venerdì 20 dicembre 2013

Riflessioni esiliate


La visita all'interessante mostra fotografica allestita a Casotto da Armando Serafini (l'amico Sera) e la frequentazione del suo blog, unita alla contemporanea presentazione del bel libro fotografico di Delmo Stenghele nel centenario della prima guerra mondiale, mi induce alcune riflessioni che vorrei condividere con voi.

I nostri imperiali vicini di Casotto hanno fatto del profugato a Braunau am Inn la loro epopea. Hanno conservato documenti, foto, ricordi di ogni tipo, pur nelle ristrettezze di mezzi di allora. Li propongono senza reticenze e con la voglia di ricordare, approfondire e fissare nella storia quella esperienza, senz'altro triste e dolorosa, che ha tuttavia segnato la memoria collettiva e identitaria del paese.

Da parte italica questo mi pare non sia affatto avvenuto, anzi, sembra un argomento tabù, rimosso, privato di una qualsivoglia rilevanza nei ricordi collettivi. Eppure è stata una esperienza altrettanto traumatica (almeno stando alla sensazione che ne ho percepito io da racconti di familiari), forse soltanto mitigata dal fatto d'essere avvenuta in territorio nazionale e in relazione con connazionali. 
Certo furono diverse le circostanze: non uniti e circoscritti in campi di baracche, ma dispersi in vari paesi, non stranieri, ma spesso trattati come tali.
Non ho mai visto foto, diari, libri sul profugato della nostra gente (salvo qualche resoconto di solerti parroci che si sono ben spesi per tenere unito il gregge disperso); eppure è durato un bel po’ e non dev’essere stato certo una passeggiata per i nostri. E non parliamo del ritorno.


La prima guerra mondiale ha devastato la nostra terra, gli affetti, le comunità, il tessuto sociale, l’economia, distrutto le case, divelto campi e boschi, cambiato panorami; ucciso i figli. L’intero piccolo mondo dei nostri vecchi è stato sconvolto. Li ha espianatati da una terra sulla quale vivevano da secoli con riti immutati. 
Li ha dispersi per una nazione giovane che non conoscevano.  
E di tutto questo non è rimasto niente!

Per contro sappiamo con puntigliosa precisione la collocazione di ogni cannone, nido di mitragliatrice, reparto, ospedale da campo, trincea, arroccamento, galleria, teleferica  o cos’altro sia stato installato o avvenuto sul medesimo territorio durante la guerra. Le eroiche gesta di ogni medaglia di un qualche metallo.  Fiumi d’inchiostro a rivangare l’unica guerra che abbiamo vinto, in ogni suo più recondito aspetto. 
Ad esaltare la grandiosa opera di ricostruzione destinata a proiettare nel futuro queste povere retrograde lande, tralasciando il fatto che forse si poteva primariamente evitare di distruggerle. Non era inevitabile quella guerra.
Tutto è stato scritto e riscritto, … eccetto i i suoi veri e non retorici effetti sulle nostre comunità. 
Effetti collaterali, si dirà. Certo, l'abbiamo sentita tante volte questa cinica frase, anche in tempi recenti; è il triste corollario di ogni guerra. Fin che non ci tocca. 
Ma questa ci ha toccato; eccome!

La vittoria del conflitto sembra aver messo la sordina ad ogni approfondimento sulle sue cause e ricadute. Allevati nel mito dell’Ortigara e del Piave, delle vittorie mutilate, anestetizzati dal  bellicismo accattone ma imperiale,  dalle cappe ideologiche del secondo dopoguerra e dalle piccinerie nostrane, non siamo riusciti mai a riflettere su noi stessi con serena obiettività e senza pregiudizi; a formarci una forte coscienza identitaria.
Forse anche questa è una delle ragioni dell’inesorabile declino che ci umilia.

