martedì 31 dicembre 2013

Spézzati in quattro per la pace


di don Tonino Bello



Prega per la pace. 
La pace vera, quella totale, completa,
è un dono di Dio. 
Non è solo frutto degli sforzi umani. 
Se tu la implorerai come dono di Dio,
 la pace diventerà anche storicamente possibile,
 politicamente raggiungibile
 e diplomaticamente realizzabile.
Allenati al dialogo. Fin da ora.
 Con i genitori. Con gli educatori. Con i compagni. 
Con chi non la pensa come te.
Combatti contro la corsa alle armi. 
Grida a tutti che è una cosa ingiusta fabbricare armi
 mentre la gente muore di fame.
Cambia il tuo cuore. 
È dal cuore vecchio che nasce la guerra.
 Chiedi al Signore che ti tolga il cuore di pietra
 e te ne dia uno di carne.
Educati alla pace.
 Si, perché la pace è anche un’arte che si impara. 
Non basta lo slogan. Non basta una marcia.
 Non basta un cartello. Ci vuole lo studio.
 Occorre il confronto. Occorre soffrire.
 Ti sarà necessario anche prendere posizione:
 l’equilibrismo non è il modo giusto per difendere la pace.

Per la pace fatti in quattro pure tu!
 Ce la farai!

(segnalata da Lucia)

I disastri della solitudine?


lunedì 30 dicembre 2013

I Cantori di Calvene - Fermino Brazzale -


Fermino Brazzale, classe 1947, è nato e vive a Monte di Calvene. 
Molti di voi lo hanno potuto conoscere durante la manifestazione del ritorno dal bosco del 20 ottobre u.s. nella stalla in contra' Checa ed apprezzarlo sicuramente leggendo i suoi libri. 
Ci tiene a sottolineare che lui è nato nel tempo dei prati falciati a mano, quando le capre tornavano dalla valle e dal bosco ed il crepuscolo accoglieva il bambino nel grembo della contrada. 
E' nato nel tempo del prato e del campo, dell'albero in fiore, del pero e del melo e delle lenzuola sul filo nell'orto. In quel tempo, i mandriani abbeveravano le vacche alla fontana due volte al giorno, davanti alla sua casa e le vacche erano le sue vicine di casa. Al tepore della stalla passava l'autunno e l'inverno. 
E' nato dopo che millenni di vita contadina avevano reso l'animale domestico fratello dell'uomo e il sole tramontava sul dorso del toro. Allora il bécco segnava l'autunno di muschio e d'urina e la vita nascondeva i suoi doni tra le pietre del bosco e la valle si oscurava carica di mistero e di pianto.
E' nato quanto le bestemmie del contadino lodavano Dio e l'azzurro del cielo era sopra la contrada. Quando in una chiesa contadina, uomini, donne, vecchi, ragazze e bambini cantavano alla Madre di Dio: "mira il tuo popolo o bella Signora".
E' nato quando la terra mostrava ancora il suo volto. 
E' nato nel tempo della vacca e del toro, della capra e del caprone, dell'uomo e della sua donna, della fontana e della sua valle, della scuola e del bambino, della vecchia e del rosario, della neve e del gelo, del fiore e del grano...
A breve il primo capitolo.

14 - Valdastico in quel tempo/fine

14)
 100-101
 102-103
 104-105
 106-107
 108-109

110-111

domenica 29 dicembre 2013

Ninna nanna ad Enea

        Mi sembra quasi che il tempo non sia passato,
e tutte le filastrocche che credevo di aver scordato,
senza fatica, come un fiume escono fuori
e si riempiono di mille colori!

Ti accarezzo, ti cullo, mio dolce bambino
e sento il battito del tuo cuoricino,
respiro il tuo respiro e con poche parole
ti dico che solo tu sei il mio sole!

E piano ti canto una canzoncina,
una ninna nanna , piccina piccina
e mentre le parole abbracciano la melodia,
ti sento dormire, quasi per magia!

