Quasi sempre sullo stesso posto, all’ombra dello Spitz di Rotzo, ogni mattina, con micidiale puntualità, eccolo, si gira e … velà velà buteve.
Anche oggi il grido di guerra è stato lanciato verso la piccola corriera gialla e Colombo, con fare traballante, proseguiva la sua strada. Tra il profumo di resina e l’aspro odore di gasolio, il piccolo bus arrancava sù per gli stretti tornanti della strada, bianca e polverosa, mai un momento di relax per l’autista. Calorosi gli applausi quando riuscì a completare il tornante di S. Barbara senza manovra di retromarcia, veramente un grande. Alle nove, sosta di dieci minuti, un panino, una sorsata alla bibita e via al lavoro tra rami d’abete e vespe, aspettando la chiamata di mezzogiorno. A due passi dalle casare di Camporosà, dove ora ci sono i tavoli per i turisti, ardeva il fuoco; era la nostra cucina, lì si scaldavano le gaméle piene di pasta o minestrone. Un grido: “el me chinòtooo... i me gà bevù el me chinòto”, Giorgio si guardò attorno incredulo; appoggiato ad una roccia e senza alzare lo sguardo, Gianni sentenziò: “par mì el se ga evaporà”.
Il comandante della stazione dei forestali di Rotzo era in quel periodo un uomo gigantesco, di origini friulane; sua moglie una signora di statura piuttosto bassa, non faceva certo una bella figura vicino al consorte e la discussione della giornata si attorcigliava nel capire come facesse a sopportare un peso così elevato durante il “luna park”. Molte le teorie e le supposizioni, tutte variegate e colorate, ma sul grido “auff” che voleva dire ripresa del lavoro, un anziano di Rotzo bifonchiò: “le done le zé come l’acqua santa: quando che te le tuchi el miracolo non manca”.
Il pomeriggio, specie se caldo, era lungo e faticoso, la tentazione di andare veramente a "butàrse" si faceva sentire, alcuni lo facevano, sparivano e li rivedevi verso fine giornata.
Alle quattro di quel pomeriggio arrivarono i forestali, discussione col capo e sentenza, tutta la squadra alla ricerca di due turisti che si erano persi nei boschi, piccolo piano di attacco, io e un compagno di lavoro andammo in cima ai roccioni della Val Torra a gridare il loro nome, mai nessuna risposta, ci guardammo e …
velà... velà... butémosse.
Piero Lorenzi
Buteve ma ste tenti col chinotto,..... e el fogo ! Complimenti Piero !
RispondiEliminaLuna park: bella maniera per dire( penso) fare l'amore comunque un proverbio dice:
RispondiEliminaun palo in pie na dona butà na stropa intorta
nesuni sa quanto che la porta.
ciao Piero leggo volentieri i tuoi raconti. ciao
RispondiEliminaMa quanto bella vita ghetu fato quel tempo là!!!!!!!
RispondiEliminabella e divertente lo ammetto
EliminaGrandeeeee Piero i tuoi racconti sono sempre divertenti...
RispondiEliminal' uomo gigantesco, di origini friulane si chiamava "DAGARO"
RispondiEliminaOramai Pedro il "velà, velà, butéve" è diventato un simpatico tormentone...
RispondiEliminaColombo saprà che il suo slogan sta girando in internet?