mercoledì 27 gennaio 2016

SAN PIETRO CENTRO (parte terza)


Riflettiamo innanzitutto su come possa essersi sviluppata l’antropizzazione del territorio di San Pietro durante il Basso Medioevo e proviamo ad immaginare la situazione che possono aver trovato i primi che vi s’insediarono.

Lo slargo vallivo vede al centro del suo lato orografico sinistro l’Ospizio, ritto sul promontorio che fronteggia le Marogne alle pendici del Sojo. Se è vero che le frane di Casotto furono provocate dal terribile terremoto del 1117, certamente anche la situazione degli altri sfasciumi della valle dovette essere piuttosto instabile.
Verso valle ci sono gli evidenti e dolci conoidi di Bellasio e degli Àldere, delimitati dalle tre valli di Rigoloso, Scalòn e Orco. Bellasio e la parte inferiore degli Àldere hanno superfici poco inclinate e sassose, adatte all’aratura a trazione animale. La Val di Rigoloso è attiva e con un discreto impluvio, ma sufficientemente incassata da non pregiudicare le coltivazioni. La valle di Scalòn è ormai esausta, avendo completato la sua funzione nella formazione di quel conoide.

La valle dell’Orco è quasi priva di impluvio e alimentata da acqua sorgiva perenne: ideale per le coltivazioni. Anche la riva verso il paese, lungo l’asse della strada di accesso meridionale è protetta e si presta al dissodamento e al terrazzamento. 
Più avanti ci sono i più impervi e rocciosi declivi della collina, che possono essere ridotti a pascolo e/o orti, se non altro per ragioni di prossimità al centro. Aderente al piede del rilevo c’è l’alveo dell’Astico, allargato a tutto il fondovalle con più rami che cambiano il corso in seguito alle periodiche e disastrose alluvioni.  
A nord dell’Ospizio si stendono, giù fino al torrente, gli ampi sfasciumi delle Marogne, devastati dalle periodiche incursioni della ripida ed infida Val dei Chéstele.  Più oltre, il conoide sassoso dei Lucca e poi la Val dei Mori, che nel suo basso corso s’allarga a ventaglio rendendo infide quelle pendici. Queste sono zone utilizzabili da ronco e da pascolo, ma forse non ancora per farci stabile affidamento per le colture; inoltre sono attraversate dalla Strada i Germania e alla merce’ delle masnade di passaggio. Lo scoglio centrale attorno all’Ospizio si presta bene ad ospitare le abitazioni,  protette dalle bizze delle valli e della montagna e fondate saldamente su rocce altrimenti inutili e, fattore determinante, solcate da sorgenti d’acqua perenne.
Aderenti a questo quadro, possiamo ragionevolmente ritenere che il dissodamento del territorio paesano sia proceduto verso sud lungo l’asse dell’attuale strada della Capéla ad opera dei primi abitanti del luogo e che sia avvenuto indicativamente fra il 1200 ed il 1400. Lo attuarono verosimilmente le famiglie che sempre abitarono il centro paese, ovvero i ceppi riconducibili ai Toldo, ai Lorenzi e (forse) ai Fontana*.
Una seconda immigrazione dovrebbe essere avvenuta dopo il 1400, occupando i terreni incolti a nord della piazza e fondando le contra’ di Fontanelle*, Chéca  e Campagna. Questi nuovi arrivati furono verosimilmente pastori che trovarono quindi modo di sfruttare le magre risorse dei luoghi senza entrare in competizione con i residenti già stabilmente dedicati alla coltivazione della zona meridionale. Essi ridussero gradualmente a coltura i pendii prossimi alle loro abitazioni e in seguito, cioè nel corso del 1500, collaborarono con gli abitanti della piazza per dissodare la parte di campagna verso la Torra e sostenere così l’incremento demografico della comunità. Analogamente fecero poi con i prati dell’Astico.
