A 28 anni ha brevettato un sistema per rendere più chiare le immagini delle risonanze magnetiche. Andrea Dell’Orso è un tecnico di radiologia dell’azienda Usl 11 di Empoli e studia Ingegneria biomedica. Ha avuto successo dove ricercatori stranieri avevano fallito: non ha dovuto lasciare l’Italia, ma è stato costretto a muoversi senza un euro di finanziamento. A giugno la scoperta sarà presentata a un congresso internazionale in Giappone.
La prima intuizione
«L’idea mi è venuta osservando un problema frequente nelle risonanze –
racconta Andrea. – Parlo degli artefatti: immagini che si sovrappongono
a quella del paziente per difficoltà di registrazione del segnale da
parte della macchina. Purtroppo sono imprevedibili: guardandoli bene,
però, ho intuito che non sono del tutto casuali, che c’è sotto una
specie di codice. Così ho trovato il modo di individuarlo per toglierli
di mezzo». Tutto in pochi giorni, necessari per mettere a punto un primo
software-pilota sul pc di casa. «Ho chiesto alle persone del settore
che conoscevo, e mi dicevano che non esisteva nulla di simile. Allora ho
pensato di provare a ottenere un brevetto». Da quel momento i tempi si
sono allungati: la pratica avviata a fine 2010 si è conclusa lo scorso
ottobre.
In mezzo c’è stata l’analisi di una commissione europea, che ha
verificato se l’invenzione fosse davvero tale, se in tutto il mondo
qualcun altro avesse fatto la stessa cosa. «Bastava una pubblicazione
scientifica, ma non è stato trovato niente di identico. Ricercatori
statunitensi, tedeschi e giapponesi ci avevano provato, senza arrivare
al risultato che ho raggiunto. I loro progetti prevedevano anche un
aumento del tempo di risonanza, che invece nel mio caso non serve».
Andrea parla di un software molto semplice, circa 100 kilobyte,
applicabile alle macchine di qualsiasi marca ed età. Agisce dopo che
l’immagine è stata acquisita, individuando gli artefatti e
cancellandoli, e permette di ingrandire i particolari con l’equivalente
dello zoom ottico di una macchina fotografica. «Finora le risonanze
consentivano solo lo zoom digitale, a meno di allungare molto la durata
dell’esame. Il mio sistema non lo richiede e garantisce ingrandimenti
maggiori, aumentando l’accuratezza della diagnosi».
Le motivazioni
Aiutare pazienti e medici, dice Andrea, è la ragione principale per
cui si è impegnato in questa ricerca. «Di solito il paziente vede nella
risonanza un esame definitivo, da cui - per esempio - speri di capire se
hai un tumore benigno o maligno. Se vai in una clinica privata puoi
spendere anche 300 euro, e magari ti senti dire che devi tornare
un’altra volta, perché l’immagine non è venuta bene. Così si rinvia di
una o due settimane: quando hai bisogno di risposte certe, già 10 minuti
sembrano lunghi».
Il programma è stato testato con l’aiuto di altri tecnici di
radiologia: amici e colleghi sparsi per la Toscana, ognuno con una
macchina di risonanza diversa. «Abbiamo dimostrato che la cosa funziona,
naturalmente chiedendo il consenso di pazienti e cliniche». Il brevetto
è registrato esclusivamente a nome di Andrea, che però ringrazia tre
persone: «L’ingegnere Francesco De Milato, il dottor Claudio De Felice e
l’informatico Giovanni Arisi. La difficoltà maggiore è stata trovare
loro: mi hanno aiutato senza chiedere un soldo né cercare di prendersi
tutti i meriti, come invece volevano fare molti altri professori con cui
ho parlato».
I prossimi mesi
A giugno la scoperta sarà presentata a CARS 2014, un congresso
internazionale su radiologia e chirurgia. Andrea sottolinea che sarà
l’unico relatore italiano tra quelli scelti in tema di risonanze. «Ho
già partecipato a diversi convegni nazionali, e ci sono ospedali
interessati all’invenzione, ma servono tempo e aggiustamenti. La cosa
migliore sarebbe passare direttamente dalle case costruttrici, che però
non investono senza la certezza di un ritorno economico. Finché non ci
sarà una domanda tale da garantirlo, non si muoveranno. Un’altra
possibilità è creare una mia applicazione da cedere a chi me la chiede,
ma anche questo non si fa dall’oggi al domani».
Tecnico radiologo e studente universitario: come si vede Andrea
Dell’Orso tra qualche anno? «Intanto vorrei finire ingegneria, cosa
difficile lavorando al pronto soccorso, che ti impegna notti e weekend.
Mi piacerebbe restare in ospedale, perché il pronto soccorso è la mia
passione, e usare le competenze da ingegnere per risolvere i problemi
quotidiani che il lavoro ti mette di fronte». Il brevetto sulla
risonanza è un primo risultato di questo desiderio, e sembra dimostrare
che un italiano può ottenere successi nella ricerca senza dover
espatriare: «Sì, ma con tanta volontà e senza vedere un euro, anzi
mettendoceli di tasca propria. Le Camere di Commercio hanno fondi per la
ricerca, ma te li danno solo se hai la partita Iva, se sei un’azienda.
Un cittadino comune che ha una buona idea deve arrangiarsi, e questi
soldi – che lo Stato stanzia ogni anno – in parte restano lì. All’estero
è diverso». Andrea ce l’ha fatta in Italia, e crediamo che non abbia
intenzione di lasciarla.
A.M. ilsole24ore
Nessun commento:
Posta un commento