mercoledì 25 dicembre 2013

El nostro caro àlbaro dela piassa


L’aria era fresca e odorava di muschio, l’attesa della messa di mezzanotte era palpabile, ma mancava qualcosa, forse la neve. 
Esco da via S.Barbara e guardo compiaciuto il grande abete natalizio della piazza, le semplici lampadine colorate di rosso lo rendevano importante e il suo profumo si sentiva per tutto il centro del paese. Quando Emo e Armando Ninato lo vestirono a festa io ero lì e guardavo stupito tutte le mosse che i due dedicavano a lui; inebriato dal suo profumo intenso di resina, toccandogli gli aghi, sentivo ancora il lungo addio che aveva gridato al suo bosco, lassù in montagna al momento del taglio. 
Finito di tirare i fili elettrici della lampadine, Emo guardandomi diceva sempre la solita frase: ”stasera vignì qua e spaché le lampadine che ve tàjo le man”... tassativamente al plurale, visto che non eravano pochi quelli che bazzicavano la piassa
Ricordo che qualche boccia di neve ogni tanto faceva esplodere qualche lampadina, ma era raro, in qualche modo tutti rispettavano il grande albero di natale e poi in quei giorni eravamo tutti vestiti bene e sporcarsi di resina era un suicidio.
Verso le nove c’era carosello, andavo spesso dai Lussi in fondo alla via, loro avevano da poco il televisore; calimero non fece in tempo a dire che era piccolo e nero che entrò in casa la Orsola: ”ma cossa feu qua che fora zé drio nevegàre!" Via fuori, sotto la fioca luce stradale, di corsa verso la piazza, ma non vedevo nessun fiocco di neve, forse era una presa in giro e ritornai da carosello. "Valà Orsola... cossa ghetu visto, dove zé che névega?” La buona Orsola si girò e convinta disse: ”la vaca in stala se gà butà e vol dire che riva la neve”... 
Dopo la previsione ritornai sotto il tavolo a gustarmi gli ultimi caroselli. 
La sera proseguì regolare, il nostro albero si dondolava cullato da un leggero vento freddo e le sue luci tintinnavano come un richiamo, da sotto le coperte lo pensavo ricoperto dalla neve che Orsola aveva previsto. 
I passi leggeri della mamma che salivano le scale, il cigolìo di qualche scalino in legno e il silenzio totale che proveniva da fuori, fu il risveglio di quel giorno di Natale. “Ghe zé la neve, te sarè contento”... 
Bastò questa frase e con un tempo da record ero già fuori sulla via, il cielo era azzurro chiaro e a terra non c’era tanta neve, quasi niente, la piazza era leggermente tinta di bianco solo dalle parti, ma il mio albero era coperto di neve, tutti gli alberi erano coperti di neve, solo loro, dai larici sotto la prima Giòa ai pini sotto il Sojo, era, come un dono speciale, solo per loro, per quella mattina di Natale di tanti anni fa.
Piero Lorenzi

3 commenti:

  1. Non bruciare mai il sogno che vive dentro di te e fa volare la tua mente. Non lasciare che il vento spenga quel fuoco che illumina la notte e riscalda il tuo cuore affinchè l'amore sia sempre quella fiamma che non muore. (Antonella Riviello)

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  2. bellissima sembra una favola

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  3. Grazie Piero x avermi fatto ritornare una di quelle banbine che bazzicavano la piazza
    e che erano felici quando arrivava l'albero...era quasi Natale.

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