martedì 4 marzo 2014

La sofferenza

 

Non porsi domande sul senso della vita significa rinunciare alla possibilità di comprendere pienamente la nostra esistenza. "Tentiamo" d'instaurare un dibattito on line spronati ed aiutati dalle risposte che Persone di cultura hanno dato a domande del tipo: Cos'è la felicità, l'Amore, la Morte, la sofferenza, il senso della vita, il bene e il male, ecc...

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Chi, come me, non è credente, non la spiega, se non come il prezzo da pagare al fatto stesso di esistere. Si soffre proprio perché ci è data la vita. Chi crede, invece, ha due possibilità: quella scelta da gran parte dei Cristiani, che imputano la sofferenza ad un imperscrutabile (per gli umani) disegno di un Dio onnipotente e infinitamente buono; oppure quella proposta dal filosofo ebreo Hans Jonas, che la imputa alla non onnipotenza di un Dio infinitamente buono e dalle intenzioni comprensibili. Un Dio che avrebbe voluto (in quanto infinitamente buono) ma non  ha potuto (in quanto non onnipotente) evitare Auschwitz, e che vive e soffre con gli uomini, a cominciare dagli ebrei condannati alla camere a gas. Quando, a quindici anni, Elie Wiesel assiste nel campo di concentramento di Auschwitz all’impiccagione del suo coetaneo “Angelo del campo”, e sente gli altri ebrei costretti ad assistere a quell’orrore chiedersi con disperazione “Dov’è il Buon Dio?”, pensò dentro di sé: “Dov’è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca”.

La sofferenza è semplicemente l’altro lato della medaglia della libertà. Se non ci fosse la sofferenza, il male, la delusione, il fallimento, non saremmo liberi. Non potremmo mai scegliere. Basta provare ad immaginare un mondo perfetto, in cui tutto funziona, senza sofferenze, senza male. Dove sarebbe la libertà? E più ancora: dove sarebbe la gioia? I concetti si definiscono in opposizione al proprio contrario. Come potrebbe esistere il bene se non esistesse il male? Come potrebbe esistere la gioia se non esistesse la sofferenza? La natura poi ha delle sue regole, che l’uomo è chiamato a comprendere, a rispettare, e a governare. Non potremo mai rimuovere concettualmente la sofferenza dall’orizzonte delle nostre vite, ma possiamo spostarlo, come abbiamo sempre fatto, verso strati più alti della piramide dei bisogni. Un tempo si soffriva per la fame. Oggi si soffre per cose meno primarie.

La sofferenza è un dono della natura. E' stata inventata per farci capire quando sbagliamo. Rappresenta uno stimolo potente per cambiare, per crescere e per sviluppare le proprie potenzialità. Tutta la medicina e la psicologia moderna dimostrano che non c'è crescita senza sofferenza. Esiste una malattia rara che porta all'assenza totale del dolore: l'analgesia congenita; questa malattia è generalmente causa di morte precoce sotto i 10 anni, perchè questi bambini vengono privati del meccanismo di difesa del dolore. Ad esempio si feriscono, o si automutilano, e spesso muoiono perchè non si accorgono dei danni con l'eventuale  emorragia correlata. La sofferenza è come la spia del cruscotto della nostra macchina che ci avverte che c'è qualcosa che non va alla nostra autovettura. La sofferenza vissuta con amore, intelligenza e dignità è il più grande motore di crescita che io conosca e rappresenta l'arma più importante per vincere e sconfiggere la stessa sofferenza.