E’ la magia del mio cuore
che sa donarti il vero amore,
ti stringo, ti bacio e ringrazio Dio
della gioia immensa che mi dai, tesoro mio!

                                                Nonna Lucia



Concerto di Natale


sabato 28 dicembre 2013

Da un mese te ne sei andato...


e ancora non ci credo...
Desidero ricordarti simpaticamente 
con questa foto che avevi postato su Facebook...
fiero dei prodotti che riuscivi ad ottenere dal tuo orto 
che curavi con tanta passione...

avevi scritto: anca a San Piero ven le angùrie...




*§*


Grande appassionato di musica, cantante mancato, (ha partecipato anni fa anche al concorso VOCI NUOVE a Luino, alla presenza di Daniele Piombi e Pippo Baudo) desidero dedicargli la canzone: "caro Amico" del grande Omar Codazzi che apprezzavamo entrambi molto e che è stata l'ultima orchestra che ha potuto ascoltare dal vivo a Bressanvido in occasione della festa della Transumanza.








e sul lago di Levico a collaudare il tuo "brevetto"...



La Famiglia ha acconsentito per la donazione delle cornee. 

Pedescala


Uno scatto che parla da solo, senza commenti.

giovedì 26 dicembre 2013

Il decalogo dell'ottimista



- L'ottimista si ama e ama gli altri, ha una buona immagine di sé stesso, conosce il suo valore ed ha una sana stima di sé stesso.

- L'ottimista accetta gli altri così come sono e non spreca energie cercando di cambiarli, ma influisce su di essi solo con un amore tollerante.

- L'ottimista è spirituale, coltiva un buon rapporto col suo Dio e mantiene sempre vivi nel suo cuore la fede, la speranza e l'amore.

L'ottimista gradisce di vivere nel presente, non conserva rimorsi, sensi di colpa o risentimenti del passato, nè guarda al futuro con ansia. Egli gode del giorno di oggi con amore e buonumore.

- L'ottimista vede le opportunità nascoste nelle difficoltà dei momenti difficili, commette i suoi errori come tutti, ma ha l'intelligenza e la capacità d'imparare dai suoi errori.

- L'ottimista è entusiasta, dà la vita per realizzare i suoi sogni e mostra con impeto che la fiduciapuò fare miracoli. Egli ha fiducia in sè stesso e nelle altre persone.

- L'ottimismo è integro e per questo possiede la pace interiore e la irradia agli altri, ache in mezzo alle tempeste e le crisi.

- L'ottimista non si consuma nella critica distruttiva e vede l'invidia come un veleno. Egli non è uno spettatore della crisi, ma un protagoniscambiare in meglio le situazioni.

- L0ttimista ha cura delle sue relazioni con gli altri, sa lavorare in squadra ed è un tenace seminatore di fede, di speranza e di allegria. Il sorriso e la simpatia lo contraddistinguono.

- L'ottimista attraversa anche lui momenti difficili, però non si arrende. Ritiene che anche alla notte più buia deve necessariamente seguire un'alba chiara e che sopra le nuvole più nere continua a brillare il sole.