Ma potrebbe anche essere solo una mia estemporanea sensazione, forse altri hanno esperienze diverse; chissà!
Parliamone.
Gianni Spagnolo




24 commenti:

  1. Carissimo Gianni, fai bene ad affrontare e far affrontare l'argomento. Ne parlavo proprio stasera con un consigliere comunale: siamo stati il teatro della Strafexpedition, il baluardo verso il dilagare nella pianura del "nemico", abbiamo pagato e strapagato una guerra inutile con perdite che si sono estese agli incidenti del dopoguerra, e abbiamo avuto generazioni di senza memoria... la mancanza di memoria uccide il futuro, lo si sa da sempre...
    Quanta economia i vicini trentini hanno promosso, per esempio, riproponendo fatti e luoghi; solo dal Forte Belvedere, per esempio... E noi ad emigrare e dimenticare... Ecco, forse la lacrimosa emigrazione, che si è ingigantita dopo la guerra, ha causato la perdita di memoria... perché di perdita di memoria si tratta... finché qualche anima volonterosa e generosa ha fatto e sta facendo qualcosa… Ma i "politici" non fanno e non han fatto nulla per la memoria ... forse si sarebbe potuto limitare un poco di emigrazione, una alternativa per alcune famiglie; aggiungi i motivi di turismo che avremmo, con un po' di impegno, realizzando un museo diffuso... trincee, gallerie, rifugi, postazioni, guide ad illustrare gli avvenimenti nei luoghi del loro svolgimento... Dietro il Colletto, per esempio, si leggono ancora le tracce dei baraccamenti, delle postazioni, dei depositi, gallerie… tutto ricostruibile e facilmente escursionabile (passami il termine). Si otterrebbe più di quel che si è ottenuto sul Novegno; ed in valle
    altrettanto, indicazioni ne hanno Offelli, Delmo, Cortelletti per ricostruire luoghi fatti per il nostro museo diffuso. Da integrare con gli eventi dei secoli precedenti: abbiamo studi di Tarcisio Bellò, Maculan, Spiller per citarne alcuni… Purtroppamente invece, che mi risulti, nemmeno un centesimo è stato chiesto dalle amministrazioni della valle, degli stanziamenti che la Regione ha messo a disposizione per la memoria della prima guerra mondiale, in occasione del prossimo centenario.
    E, ripeto, siamo nel cuore dei luoghi della Strafexepdition! E' una vera vergogna!

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  2. Eh già, caro Alago, hai detto bene: uccidere la memoria è uccidere il futuro. Chi fa questo può manipolare agevolmente la storia e con essa gli uomini. Probabilmente non è un caso, è una prassi.
    Uomini senza memoria, consumatori in balia di ogni moda, tabula rasa sulla quale scrivere qualsiasi insulsaggine; ecco a cosa siamo ridotti.

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  3. Per questi uomini e famiglie, profughi sul territorio nazionale e "collocati al gradino più basso della gerarchia sociale" come dice lo storico Gustavo Corni, il primo desiderio, dopo guerra, deve essere stato di dimenticare questo periodo terribile. "Profughi nella grande guerra" scritto, con documenti d'epoca, da Silvana Battistello porta qualche schiarimenti sulla storia dei profughi della valle. Sono stata sorpresa di costatare in quale condizioni di igiene essi vivevano in certi paesi della pianura vicentina. SB dice che erano considerati dalle popolazioni locali come "diversi", sospettati talvòlta di essere spie austriache ! Le risorse alimentari disponibili erano scarse, per tutti, e condividere non era facile.

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  4. Ahh benedeto che pignata te scoverzi. Ma hai ragione, tutto è stato nascosto sotto la coperta militare dell'oblio. Il dolore, la vergogna, lo sfinimento, l'incultura, la rassegnazione, la sopraffazione, le convenienze, la miseria, tutto ha contribuito a scrivere questo vissuto sul giasso e ormai è tardi. Anche l'Italia, a ben guardare, è stata imbroiata sù ala vateciava come il comune di Valdastico e infatti durerà fin che dureranno le convenienze.

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  5. Questo è indubbiamente un argomento che merita una riflessione attenta e mirata.(Grazie Gianni)Perché il periodo del profugato è stato vissuto in maniera diversa dai dx.o sx. Torra? Personalmente mi limito a trasmettere racconti di mia madre vissuti al campo di Braunau, tale periodo fu duro ma vissuto dalla nostra comunità abb. bene.
    1)°La comunità casottana era concentrata quasi tutta a Braunau con comunità sorelle di Pedemonte e Lavarone.
    2)°Il campo profughi godeva di molta autonomia,era molto vivo con nascite e matrimoni.
    3)°Le varie comunità erano molto unite e coese,i rapporti di amicizia e fratellanza sono continuati anche dopo il rientro in Italia.(Ricordo che una mia zia con altre casottane si recavano spesso a piedi a Terragnolo, o Mezzomonte a rendere visita a coetanee conosciute al campo.
    4)°Una fede verso le autorità politiche e religiose incrollabile.
    5)°L' accoglienza dei contadini locali (bacani) buona.

