Gli uomini del bosco
dell’Altopiano e della Valdastico
dell’Altopiano e della Valdastico
Ci vuole veramente poco a far riaffiorare i ricordi del Nonno! Basta una parola, una situazione, una domanda e, come un fiume in piena, tutto torna presente come un tempo. Le sensazioni che sembravano coperte dalla polvere degli anni, riemergono e tutto si fa vivo nella mente, negli occhi e nel cuore. Si, perché quando il Nonno racconta si può leggere sul suo viso come in un libro, la voce tremante e gli occhi bagnati…Tutto il suo essere è rapito dal ricordo di tempi passati, lui, uomo del bosco comincia il suo racconto…
La pioggia, dapprima leggera, poi sempre più scrosciante gli fa rivivere attimi di paura come quando nel 1960, l’Astico ruppe gli argini sradicando alberi e mettendo in pericolo le case e la segheria …Attimi di paura impressi nella memoria, per sempre.
Quando arriva l’inverno e la neve cade abbondante, la sua mente ritorna sulla strada della Rocabisa, quando rimase bloccato nella bianca distesa con il suo camion. Era andato a caricare tronchi per portarli a valle, con lui c’erano i fratelli Dal Pozzo (Sasséto), i fratelli Toldo e insieme, con fatica, cercarono di farsi strada per poter tornare a casa.
Interminabili ore, quasi un’odissea!
Sembra un puzzle, i pezzi di storia si ricompongono, i ricordi si sormontano, quasi a voler uscire di prepotenza…
Come una litania antica emergono nomi di boscaioli e carrettieri, ogni nome non è solo un nome, è un volto, è una voce, è un episodio di vita…
Rino Lele, carrettiere che esboscava i “lotti” nella Giossa in quel dei Manassi,
Uomini del bosco, bosco fatto di odore di rasa, di sapori antichi, di colori stupendi, di canti armoniosi, di rumori discreti, di lavoro, di voci…
Gino Piuco da Canove, il Barutti dai Pennar, il Mino, l’Alfredo, il Ciaci, l’Angelo, Guido Rela dalla Gaiga e il suo compagno Zotti Domenico detto (Meni).
Le guardie forestali, il capo guardia Bruno Schirati, il maresciallo Tognon, la guardia boschiva Marino che durante la misurazione del legname calcolava a mente la cubatura e in un attimo sapeva dare il risultato totale…altro che calcolatrici e computer!
Voci e volti di tanti uomini del bosco, uomini duri, rudi, ma con un grande cuore…
Giovanni Tomese e Sciran, che con i cavalli appaiati riuscivano a tirare fuori dal bosco, in località “Buso Caldo”, tronchi da due metri cubi…
Ancora ricordi, ancora senzazioni perdute che ricompaiono…
Ora gli occhi del Nonno si inumidiscono…e ricorda quando durante il suo lavoro in montagna perse la “véra”, se ne accorse al suo ritorno a casa, si può immaginare l’enorme dispiacere...Non era certo facile, a quei tempi ricomprarla, era improbabile ritrovarla, aveva piovuto molto e il bosco riesce in mio restituì quel prezioso tesoro…Fortuna? Chi può mai saperlo! Fatto sta che quel giorno è stato certamente un giorno da ricordare!
La foga del racconto è incontrollabile…I ricordi si accavallano, non seguono più un filo logico, si susseguono disordinati, ma limpidi e chiari… Ricordi di cose sentite dire, raccontate da altri, ma che sembrano quasi vissute in prima persona…
Le aste per l’acquisto dei “lotti” di legname venivano battute principalmente nel mese di aprile per poter aprofittare della luna calante del mese di maggio; era ritenuta la luna “bona” anche per una rapida essicazione dei tronchi.
All’asta partecipavano tutte le diverse squadre di boscaioli dell’Altopiano e della Valdastico, a tutti i costi bisognava accaparrarsi il lavoro per la stagione estiva, il duro lavoro che avrebbe garantito il sostentamento per tante famiglie.
Tony Moro era un capo squadra che pur di avere il lavoro spesso faceva un magro contratto da suo compare, Nane Ottavio che si era lamentato, rispondeva che se il contratto era magro, bisognava ingrassarlo con i “brassi”…La giornata lavorativa iniziava dalle stelle e terminava con le stelle, così tra duro lavoro, fatica e tanta buona volontà, le giornate degli uomini del bosco trascorrevano lente.