Molti credono che la sofferenza ce l’abbia inviata il Padreterno per punirci della nostra disobbedienza nei giardini dell'Eden, ma in realtà essa non è affatto una punizione ma semmai un dono, la cui funzione è di avvertirci che qualcosa non va e consentirci di fare qualcosa prima che le cose peggiorino. Se metto inavvertitamente un dito su una pentola bollente, avvertirò dolore, che mi farà immediatamente ritirare la mano salvandola così da danni ben più gravi. Analogamente, se avverto una sofferenza emozionale, come ad esempio quella di ricevere una offesa da qualcuno, posso evitare di frequentare oltre quella persona oppure chiedermi se per caso qualcosa che ho detto o ho fatto abbia causato la sua reazione. Se poi il dolore è di tipo esistenziale – una insoddisfazione o amarezza per il tipo di vita o di lavoro che si conduce – esso mi permette di correre ai ripari e dare una svolta alla mia vita prima che sia troppo tardi. Così come una spia rossa che si accende sul cruscotto della nostra autovettura ci invita a portare quanto prima l’auto da un meccanico che possa capire il guasto e ripararlo, la sofferenza – fisica, emozionale o esistenziale - ci invita a fare un esame interiore per capire che cos'è che non va, magari anche chiedendo aiuto a un amico, a un counselor, o a una guida spirituale.
Se ci fermiamo subito i guai saranno contenuti, mentre se aspettiamo troppo sarà poi più difficile e doloroso risolvere il problema.
Il punto problematico a mio avviso non è dunque la sofferenza, ma la sofferenza protratta, la sofferenza che non avvertiamo in tempo o di cui non comprendiamo il messaggio. Il protrarsi della sofferenza può dipendere da vari fattori, ad esempio ce ne rendiamo contro troppo tardi perché il nostro sentire non è abbastanza aperto. Altre volte non comprendiamo il segnale a causa della nostra ignoranza o dell'interferenza prodotta da credenze erronee: è il caso di quelle persone che, pur vivendo una relazione sentimentale ormai finita o irrimediabilmente conflittuale, evitano di separarsi per non contravvenire alle loro credenze religiose o per l’idea che prima o poi le cose si aggiustino da sole come per magia.
Così come il dolore ha lo scopo di segnalare che stiamo sbagliando qualcosa, che la strada intrapresa non è positiva per noi, il piacere ha - o dovrebbe avere - la funzione inversa, cioè di confermare e rinforzare determinati comportamenti, scelte, pensieri che vanno bene per noi. Purtroppo, anche il piacere è stato fortemente travisato, e si è persa la sua preziosa valenza di orientamento, tant’è che le persone raramente sanno seguirne le benefiche indicazioni, e anzi in molti casi le rifuggono come malvage. Tra i responsabili di tale travisamento vi sono senz’altro le religioni, sia quella cristiana sia anche molte altre, che hanno molto stigmatizzato e colpevolizzato il piacere, per motivi vari che sarebbe troppo lungo elencare. È indubbio che per senso etico dovremmo sempre chiederci se ciò che facciamo (o omettiamo di fare) può essere dannoso per qualcuno, ma se così non è, ritengo sia nostro diritto sacrosanto goderci il piacere e seguirne le preziose indicazioni.

Secondo me non ha senso cercare una spiegazione alle cose esistenti, esistono e basta. Assurdo, per esempio, pensare alla sofferenza come a una forma di espiazione delle colpe, o peggio ancora come un mezzo di evoluzione interiore…  giusto per fare un esempio: provate a andarlo a dire a quei ragazzi di vent’anni che Mussolini mandò a combattere in Russia, e che dovettero tornare a piedi senza mangiare e senza scarpe… le loro inutili sofferenze ci insegnano pure che l’esperienza del dolore è individuale e non si può trasmettere alle generazioni successive, visto che oggigiorno c’è chi torna a blaterare di eroi.
E’ vero tuttavia che la sofferenza, se presa in piccole dosi, può svolgere anche una funzione positiva: quella di ricordarci che non abbiamo un corpo, che siamo un corpo. Questo non implica che siamo soltanto un corpo – è possibile, anzi probabile, che esistano anche altre dimensioni dell’essere; ma è sempre dal nostro corpo che dobbiamo partire per trovarle, quindi tutti i sistemi che non pongono al centro la dimensione materiale dell’uomo sono viziati da un errore di fondo, e non è nostro interesse adottarli.

 E VOI CHE NE PENSATE?

20 commenti:

  1. Che coincidenza proprio oggi mi trovo a pormi tutte queste domande e a fare queste riflessioni perché purtroppo questa mattina la mia cara zia MARIA DALLA VIA in STERCHELE ha deciso dopo tanta sofferenza di andare avanti.Sono senza parole ;IO la ricordero' come persona buona e giusta dedicata alla famiglia e a trasmettere valori ai figli e nipoti.A CASOTTO era un'istituzione x aver gestito l'unica osteria esistente per molti anni.CIAO ZIA UN ABBRACCIO giovedi' vengo a salutarti

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    1. Le mie condoglianze AGOS.
      La conoscevo bene la Maria e suo marito Ettore. Maria era la sorella di Tullia, sicchè è tua zia per forza anche la Tullia vero? Immagino che giovedì ci sia il funerale. Se pensi di fermarti per l'weekend ai Lucconi ci potremmo anche incontrare che dici? O fai toccata e fuga?

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    2. Anche da me AGOS, sincere condoglianze. Non mi sembra conoscere tua zia, abitava a Casotto ?