    Ricordo che per l'anno prossimo, ci saranno in trentino cerimonie per commemorare il centenario della prima guerra mondiale e per commemorare e rendere omaggio agli 11501 soldati Trentini T.morti. ( 62 di Pedemonte e Casotto).
    Concordo con gli amici Gianni e Alago, poco si è fatto per il nostro territorio,per la nostra valle ma, non è mai troppo tardi il 24/5/ 2015 è ancora lontano. Armando.

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  6. Signori non vogliamo paragonare,quello che non é paragonabile.Qui siamo di fronte a due popoli di
    discendenza e di culture diverse.Tre secoli di dominazione dei TRAPP ha lasciato traccia nei Destra
    Torra:Dio,Patria,Famigia era la divisa.A forza di servire l'impero in tutti i suoi possedimenti si credettero
    "austriaci".Il primo trauma lo subirono quando arrivati in Austria si sentirono chiamare dalla gente
    "italianische Fluchtlinge"(profughi italiani).poi quando furono rinchiusi nei" K.K.barachenlager" a Branau.
    La fame ,il gelo,il fango,i pidocchi furono i loro compagni per quattro anni.E fuori la scritta"Italianische raus"
    Il profeta GEREMIA della Bibbia...."incipit lamentatio.".....altro che gli ebrei a Babilonia.
    Il nostro paese non subi' un simile trauma,poichè le grandi famiglie avevano tutte dei parenti e conoscenti
    giu' alla bassa, in un primo momento.A lungo andare fu un po piu' difficile....ma l'indole italica sa adattarsi,
    abituata come è a prenderle.Dimentica presto e poi avevamo guadagnato la guerra NOI.!!
    A parte mio fratello"il Moro calzolaio"e mio zio Stefano(el parco) mai nessuno della mia famiglia ha mai
    parlato del profugato e anche loro due,mi parlarono per avvenimenti che nulla avevano a vedere con
    quella situazione.

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  7. Avevo esordito dicendo che l'argomento meritava una attenta e mirata riflessione.Infatti è arrivato puntuale l'illuminante pensiero di Lino ,ne avevamo proprio bisogno.

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  8. Scusami Lino, ma l'asserzione circa due popoli di discendenza culture diverse che abitano a due km di distanza non la condivido, è insostenibile e antistorica. Che ogni piccola comunità della valle abbia le sue particolarità e manie è vero, ma le divisioni sono molto più artefatte e recenti di quanto si creda ed enfatizzate dagli avvenimenti politici degli ultimi due secoli. Come ha scritto Alago in un commento tempo fa, basta scorrere i registi parrocchiali superstiti della zona per rendersene conto. Ti invito a riflettere sul fatto che sono sempre state le donne a formare gli uomini e mentre gli uomini rimanevano legati all'asse patriarcale, le donne si spostavano eccome accasandosi da un paese all'altro lungo l'intera valle, altrimenti ci saremmo già estinti da secoli per gli effetti della consanguineità.

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    1. Mi domando sempre come si incontravano i nostri antenati ed in quali occasioni, quando non c'erano ancora i mezzi di comunicazione di oggi ? Le strade non erano molto praticàbili fine 1800 inizio 1900. Non parliamo dei anni 1700...Eppure, vedo che, nella genealogia della mia famiglia, ci sono antenate di Lavarone, di Luserna, di Brancafora, di Torrebelvicino ecc...

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    2. Ma navano a pie, logico, tuti navano a pie. No servono mica strade per nare a pie bastano gli strodi e con gli scurtoli e i taioni si rivava in Luserna a pie prima di rivare desso con la macchina a Schio.