A questo secondo flusso possiamo ascrivere le famiglie riconducibili ai Fontana*, ai Bonifaci ed ai Gianesini. La tradizione paesana** ritiene infatti che i Bonifaci fossero insediati ai Chéca prima di traferirsi nella contra’ Baise, nel XVII secolo.  I Chéca poté forse essere per qualche tempo la loro corte familiare, cosa della quale non ho però trovato alcuna traccia documentale.  La medesima tradizione orale riporta anche che Contra’ Baise fosse stata fondata dai Gianesini e poi trasmessa ai Bonifaci nel seicento. Lo sviluppo della Costa Lunga a quell’epoca sarebbe anche comprensibile con l’importanza che stava assumendo il commercio con l’Impero e  le sue inevitabili ricadute sui traffici frontalieri a cui quelle popolazioni senz'altro si dedicarono e che verosimilmente consentì loro di sussistere su quelle avare pendici.
Vediamo ora i cognomi paesani e cerchiamo di individuarne le schiatte originarie.
Dalla vicinìa di San Pietro del 1578, considerando solo i 18 padri e tralasciando i figli, contiamo: 4 Lorenzi (de Piero de Lorenzo), 4 Gianesini (di Janechini/Janesini), 3  Toldo (de Toldi/Toldo), 2 Facini (Facini/Facino), 2 Bonifaci (de Bonifacio), 1 Fontana, 1 Rezanini (de Rezanini), 1 Dalla Costa.
Siamo in un’epoca in cui i cognomi non si sono ancora formati e men che meno consolidati e non è infrequente che la gente si identifichi in modo differente dai suoi parenti, così da far presupporre una discendenza diversa dove magari non c’è. La vicinìa poi è un’assemblea dove tutti si conoscono e le formalità identificative sono meno stringenti rispetto ad un negozio giuridico.
Il Dalla Costa è detto chiaramente essere oriundo di Rotzo, quindi è già classificato. I due Facino/Facini li attribuirei senz’altro al ceppo dei Toldo, che assommerebbe quindi a 5 (Facino de’ Toldo è testimoniato in documenti del 1400). Neanche il cognome Rezanini s’è tramandato fino ai giorni nostri, ma da riscontri settecenteschi in cui mi sono imbattuto lo riterrei ascrivibile alla stirpe dei Fontana, che quindi diventano 2.
Dei 17 ancestri paesani, possiamo dunque semplificarne i ceppi così: 
5 Toldo (30%); 4 Lorenzi (23%), 2 Fontana (12%), 4 Gianesini (23%) e 2 Bonifaci. (12%). 
I primi 2 (3) apparterrebbero alle famiglie di insediamento più antico (del 1200), i secondi all’immigrazione più tardiva (del 1400). Forse i più antichi furono principalmente agricoltori stanziali, i secondi pastori. Al tempo della vicinìa è probabile che anche i pastori fossero diventati in parte contadini e tutti, chi più e chi meno, mantenessero l’allevamento del bestiame come parte integrante della propria economia. Questi era principalmente ovi-caprino, ma per i terrieri sicuramente anche bovino per le esigenze di trazione legate all’aratura e allo strascico del legname e la maggiore disponibilità di foraggio.
Veniamo quindi ai Lucca (Luca), che qui non sono annoverati, ma che dal secolo successivo si svilupparono fino a costituire il ceppo più numeroso del paese e cercherò di spiegare perché ne ascrivo l’origine ai Toldo. Un capofamiglia dei Toldo si chiamava ser Luca q. Toldo (q.=quondam=fu). “Ser” a significare che era una persona di riguardo nella comunità e di relativo censo, probabilmente svolgeva un’attività artigiana (falegname, fabbro, sarto..) o commerciale.  “Luca” non era un nome tradizionale dei nostri, suonava un po’ originale e ben si prestava a divenire un soprannome, specie qualora questo Luca avesse avuto una numerosa discendenza e si fosse reso necessario distinguerla dai collaterali. Soprannome che si consolidò poi in cognome quando le famiglie crebbero e si diversificarono; una genesi comune nei nostri paesi durante i secoli XVII-XVII.  Nel primo ottocento troviamo parecchi Lucca accasati in paese.  Queste famiglie occupano le case sulla piazza e l’Aréta, compenetrate con i Toldo ed i Lorenzi, ma hanno poche proprietà agricole nei dintorni (salvo Luca Luca) ed è dunque lecito supporre che svolgessero attività non direttamente legate alla proprietà della terra, quali: artigiani, boscaioli, braccianti, ecc.