mercoledì 25 dicembre 2013

El nostro caro àlbaro dela piassa


L’aria era fresca e odorava di muschio, l’attesa della messa di mezzanotte era palpabile, ma mancava qualcosa, forse la neve. 
Esco da via S.Barbara e guardo compiaciuto il grande abete natalizio della piazza, le semplici lampadine colorate di rosso lo rendevano importante e il suo profumo si sentiva per tutto il centro del paese. Quando Emo e Armando Ninato lo vestirono a festa io ero lì e guardavo stupito tutte le mosse che i due dedicavano a lui; inebriato dal suo profumo intenso di resina, toccandogli gli aghi, sentivo ancora il lungo addio che aveva gridato al suo bosco, lassù in montagna al momento del taglio. 
Finito di tirare i fili elettrici della lampadine, Emo guardandomi diceva sempre la solita frase: ”stasera vignì qua e spaché le lampadine che ve tàjo le man”... tassativamente al plurale, visto che non eravano pochi quelli che bazzicavano la piassa
Ricordo che qualche boccia di neve ogni tanto faceva esplodere qualche lampadina, ma era raro, in qualche modo tutti rispettavano il grande albero di natale e poi in quei giorni eravamo tutti vestiti bene e sporcarsi di resina era un suicidio.
Verso le nove c’era carosello, andavo spesso dai Lussi in fondo alla via, loro avevano da poco il televisore; calimero non fece in tempo a dire che era piccolo e nero che entrò in casa la Orsola: ”ma cossa feu qua che fora zé drio nevegàre!" Via fuori, sotto la fioca luce stradale, di corsa verso la piazza, ma non vedevo nessun fiocco di neve, forse era una presa in giro e ritornai da carosello. "Valà Orsola... cossa ghetu visto, dove zé che névega?” La buona Orsola si girò e convinta disse: ”la vaca in stala se gà butà e vol dire che riva la neve”... 
Dopo la previsione ritornai sotto il tavolo a gustarmi gli ultimi caroselli. 
La sera proseguì regolare, il nostro albero si dondolava cullato da un leggero vento freddo e le sue luci tintinnavano come un richiamo, da sotto le coperte lo pensavo ricoperto dalla neve che Orsola aveva previsto. 
I passi leggeri della mamma che salivano le scale, il cigolìo di qualche scalino in legno e il silenzio totale che proveniva da fuori, fu il risveglio di quel giorno di Natale. “Ghe zé la neve, te sarè contento”... 
Bastò questa frase e con un tempo da record ero già fuori sulla via, il cielo era azzurro chiaro e a terra non c’era tanta neve, quasi niente, la piazza era leggermente tinta di bianco solo dalle parti, ma il mio albero era coperto di neve, tutti gli alberi erano coperti di neve, solo loro, dai larici sotto la prima Giòa ai pini sotto il Sojo, era, come un dono speciale, solo per loro, per quella mattina di Natale di tanti anni fa.
Piero Lorenzi

martedì 24 dicembre 2013

Storia di Natale

UN REGALO SPECIALE 
VENUTO DA LONTANO 
“NATALE NELLA VALLE”