Un altro personaggio di rilievo era Piero Zanella (Danéla), lui sapeva fare bene il suo mestiere, tagliava l’abete armonico (pesso noselaro) con soddisfazione, dicendo che quello era un buon legno.
Non poteva certo sapere che quel tipo di legno era pregiato, serviva a costruire strumenti delicati come violini e chitarre. A coloro che osavano contraddirlo sul suo lavoro, alzava il suo dito in segno di ammonimento… quel dito, ancor oggi è presente nei ricordi del Nonno…Lo paragona al dipinto della Cappella Sistina, (la creazione dell’uomo) dove il dito proteso è il tocco della vita.
Vita diversa, vita d’altri tempi, vita piena di valori profondi, dove la parola data valeva più d’ogni altra cosa, dove le difficoltà univano tutte le persone.
Bruno Toldo, altro carrettiere da ricordare; un piccolo difetto fisico lo rendeva più debole agli occhi di tutti, ma lui, uomo orgoglioso, rifiutava l’aiuto di chi cercava di dargli una mano. Nella località “Frattoni” riusciva a caricare il suo “biroccio” da solo, per dimostrare che non era inferiore a nessuno…
E gli animali? Avevano un ruolo importante per il lavoro degli uomini, erano sempre al loro fianco, dividevano fatica e cibo, giornate di sole o di pioggia, nel bosco e fra i sentieri che percorrevano i monti e le valli.
Famosa in quei tempi era la mula di Gelindo Pesavento detto Fiòssaro, nessuno riusciva ad avvicinarla; tirava doppiette da poter gareggiare con il mitico Pelè, ma, con una giacchetta intorno agli occhi, il suo padrone le metteva le briglie e… tirava i tronchi con una forza senza pari! Tutti parlavano della sua bravura!
Ancora ricordi, ancora episodi di vita…Magari più vicini ai nostri giorni, ma sempre carichi di significato per chi ama la montagna in ogni sua più piccola forma, ed è quello che si può capire, nei meravigliosi racconti del Nonno…
Posti diversi, motivazioni diverse…
A sostituire la croce in larice logorata dalle intemperie, sulla Cima Dodici ci sono molti amici della montagna, ma anche un compagno inusuale: il Vescovo Antonio Mattiazzo! Lui, un uomo di DIO, quel giorno un uomo come gli altri, che con fatica e sudore ha percorso quel sentiero per arrivare sulla cima, benedire e piantare la nuova croce.
Emozioni senza confronto, scolpite sulla roccia, nel profondo dell’anima, impresse nel cuore. Quel cuore che batte più forte quando si pensa, si ricorda, si racconta…
Come in un film si rivedono volti, si sentono suoni e voci, fatica e sudore, preghiere e imprecazioni che hanno segnato il cammino di tanti uomini, gli uomini del bosco.
Pensando a tutti coloro che hanno percorso mulattiere, sentieri e boschi per guadagnarsi da vivere, di giorno o di notte, sotto la pioggia o il sole, per tutte queste persone, ogni anno viene celebrata una S. Messa al capitello della Cingella.
Nel 1982, Edoardo Sella e Don Romeo Martello pensano di ricordare così i loro padri, entrambi carrettieri e tutti coloro che sono transitati per quel duro sentiero e l’iniziativa viene accolta favorevolmente dalla popolazione che partecipa numerosa.
Ancor oggi, a distanza di tanti anni, questa tradizione continua in ricordo di un tempo passato, ma con la speranza che le generazioni future portino avanti questi piccoli segni che sono parte viva della nostra vita, delle tradizioni della nostra gente e che resteranno tali solo se con forza si vorrà farle resistere a dispetto di tutto ciò che il progresso ci induce a dimenticare…
Lucia Marangoni
Questo racconto mi ha fatto risuonare nelle orecchie il rumore delle catene che tenevano i tronchi in discesa dalla Singela , ai Lucca si sentivano anche un quarto d'ora prima del loro arrivo , era il momento della merenda ed io mi appoggiavo all'antico muretto davanti alla fontana con la mia "ciopa de pan" e li aspettavo godendomi lo spettacolo pìi bello del mondo. Nella mia testa di bambina non pensavo alle loro fatiche ma mi piaceva annusare l'odore di resina e cacca di cavallo.........come è strano l'essere umano!!!!!!! Floriana
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