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    3. GRAZIE di cuore. SI sono le mie zie visto che erano sorelle di mio papa' EMILIO.Si la zia MARIA era di CASOTTO;purtroppo non posso fermarmi questa volta sara' x la prossima.GRAZIE ANCORA.

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    4. Sentite condoglianze Agos

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  2. pensieri diversi :
    "La sofferenza nasce della conoscenza perché non si può soffrire di ciò che si ignora. (In un certo senso) volere l'elevazione degli uomini per l'istruzione è la più perversa espressione del sadismo".
    (Il Rogo delle Illusioni)
    Adamo&Eva, hanno mangiato il frutto dell'albero della conoscenza e sono stati cacciati dall'Eden, paradiso nel quale la sofferenza era sconosciuta.
    La "conoscenza" nel senso coscienza. La coscienza del bene e del male. La libertà di scegliere.
    L'incapacità dell'uomo di gestire la sua libertà provoca la sofferenza. Ma la sofferenza fisica è un impaccio alla libertà.

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  3. qua xe roba massa profonda par mi xe roba par philo sponcio lucia che i sa parlar ben

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  4. Un argomento mica da poco Carla, per stimolare riflessioni. Su di esso si sono arrovellate per secoli le menti più illuminate, traendone le più diverse considerazioni, che in parte sono riportate nel testo. È senz’altro vero che il dolore, come il piacere, sono degli opposti stimoli per sostenerci e farci crescere ma richiedono discernimento ed equilibrio perché non ci sopaffaggano. Il problema è che quando questo avviene l’equilibrio e il discernimento non sono già più utilizzabili, perché abbiamo perso la capacità di gestirli e veniamo trascinati nel baratro degli automatismi di sopravvivenza ai quali questi stimoli sono legati. Per esempio: il cibo è anche un piacere, ma diventa una ossessione distruttiva se non controllato. I suoi meccanismi sono così forti perché presiedono a funzioni vitali, ma se s e ne altera la funzione con l’abuso diventano distruttivi e spesso irreversibili. Le stesse considerazioni possono essere applicate al bere, al sesso e a molte altre pulsioni umane. Qui non serve solo sapere, perché sappiamo tutti benissimo le conseguenze delle nostre azioni e cosa bisognerebbe fare per evitare di soffrire o rendercelo più accettabile, ma quando ci siamo dentro siamo spesso disarmati. L’unico lenitivo della sofferenza è l’amore. È la mancanza d’amore, il non sentirsi amati e accettati per quello che siamo a rendere la sofferenza insostenibile. Non credo valga il concetto che basti non far del male agli altri per ritenere morale un comportamento. Questi travalicano la capacità di gestione del singolo, che applica regole che sono sue e non è detto che valgano per tutti. Se nei secoli le società si sono date delle regole, attraverso norme , religioni e credenze, non è sempre stato per necessità di controllo e dominio come troppo frettolosamente si ritiene adesso, ma perché sono necessarie all’armonioso funzionamento della società. La mia libertà finisce dove comincia la tua solo se fossimo onniscienti, altrimenti è una pia illusione.

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  5. Ttuìsto el Philo ciò, che distillato di sapienza spicciola. Ma pinsitu mia benedeto che coi riva a sopraffaggano ala magioransa dei valigiani taca ìncatiiarseghe la gardegàla?

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  6. Visto Don, cussì diffisile anca da scrivare, chel se gà magnà una "r"...
    ma anca co "incatijareseghe" no te schersi... un siolilingua da poco , vero mò!

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    1. Sa cominsiè desso a fare i pettenela, come vuliù che la zente scrive, dopo, a parte Philo, Sponcio e Lucia come dixe el Condor pasa ! Bisogna avere fegato, cari !

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  7. Considerate le mail che mi giungono, ci tengo a precisare, anche se mi parrebbe scontato, vista la premessa della prima frase di ogni argomento di questo tipo, che i 5 pareri in blu e rosso NON SONO FARINA DEL MIO SACCO, bensì pareri di persone di cultura, unicamente per stimolare il dibattito.
    Magari fossi in grado di scrivere in quel modo! Lo stesso dicasi per il commento al Vangelo della domenica che ha dato adito allo stesso fraintendimento.

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  8. Visto chei te ciàpa par 'na tuttologa!!??