Seduto sulla sua comoda poltrona in pelle nera, Giovanni, sorseggiando un caffé, si guardava intorno soddisfatto: il suo ufficio era il più importante dell’edificio, arredato con classe, con la scrivania in radica come la grande libreria, il computer di ultima generazione con tutti gli accessori, il videotelefono; i quadri appesi alle pareti erano tutti di artisti famosi, la musica di sottofondo diffusa da apparecchi sofisticati, le lampade di prestigio… Sì, poteva ritenersi soddisfatto, aveva da poco compiuto 50 anni e, dopo essersi impegnato e aver lavorato duramente, aveva raggiunto il posto più importante nell’azienda in cui lavorava. Si alzò lentamente dalla sua comoda posizione e si avvicinò alla grande vetrata, scostò le veneziane e guardò fuori…
Il paesaggio ormai abituale che si presentò ai suoi occhi era tipicamente invernale: la nebbia fitta dava la sensazione che tutto fosse invisibile, si intravedevano solo i palazzi e gli uffici che stavano di fronte a lui, poi le auto nel parcheggio e il via vai di operai al cambio dei turni di lavoro. Tutto come sempre… gli alberi all’entrata dello stabilimento erano ormai spogli e pronti ad affrontare l’inverno: era dicembre inoltrato e di lì a poco, anche lui avrebbe avuto un po’ di relax per le festività Natalizie.
Distolse lo sguardo dall’esterno e lo riportò nella stanza: già da alcuni giorni avevano iniziato ad arrivare cesti, biglietti, confezioni regalo di ogni tipo... posò gli occhi su quei doni dai contenuti particolari, dalle confezioni luccicanti, dalle grandi firme e si stupì del fatto che non ricordava nemmeno chi li aveva inviati… Si mise a leggere distrattamente i biglietti che accompagnavano le confezioni e vi trovò auguri cortesi, distaccati, parole di circostanza, messaggi di ringraziamento o di convenienza. Era così ogni anno, ormai non sapeva più dove mettere tutti quei doni che arrivavano sempre più numerosi, ad ogni Natale … Si rese conto però che anche lui agiva allo stesso modo: era la sua segretaria personale che si occupava anche di questa mansione e lui non faceva altro che firmare i biglietti che accompagnavano quei pensieri natalizi. Lo squillo del telefono lo distolse dai pensieri e la sua giornata continuò come al solito: incontri, riunioni, decisioni, colloqui…, ma di tanto in tanto un pensiero si insinuava nella mente: continuava a fare il bilancio della sua vita, della sua carriera e di ciò che aveva costruito, ma le risposte che si dava non lo rendevano del tutto soddisfatto… Era la prima volta che quelle riflessioni facevano capolino nella sua testa e si propose di fermarsi un attimo e valutarne il significato. Tornando a casa a sera inoltrata, i suoi occhi si riempirono degli addobbi, delle luci, delle vetrine, di tutto quello che in quel periodo rendeva la città quasi magica, ma sempre rumorosa e senza tregua… Giunto a casa, salutò la moglie Anna da poco tornata da una conferenza e andò a dare la buonanotte ai suoi due figli: li vedeva poco, non poteva seguirli nella loro crescita, nella scuola, nello sport, nelle loro esperienze, a parte durante le vacanze..., ma quando ci pensava, si convinceva che quel sacrificio lo faceva soltanto per dare a loro un avvenire sicuro. Baciandoli sulla fronte, si rese conto che aveva dei vuoti, che gli mancavano dei frammenti come pezzi di un puzzle che non completavano un quadro... si sorprese di non aver mai fatto quella considerazione... Forse troppo preso dalla carriera, dal lavoro, dal successo, aveva scordato cose importanti. Teresa e Giulio erano praticamente cresciuti con la tata Margherita che aveva cercato di colmare l’assenza dei genitori sempre tanto impegnati nella loro vita lavorativa e di società. Sapeva che comunque erano cresciuti bene, che erano uniti e sperava di poter trovare il momento giusto per dire a ognuno di loro, quanto li amava. I pensieri galoppavano veloci nella mente di Giovanni: il resoconto della sua vita, a parte la carriera, non era poi