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    3. Grazie Anonymous, questo l'avevo capito anch'io che andavano a piedi. Non hai risposto alla mia domanda : in quale occasioni ?
      Ci vuole un scópo, tempo, forza e volontà per fare ore di strada a piedi.
      Adesso, con le macchine è molto più facile. (e la scèlta più larga)

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    4. Odette! Andavano a pascolare... e trovavano pascolo, nèmo, dai!

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    5. Navano anche ale sagre, a catare i parenti, a tender vache, a servissio, a provedare. Quando che una famiglia ciaveva massa troppi figli da mantegnere bisognava che la ghinprestasse qualcheduno a chi era più bacano e poteva dargli cibo in cambio di lavoro in casa. Sai quanti bocchiette conobbero i paesi intorno in questo modo?

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    6. Grazie per le precisioni.
      Insómma erano sempre sui sentieri, sebbene calzati di "sgalmare", e col mal di piedi.
      Per fortuna, talvòlta, dopo aver tribolàto un bel paio di kilometri, con i piedi sanguinolènti, appariva a loro Wonder Woman, la femme qu'ils attendaient.
      Non avevano la vita facile in quei tempi !


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  9. Ah ben ciò, a no ghe mancava altro chel Philo se metesse a discorere de casotanerìe col Baise. Assa perdere benedeto, che te lo mìni a nosse. Non sono della nostra schiatta loro, nossignori, i Baise sono come gli Inca. Ma come mai ti cimenti nel blog? Hai chiodato le pattine? Ti prude il deeto per il mio imperversare? Vanti dei, visto che siamo a natale, perdete via un fià anca ti.

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  10. Alleluia Philo, ...speriamo che questa volta si sia deciso a intervenire più frequentemente, visto anche che il suo alter-ego pare benevolmente acconsentire. Ma poi che gliene importa di questo castigo, semplicemente non lo badi. Son convinto che avrebbe molte cose interessanti da dire, non abbia timore, tanto nel blog non c'è il parquet, ma solo vecchie tavole da solaro.

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    1. Gianni, "L'alter-ego" ha già la bady ! Philo può, comodaménte, mettere in opera il suo libero arbitrio.
      Ragione di più, la domenica, hai notato che cròte, cicara, e compagnia bella, sono assenti sul blog, quel giorno preciso ?

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  11. A no me cato pì, faccio sempre più fatica a ciapparmi. Fra Cicare, Crote, Lino che fa el pressioso e l'Odette che la ghe va drio al Philo, Gianni che gigioneggia, quive non è più come prima. Alora me meto in triduo natalissio, meditabondo e ascetico. Buon inverno a tutti.

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  12. Mi sa che te fe el geloso desso.
    Te ghe vole el triduo solo par confessarte. Se no te te cati pi, xe parchè te te serchi dove ca no te ghe si. Noialtri te trovemo sensa sercare, anca ntela nebia. Prima che te te miti in levitassion, voria domandarte se te ghe fato el presepio, presempio ? La to nevoda te gala invita per Nadale o te gala invia un pachetin come el vecio della storia ? Varda che qua, sul blo, i te vole tuti ben se te fe el bravo.

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    1. E anca se no fè el bravo. Brào!

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    2. Paraltro! Fato l'albaro el preseppio e anca la stela. Manca el Bambinelo stanote e i Re Magi al 6, ...ma speto che rivè valtri. Se no riva i Magi, va ben anca la Befana. Approposito de silimitudini: Catorno me paragona a Smeagol, Giani a Mr. Scrooge, qualche a altro al Mr. Hide,... tuta gente di specchiata virtù, parcarità. .... però la me psiche ghin risente ciò de sti accostamenti.

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    3. Mi, fin ca no te go visto, no posso dirte con chi te ghe sIMIlitudini, no voria sbaliarme. Esito fra esseri di finzione ed altri di fissione. Qualche volta te te truvi pseudo chi lassa a desiderare.
      La Befana Bady ghe sarà sensaltro. La Miri no credo, co le risposte che te ghe ghe fatto... Noialtri sarà difissile, senza l'indirisso. Prepara el paneton, no se sa mai ! Mi logo fato ancò, "fato casa", ciò. Stasera crostacei al menù.
      Go visto sul blo de Casotto che te sirchi un tesoro. Lo ghetù trovà ?

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