Un ragionamento a parte merita il cognome Alessi, attestato già dal seicento con Alessio Alessi. Gli Alessi, nella mappa ottocentesca abitano in pieno centro del paese, nelle due case dove ora sorgono le fontane e c’era l’asta della bandiera. Questa famiglia non ebbe una grande diffusione e nemmeno proprietà significative. Data la loro collocazione, forse esercitarono qualche attività artigiana, oppure di osteria. È verosimile che questo cognome derivi dal nome proprio Alessio e quindi sia di origine endogena per ramificazione di altri ceppi. Potrebbe ovviamente esservi immigrato anche da fuori, magari dal Bassanese, non essendo presente nei paesi contermini; della cosa non ho trovato tuttavia testimonianza. L’unico soprannome di questa famiglia era Camilòto, attestato fin dal 1700.
..// continua...
Gianni Spagnolo
XV.I.MMXVI

* I Fontana potrebbero ascriversi tanto alla prima quanto alla seconda immigrazione, ma opterei più per la seconda ipotesi. Fontana potrebbe essere però anche d'origine autoctona, derivato dal  soprannome di un ramo di  famiglia originaria in virtù del suo abitare nei pressi della sorgente del paese.
* *  Riportata  da Don G.  Toldo nella sua storia del paese.

Bibliografia, annotazioni, avvertenze e diritti:
  • San Pietro Valdastico  - Storia del paese - Don Giovanni Toldo - 1936;
  • Le fotografie aeree sono tratte da Google;
  • I documenti catastali qui riportati sono estratti dagli originali  conservati presso l'Archivio di Stato di Bassano del Grappa -  Catasto Napoleonico ed Austriaco del comune censuario di Rotzo - Mappa d'Avviso;  Mappa I; IV e Libri partite  e riportano in filigrana il marchio d'origine. Sono concessi ad uso esclusivo di questa pubblicazione con  prot. n. 01  del 04/02/2015 dal Mistero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo sez. d'Archivio di Stato Bassano del Grappa.
  • E fatto divieto di riproduzione e ulteriore divulgazione in qualsiasi forma e modalità.


·   


·         

6 commenti:

  1. Bravissimo Gianni, sempre molto interessanti e precise le tue ricerche.

    RispondiElimina
  2. complimenti Gianni per il tuo lavoro che ci arricchisce tutti, grazie

    RispondiElimina
  3. Grazie a tutti Voi per l’apprezzamento. Tra qualche puntata arriverò a completare questa piccola rassegna sulla parrocchia di San Pietro. Sarebbe allora interessante poter passare alle Frazioni, sulle quali c’è analogo materiale e, almeno per la dxAstico, anche una ben più ricca fonte documentale costituita dagli status animarum dal 1608. Io però non lo posso fare perché non ne conosco i clan familiari, che sono fondamentali per l’approccio che ho usato per trattare di San Pietro. Nessun altro s’è fatto avanti per collaborare al progetto, per cui l’iniziativa rimarrà in questo ambito ristretto. Peccato però!

    RispondiElimina
  4. grazie Gianni le ho stampate tutte. bravo e interesanti ciao

    RispondiElimina
  5. Bel lavoro davvero pero' sarebbe bello sapere il nome dei padroni delle case come hai fatto per le contrà per vedere com'era una volta.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie, vedrai che alla prossima puntata (la quarta) troverai quello che chiedi.

      Elimina

Girovagando

  Il passo internazionale “Los Libertadores”, conosciuto anche come Cristo Redentore, è una delle rotte più spettacolari che collegano l...