così positivo… mancavano alcune cose importanti che la sua famiglia gli aveva insegnato. Era partito giovane dal suo paese, un piccolo paese in una valle sperduta, era andato in cerca di qualcosa di migliore; la valle gli andava stretta, lui voleva arrivare in alto, voleva qualcosa di diverso che in quel luogo sperduto non avrebbe certo trovato. Non era stato facile, ma con sacrifici, impegno e determinazione, aveva avuto una lenta salita, fino ad arrivare a raggiungere gli obiettivi che si era preposto. Aveva conosciuto Anna ad una conferenza, in lei aveva trovato la sua stessa voglia di arrivare, così dopo poco tempo era sbocciato l’amore, si erano poi sposati e di seguito era arrivata per loro la gioia dei figli. Il grande albero addobbato nella lussuosa sala lo fece tornare al presente, un presente che in quel momento della sua vita, avrebbe voluto sfuggire... le feste avrebbero portato confusione, regali, inviti, pranzi e cene, feste, ferie…, ma le persone con cui avrebbe trascorso quel periodo speciale, a parte la famiglia, erano amici e conoscenti, colleghi e clienti che però non avevano un gran peso nella sua vita affettiva. Per quel Natale poi avevano organizzato un viaggio in un luogo esotico che a tutto faceva pensare fuorché al Natale…Il Natale… pensò al Natale di quando era bambino e una gran voglia del suo paese, si impadronì del suo cuore, mentre i suoi pensieri continuavano a formulare la stessa domanda: com’era il suo paese? Com’era la sua valle? Cos’era lì il Natale? Gi stimoli esterni del suo vivere quotidiano, gli imponevano di agire come doveva fare un uomo della sua posizione, ma dentro, i richiami diventavano sempre più forti, le sensazioni che credeva scomparse, si alternavano e prendevano lentamente il sopravvento. Si addormentò con quei pensieri, sicuro che si sarebbero presto dissolti, ma anche nei sogni tornarono a farsi forti e si rivide bambino, nei momenti semplici della sua vita... e al risveglio si convinse che doveva pensarci seriamente. Passarono i giorni e arrivò il 23 dicembre: Giovanni aveva deciso già da tempo, ma non sapeva come dirlo ai suoi cari… Lo comunicò quasi a sottovoce, mentre la moglie lo guardava come se vedesse tutto d’un tratto, un’altra persona. Ma come poteva mandare a monte un viaggio, cosa avrebbe raccontato ai suoi figli e agli amici poi… che figura! Giovanni spiegò che era una cosa che doveva assolutamente fare, ma che la moglie e i figli non avrebbero cambiato programma: lui li avrebbe raggiunti dopo qualche giorno. Non riuscì a dare tante spiegazioni a Teresa e Giulio, non poteva: la confusione che sentiva dentro di sé era tale da non riuscire a capire cosa gli stava succedendo. Il pensiero di tornare al paese gli mise una tal eccitazione che non riusciva a pensare ad altro: preparò un trolley con indumenti adeguati e, la mattina della vigilia, imboccò l’autostrada lasciandosi dietro le spalle il fermento della città quindi, dopo più di tre ore di viaggio, rivide le sue montagne ed entrò lentamente nella valle che aveva ancora qualche colore dell’autunno appena passato. Le cime delle montagne innevate, splendevano come diamanti ai raggi del primo sole.
Che spettacolo! Il torrente scorreva tranquillo e, passando sopra il piccolo ponte, ammirò il biancore dei sassi e il colore dell’acqua: era qualcosa di meraviglioso e stupendo! Era da un po’ che non faceva ritorno in quei luoghi; da quando i suoi genitori non c’erano più, ritornava solo saltuariamente per far visita al cimitero e passava veloce davanti alla sua casa, ma se ne andava senza fermarsi. Quel pensiero ora gli dispiaceva: aveva perso i contatti con i paesani, la casa non era più stata aperta, non aveva raccontato ai suoi figli le sue tante avventure di ragazzo… Quasi volutamente, aveva dimenticato… Teneva in tasca il telefonino, ma  era nel modo “silenzioso” perché non voleva essere disturbato da nessuno, nessuno avrebbe rovinato quella sua “fuga”… Arrivò al paese e raggiunse