Nella stradina bianca che divideva la vallata in infiniti pezzi di
papaveri e di grano, c'era un piccolo rivo, che scorreva a costeggiarla.
In inverno, dopo le nevicate di Natale, correva veloce, portando con sé
le bacche rosse del biancospino.
In estate, quando i temporali estivi
facevano sorridere il borgo con l'arcobaleno, il suo corso durava poco e
rapido si perdeva in mezzo ai rovi delle more e della rosa canina che
faceva ombra a quel sentiero profumato di terra.
La sorgente era
nascosta da grandi alberi e quella tremante voce di acqua era nascosta
nella notte dai grilli e dalle rane innamorate, dagli uccelli notturni e
dal vento che correva impazzito ma leggero tra i rami della pineta,
conosciuta solo dalle lucciole che lì in estate si perdevano negli
intrecci d'amore.
In quel piccolo pezzo di bosco, c'era un luogo
nascosto che profumava di sole e di lago, di grano e di orzo, di rose e
di mattino, ed al crepuscolo sembrava magico perché i pollini danzavano
sulle teste dei papaveri ed il silenzio scendeva lentissimo ed una luce
azzurra, piano piano, abbracciava ogni cosa.
Si racconta nel borgo di un
amore grande, vissuto in silenzio per anni in quel luogo protetto e
delicato, un amore forte, i cui sospiri vivono ancora oggi nel respiro
del vento. Non si sa quando il destino decise di far incontrare i due
innamorati: la donna anziana del villaggio, che conosceva ogni cosa,
raccontava che nella culla era già deciso quel destino, quando nella
notte di San Giovanni, in mezzo all'acqua benedetta, tutti i fiori del
giardino profumarono la camera della giovane tessitrice e quell'odore di
terra e di vita la condusse nel campo di un giovane pastore, di cui si
innamorò per tutta la vita. Si dice che persino i suoi occhi cambiarono
colore, divenendo scuri come quelli del giovane, ed i battiti del suo
cuore accelerarono, legandosi per sempre ai suoi e le sue mani cambiarono
pelle ed i capelli avevano il suo profumo di notte, quando sognandolo si
addormentava. Per mesi, ogni sera lei aspettava quegli occhi, seduta
sulla riva della sorgente, a cui era arrivata seguendo la luce della
luna del grano biondo e del fieno che profumava quei baci sognati e poi
dati quando il sole scendeva dietro il bosco.
Si diffondeva nella valle
l'eco dei piedi dei bambini del borgo che saltavano a corda e giocavano
alzando la polvere del terreno bianco nei giorni di giugno e battevano
anch'essi come i loro cuori, prima più veloci, poi più lenti. Spesso,
quando erano l'uno accanto all'altra, gli innamorati, restavano in
silenzio e solo il respiro ed i cuori si intrecciavano mentre i grilli
facevano salire il loro canto ed il crepuscolo scendeva sui tetti ed in
mezzo agli alberi del bosco. Lei si stringeva nel posto che occupava lui
nelle sere calde di giugno, chiudeva gli occhi per sentire, in mezzo al
profumo di lago portato dal vento, quello di quell'anima gentile, e
sorrideva quando riusciva a sentirlo, prima che arrivasse. Sentiva il
cuore di lui battere lento, e quel suono così diverso dagli altri della
sua vita, la accompagnava a casa quando a piedi camminava nelle stradine
che annunciavano la notte, si addormentava con nelle orecchie e
nell'anima quel suono di vita pura, l'unico canto che avrebbe seguito
ogni giorno, senza chiedersi se conducesse ancora alla sorgente con i
picchetti dei papaveri. Aspettava intere giornate quei passi lenti,
spesso stanchi, li sentiva avvicinarsi, li sognava ogni notte insieme al
sorriso diverso da tutti gli altri del mondo, e quando erano vicini
restava il profumo del lago ed il rosso dei papaveri a proteggere dal
mondo quel sentimento forte e gentile, a farlo restare eterno, in un
sorriso che non finiva mai e che ancora oggi il vento ne porta l'eco,
donando eternità al quell'amore così puro del borgo, voluto dall'acqua
della sorgente profumata di rose e che ancora l'acqua racconta, a chi
passando, si siede sulla riva come i due antichi innamorati, ad
ascoltare un riso lontano, una voce chiara, un sospiro perduto una notte
calda tra terra e cielo.
L'odore del fieno di giugno
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