27 settembre 1944), Ed. Cierre-Istrevi, Sommacampagna (VR) 2007.
  • Sonia Residori, La “pelle del diavolo”: la giustizia di fronte alla violenza della guerra civile (1943-1945), Ed. Istrevi – Quaderni sulla Resistenza e la RSI, Vicenza 2010.
  • Sonia Residori, Niente altro che polvere: il massacro di Pedescala e Settecà (30 aprile – 2 maggio 1945), opera in fase di pubblicazione a cura Istrevi 2015.
  • Lorenzo Gardumi (a cura di), Feuer! I grandi rastrellamenti antipartigiani dell’estate 1944 tra Veneto e Trentino, Ed. FMST, Trento 2010.
  • Lorenzo Gardumi, Violenza e giustizia in Trentino tra guerra e dopoguerra (1943-1948), Tesi di Dottorato, Dipartimento di Scenze umane e sociali, Università degli studi di Trento, Trento a.a. 2008-2009.
  • R. Caporale R., La “Banda Carità”, Ed. S. Marco, Lucca 2006.
  • P.P. Rivello, Il processo Engel. Un percorso lungo i confini tra ricostruzione giudiziale e memoria storica, Ass. Memoria della Benedica, Ed. Le Mani, Recco (GE), 2005.
  • P. Rossi, Achtung banditen, Ed. Menin, Schio (VI) 2005.
  • Paolo Savegnago e Luca Valente, Il mistero della Missione Giapponese. Valli del Pasubio, giugno 1944: la soluzione di uno degli episodi più enigmatici della guerra nell’italia occupata dai tedeschi, Ed. Cierre-Istrevi, Sommacampagna (VR) 2005.
  • Josè Polato Rigoni, Una pagina di Storia sconosciuta. L’altopiano dall’Astico al Brenta e il suo martire del lager Don Antonio Rigoni nel secondo conflitto mondiale, Villa del Conte (PD) 2003.
  • Giuseppe Ferrandi e Walter Giuliano (a cura di), Ribelli di confine. La Resistenza in Trentino, Museo storico in Trento, Trento 2003.
  • Mimmo Franzinelli, Le stragi nascoste. L’armadio della vergogna: impunità e rimozione dei crimini di guerra nazifascisti 1943-2001, Ed. Mondadori, Milano 2002.
  • Giorno della Memoria 2007, I Deportati dell’Alto Vicentino e dell’Altopiano di Asiago a Mauthausen e campi satelliti e In Valdastico il 7 gennaio 1945 fu un terribile giorno dell’Epifania, Ed. Amici della Resistenza, ANEI, ANED e Comune di Thiene (VI).
  • Le Porte della Memoria 2015, Renato Dalla Palma, Ed. Amici della Resistenza, ANEI, ANED e Comune di Thiene (VI).



Fonti archivistiche:

  • Archivio di Stato di Vicenza (ASVI), fondi: Corte d’Assise Straordinaria (CAS), Comitato di Liberazione Nazionale Provinciale (CLNP), Danni di guerra;
  • Archivio Tribunale di Vicenza (ATVI), Sentenze della Corte d’Assise Straordinaria (CAS);
  • Archivio Centro Studi Storici “Giovanni Anapoli” di Montecchio Precalcino (ACSSMP);
  • Il Giornale di Vicenza;
  • L’Espresso.



Sitografia e multimedia:





V. Annotazioni





VI. Credits



Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della Provincia di Vicenza “Ettore Gallo”;

Archivio di Stato di Vicenza;

Dott.sa Sonia Residori.

Dott. Giannico Tessari.

Centro Studi Storici “Giovanni Anapoli” di Montecchio Precalcino (VI).
 www.studistoricianapoli.it

8 commenti:

  1. Interessante. Preciso, documentato, circostanziato, asettico. Ci sarà anche quello di Pedescala?

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  2. Pedescala conosce tutto cio' ed anche il resto, da sempre.

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  3. Interessante, bello. Il ten. col. del Sicherungs-Regiment der Luftwaffe Italien non si chiamava Karl, ma Fritz Herbert Dierich. Ciao

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  4. Qui www.farigliano5luglio44.blogspot.it
    ho scritto un po'di cose su questo tenente colonnello.

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  5. Che carogna questo Victor Piazza.... lui e tutte le spie

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  6. Sarebbe utile che i giovani conoscessero la nostra storia, per fare in modo che non si ripetano queste tragedie.

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  7. Si, Karl Dierich è decisamente errato. Io correggere i.

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  8. Qualcuno potrebbe aiutarmi a trovare un discendente di Antonio Lorenzi classe 1911? Grazie Petra.

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