la vecchia casa; silenzio e pace, tutto così irreale, così diverso dalla città. Respirò l’aria frizzante che gli riempiva le narici e scendeva nei polmoni, mentre lo sguardo si posò sui monti circostanti; il sole stava scendendo e presto avrebbe illuminato ogni angolo del piccolo gruppo di case. Estrasse la chiave e con un po’ di fatica aprì la serratura... ragnatele e polvere regnavano sovrane, gli occhi passarono in rassegna ogni cosa e una carrellata di ricordi si affacciarono prepotenti e lui si fece cullare da quella piacevole sensazione, da quel vortice di emozioni… Cercò nella legnaia il necessario per accendere il fuoco nella vecchia stufa: un po’ di fumo e lo scoppiettio, il calore delle fiamme, gli diedero una felicità dimenticata. Rimase lì a guardarsi intorno, si mise poi a pulire per rendere vivibile la grande cucina; si sarebbe fermato poco e non aveva bisogno di grandi cose. Aprì le imposte e la luce invase tutto mettendo in risalto le vecchie cornici con le foto dei nonni, dei genitori, di lui bambino, degli amici... Pensò ai Natali vissuti in quella casa: un piccolo presepe, un alberello tagliato nel bosco, qualche piccolo dono, ma tanto, tanto calore, il calore dell’affetto, dell’amore, dell’amicizia, delle cose semplici, vere e genuine.  Salì le scale che scricchiolavano ad ogni passo e si trovò nel solaio dove, tra i tanti oggetti, individuò le scatole natalizie: ne aprì una e tolse lentamente la carta sgualcita che racchiudeva le statue del suo presepe, ma si fermò e, preso lo scatolone, tornò nella cucina dove sopra il grande tavolo, mise in fila tutto il contenuto: la natività, il piccolo angelo, i pastori, le pecore, la lavandaia, il boscaiolo, il falegname e via via… ognuno con un particolare che lo rendeva unico. Chiuse gli occhi e sentì il profumo del muschio, si rivide con gli amici tra le masiere alla ricerca di quel tappeto verde e morbido... avrebbe voluto..., ma poi perché no? Uscì e, dalle case della contrà, si affacciarono molte persone che lo salutarono con gioia e gli fecero capire quanto bello fosse vedere la casa aperta e il camino che fumava. Si sentì frastornato da quei semplici saluti “Ciao, sitù quà, come stetù? E la femena e i tusi, tuto ben? Che belo vedarte!” Non era abituato a quel calore! Si incamminò leggero verso il sentiero conosciuto, saltò una masiera e si ritrovò nei luoghi della sua infanzia, raccolse alcune ”lorde” di muschio riempiendosi gli occhi di sapori perduti, quindi ritornò a casa dove si mise a costruire il presepio. La vecchia “soca” che fungeva da capanna aveva la sua stessa età, la prese con cura e, uno dopo l’altro posizionò i personaggi fino a completare il lavoro che lo rese soddisfatto. Le ore erano passate velocemente, non sentiva né sete, né fame, tante erano le emozioni che stava provando. Ormai era pomeriggio inoltrato: di lì a poco la notte con il suo scuro mantello avrebbe avvolto ogni cosa e decise che quella era l’ora giusta per fare un giro per il paese. L’imbrunire è il momento dove inizia il silenzio assoluto... Arrivò nella piazza dove il grande albero era tutto illuminato mentre, nelle case e nei giardini, tanti piccoli abeti addobbati, colorati e luminosi, rendevano il paesaggio quasi magico. Era la vigilia di Natale e tutti si preparavano a trascorrere quella festa con le loro famiglie, con i loro cari. Pensò con nostalgia alla moglie e ai figli che sapeva in viaggio, ma si rincuorò con la certezza che l’indomani li avrebbe raggiunti. Per il momento voleva vivere pienamente quegli attimi speciali quindi, mandato un messaggio, il loro pensiero volò via abbastanza rapidamente. Durante la sua passeggiata, notò che il paese era cambiato: nuove case erano state costruite, altre ristrutturate e realizzò che qualche giovane famiglia si era fermata; fu felice di questo, il paese con soli vecchi sarebbe presto diventato un paese fantasma! Tornò a casa e subito una vicina lo chiamò e lo invitò a mangiare un piatto