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  9. è un terreno assai pericoloso il cercar di comprendere le armi della vita.Se i sentimenti come il dolore,l'amore siano dei semplici meccanisimi di autodifesa natuale senza nessun ulteriore fine oltre quello piu' semplice di sopravvivere.Allora, per necessità di comprendere, bisogna dare un senso, un valore, una categoria, a meccanismi che non hanno null'altro scopo che sopravvivere.anche la religione e' figlia di questa ricerca di capire e spiegare.Allora, nemmeno l'esistenza di un Dio e' necessaria per spiegare tali fatti.L'errore di percezione che sia necessaria una causa prima a ritroso che culmini con Dio porta a concludere che anche Dio stesso ha bisogno di una causa per esistere.Questo visto da un filosofo matematico come Bertrad Russell.Mentre il giudizio morale lo lascio a voi,Philo e Kant.Ciao Carla

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    1. La sopravvivenza legata a stimoli che prescindono dal nostro controllo è necessaria altrimenti il genere umano sarebbe già estinto. L'uomo ha comunque una coscienza nativa, un imprinting che lo porta a ricercare le ragioni del suo esistere e conciliarsi con quella Sapienza che preesisteva al creato. Se ciò non fosse sarebbe molto più naturale che l'uomo seguisse le sue pulsioni e si annichilisse nelle ovvie conseguenze di un vissuto disordinato. Chi glielo farebbe fare all'uomo di darsi dei limiti, delle regole etiche e morali e degli obiettivi che richiedono sforzo, impegno e costanza?
      « Il Signore mi ha creato all’inizio della sua attività,
      prima di ogni sua opera, fin d’allora.
      Dall’eternità sono stata costituita,
      fin dal principio, dagli inizi della terra.
      Quando non esistevano gli abissi, io fui generata;
      quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua;
      prima che fossero fissate le basi dei monti,
      prima delle colline, io sono stata generata.
      Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi,
      né le prime zolle del mondo;
      quando egli fissava i cieli, io era là;
      quando tracciava un cerchio sull’abisso;
      quando condensava le nubi in alto,
      quando fissava le sorgenti dell’abisso;
      quando stabiliva al mare i suoi limiti,
      sicché le acque non ne oltrepassassero la spiaggia;
      quando disponeva le fondamenta della terra,
      allora io ero con lui come architetto
      ed ero la sua delizia ogni giorno,
      mi rallegravo davanti a lui in ogni istante;
      mi ricreavo sul globo terrestre,
      ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo. » (Proverbi 8,22-31)

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    2. Ecco, non mi ritrovo completamente in nessuno dei conque modi di vedere la sofferenza proposti, ma in questo di Philo mi ritrovo. La nostra mente non puo' capire tutto col ragionamento, ma c'e' una Mente della mente che qualcosa riesce - vagamente - a farci intravvedere o almeno intuire.

      Certo che simili temi sono forse troppo impegnativi per essere trattati nella "leggerezza" di un blog...ma a ben pensare l'intoppo non sta magari nei temi, quanto piuttosto nelle lunghe e magari troppo "specialistiche" dissertazioni di persone di cultura portate ad esempio.
      Proposta: provare a partire con due-tre frasi di poche righe solamente, con visioni differenti.

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    3. Ovviamente intendevo "cinque" e non "conque".

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    4. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    5. per nascità e fede sono illuminista.Ma non nego l'esistenza di Dio. diciamo che seguendo l'input di anonimo dico:
      1- non credo nell'esistenza di un Dio Creatore perché non è necessario per spiegare l'universo, e siccome prima del Big Bang non esisteva il tempo (come non esiste all'interno di un buco nero), non sarebbe esistito nemmeno il tempo per creare l'universo, oltre al fatto che, a livello subatomico le particelle elementari quantistiche, come quella che ha dato origine all'universo, possono apparire e scomparire spontaneamente. proprio per lo stesso motivo, per cui una malattia è derivata da una causa fisica, non ha bisogno di una metafisica per spiegarla. (Stephen Hawking,Fisico)
      - il fatto che si parli di Dio,implicitamente se ne accetta l'esistenza. La sua natura e scopo è poi da definire.
      - dove la mente non arriva a intuire,allora non esiste. poiché se non posso pensarlo non posso nemmeno comprendere l'esistenza.nel medioevo a nessun europeo gli e' mai venuto in mente di desiderare una calda tazza di cioccolata perché' ne ignorava l'esistenza. devono aspettare colombo dopo il 1492 e gli svizzeri oggi.

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    6. La sofferenza è stata usata come mezzo per dimostrare l'ingiustizia dell'esistenza in modo da poter trovare una giustificazione divina: l'esistenza è stata ridotta dal cristianesimo a fenomeno morale e religioso. (nice o Nietzsche)

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