di minestrone in compagnia: il calore della casa e dell’amicizia che conteneva, gli riempirono il cuore, mentre il caldo piatto di minestrone, gli riempì anche lo stomaco ormai slanguorito. Si sorprese di come, conversando, le parole in dialetto uscivano leggere dalla sua bocca e riscoprì vocaboli che credeva scomparsi dalla sua mente... Rientrato tra le sue pareti domestiche per mettere legna nella stufa, sentì il suono delle campane che chiamavano per la messa della notte e altri ricordi riaffiorarono … Si rivide ragazzino, quando al suono del mezzogiorno nei giorni estivi, il campanaro lasciava che agli ultimi tocchi della campana, a turno ci si attaccasse alla grossa fune e così si saliva in alto, in alto… che divertimento!
Le campane festose lo riportarono alla realtà, mise nella stufa un grosso pezzo di legna, come faceva un tempo la sua cara mamma: la soca sarebbe durata fino al mattino e Gesù avrebbe trovato la cucina calda e accogliente. Il gran freddo dei giorni prima, aveva annunciato l’arrivo della neve: a lui non creava problemi visto che con il suo fuoristrada sarebbe andato dappertutto, ma pensò con gioia alla neve e a tutto quello che avrebbe evocato dentro di lui. Si coprì bene e si avviò verso la chiesa ormai piena di fedeli: vide tanti volti conosciuti, che lo salutarono con un sorriso e, finita la celebrazione, lo invitarono a stare in loro compagnia nello stabile usato per le feste paesane. Cioccolata, vin brulè, panettone e cordialità, erano offerti a tutti. Tra i volti conosciuti, i compagni ritrovati, tante persone che non lo avevano dimenticato, un bicchiere e un piatto genuino legato alla tradizione, passarono le ore. Era felice di essere lì, tra la semplicità di quello che lo attorniava, ma si rese conto che gli mancava qualcosa; avrebbe tanto desiderato che la sua famiglia condividesse tutta quella gioia! Uscito dal locale, trovò una sorpresa: la neve era caduta volteggiando leggera e si era posata dappertutto rendendo il paesaggio ancor più meraviglioso e stupendo! Aveva ricevuto auguri sinceri, baci, abbracci e poteva dirsi soddisfatto di aver ascoltato ciò che l’istinto gli aveva suggerito di fare. Fra il lento danzare dei candidi fiocchi, tre sagome gli si fecero dinnanzi e con il cuore in subbuglio riconobbe Anna, Teresa e Giulio. Lo avevano raggiunto e quell’inaspettato arrivo era senza dubbio il più bel regalo di Natale! Nei loro occhi e nei loro abbracci, trovò tutto l’amore, la comprensione, la felicità che solo loro sapevano trasmettergli e provò una gioia immensa. Tornarono verso la vecchia casa, tenendosi per mano, mentre lungo il tragitto, le persone si scambiavano gli auguri pieni di calore.
Il silenzio della cucina, rotto solo dallo scoppiettio del fuoco, fu invaso dalle voci dei suoi figli, dalle mille domande, dalle spiegazioni del motivo per cui avevano voluto a tutti i costi raggiungerlo nel piccolo paese. Era felice, felice come non lo era da tempo e in quella notte fece a sé stesso, una promessa importante: avrebbe tenuto viva di tanto in tanto, quella casa e avrebbe trasmesso ai suoi figli, quello che a sua volta aveva ricevuto. Sarebbe stato orgoglioso delle sue radici e delle cose genuine e vere con cui era cresciuto. E, mentre guardava il vecchio presepe e quel piccolo Gesù Bambino, pensò che anche per quel Natale un piccolo miracolo era avvenuto:  una nuova luce lo aveva illuminato, ricevendo un dono inatteso, un regalo speciale arrivato da molto lontano, forse da molto in alto: aveva ritrovato sé stesso e quello che di più profondo era racchiuso nel suo cuore! Strinse in un grande abbraccio moglie e figli e, guardando la neve che lentamente danzava, vide tra i fiocchi i volti dei suoi genitori, dei nonni che gli sorridevano e l’emozione gli fece versare calde lacrime… Con il cuore traboccante di gioia, ringraziò mentalmente gli autori di quel prezioso regalo e gridò a gran voce nella notte silenziosa:
                                  
                                    “ FELICE NATALE A TUTTI !!!!”
                                                                                                             


                                                                                     Lucia Marangoni

P.s.: Ho voluto dare i nomi ai protagonisti ricordando i miei avi; 
la valle è la Valdastico, il paese è Pedescala. Lucia

Natale 2013


Dammi l’attesa dei primi Natali,


quella d’un tempo ancora bambino,


quando bastava un fremito d’ali


e il tuo Custode sentivi vicino;


dammi la neve che scende leggera


e culla il sonno d’un seme piccino,


dammi la stella che sorge la sera


e che rischiara un arduo cammino;


dammi quel buio, che sfiora l’attesa


d’un improvviso e quieto bagliore,


dammi la luce, che pare sorpresa,


nel ritrovare, d’un tratto, l’ Amore.


Ada

lunedì 23 dicembre 2013

Classe 1901 nel 1921


by Clara

Caliverna


Sen soto Nadàle
fa un fredo can
la fogàra nel leto
le bugànse sule man

spalanco i balcùni
che i par rosegà
un fierùmene bianco
de acqua giassà

sgnaròchi de giasso
smaltà su par i viri
i fa zughi stranbi
come serti pinsiiri

un ragno 
ga laorà tuta note
a far terejine
fra le rame rote

ze tuto un candore
spunta un sorìso
son rento na fiaba
a son in paradiso

la siésa ze bianca
la strada na strìssia
tuto quel che vedo
el par fresco de lìssia

na gran brosemàda
co na s'cianta de vento
a far caliverna
basta un momento

ma un fià de sole
el taca spuntare
e tuto quel bianco
scomìnsia a suàre

la caliverna 
de stamatìna
sparìsse d'incanto
e ze tuto come prima...

Augusto Bertoldi
(parole sensa pretese,
grassie a chi le lese)

domenica 22 dicembre 2013

Festa della Mamma - Arsiero 1973 -


1° fila da sx:
Armida Lucca - Ida Astegher - Vincenza Fontana - Elvira Munari - Domenica Toldo - Rina Sartori - Perla Lorenzi - Rosa Fontana -
2° fila da sx:
Letizia Sartori - Bruna Sartori - Rosetta levatrice - Gloria Toldo - Narcisa Bonifaci - Maria Grazia Toldo - Romana Fontana - Norma Giacomelli -
3° fila da sx:
Ina Lorenzi - Liliana Fondasi - Gina Sartori - Marlene Cuccioni - Rosanna Bonifaci - Franca Emilia Piccinini - Marcella Filosofo - Floriana Lorenzi - Candida Munari - Renata Lorenzi - Giuseppina Busetti
(by Riccardo Stefani)

Festa della Mamma 1966

(by Riccardo Stefani)



1° fila da sx: Ida Astegher - Caterina Bonifaci - Vincenza Fontana - Norma Giacomelli - 2° fila da sx: Ina Lorenzi - Rosalia Pretto - Argenta Bonato - Maria Lorenzi - Armida Lucca - Candida Munari - Maria Nicolussi - Lena, moglie di Mario Costa -  ancora più dietro da sx: riconosco: - Erina Peduzzi - Marianna Lorenzi - Jolanda Toldo - Jole (moglie di Pepe) - Salve Toldo - Maria Fontana - Romana Fontana - Armida Stefani




Candida Munari - Marianna Lorenzi - Norma Giacomelli - 
Argenta Bonato - Vincenza Fontana - Rosa Fontana -


Norma e Rosalia Pretto

sabato 21 dicembre 2013

Che fredo


Madòna che frédo
che ze stà stanòte
zero tuto giassà
confà fusse un crote.

Tuta la note 
a go batù i denti
ca gò svejà fora
anca i parenti.

Ma a gò imparà un truco...
a ze stà un contadìn...
basta lassàre la dentiera
posà 'ntel comodìn.

Augusto Bertoldi
(parole sensa pretese
grassie a chi le lese)

Oggi primo giorno d'inverno
















Potenza del nome

[Gianni Spagnolo © 25A20] A ben pensarci, siamo circondati da molte cose che non conosciamo. Per meglio dire, le vediamo, magari anche frequ...