mercoledì 12 ottobre 2016

Gestire con dignità il declino

E' dura reggere in questa fase in cui c'è un'energia distruttiva di proporzioni raramente viste, almeno nel corso della mia vita (ed io ho avuto la fortuna di nascere negli anni 50).
Lo stesso Papa Francesco si sta impegnando a fondo per farlo, sta innovando, sta agendo con una determinazione che raramente avevo visto nella Chiesa. Eppure...
Ricordate il tardo romano Impero? Si dissolse quando i vizi ebbero la meglio sulle virtù, quando venne meno il senso dell'appartenenza, quando nuovi popoli avevano più "fame" di potere e di sviluppo.
La natalità ha toccato il suo punto più basso (1,33 figli per donna in età fertile), i morti superano in modo significativo i nati.
Non abbiamo più investito nel futuro: infatti non si fanno figli per motivi economici o per assenza di servizi (anche questo pesa, ma non è l'essenza del problema), non si fanno più figli perchè non crediamo nel futuro, abbiamo paura del futuro. Oltre che del presente. Un presente popolato da anziani che rincorrono il giovanilismo, che hanno paura di invecchiare, che si definiscono a 75 anni diversamente giovani...
E allo stesso modo nemmeno gli imprenditori investono: gli investimenti sono crollati nelle aziende manifatturiere. Non solo per le tasse, per le difficoltà oggettive. ma perchè non si crede nel futuro. In una nuova fase di sviluppo. E cedono le redini, in assenza dei figli ai "nuovi padroni", una generazione di imprenditori stranieri, molto spesso venuti dall'est o dal nord o di amministratori senza anima e tradizioni. L'industria calcistica, travolta dai debiti, ne è un fulgido esempio.
I giovani hanno perso la voce. Non protestano nemmeno. Eppure ne avrebbero diritto. E sono giovani bravi, intelligenti. Quelli che escono dalle università (i nostri sono i meno numerosi d'Europa a laurearsi) fanno fatica a trovare un lavoro adeguato a quanto hanno studiato. Non vedo brillare nei loro occhi la speranza del futuro. E sono occhi che per troppo tempo si perdono nei tablet e negli smartphone.
Siamo probabilmente all'inizio di un declino.
Ogni civiltà del resto ha un inizio, uno sviluppo ed una fine. Quella occidentale sembra aver imboccato il crepuscolo. 
Almeno gestiamolo con dignità.
Sarebbe già una buona cosa. Il declino non significa necessariamente che tutto si sgretola, significa che non si ha più l'energia, la potenza ed il benessere di un tempo.
Non si influenza più il resto del pianeta perché il centro delle decisioni e del potere si sposta (nel nostro caso ad Est). 
A noi e chi resterà dopo di noi, il compito difficile di adattarsi ad una situazione nuova, fatta di minori risorse economiche e di minore peso politico mondiale: ne può nascere, e non è un paradosso, bensì un auspicio, un nuovo modello di vita.Alberto Leoni

1 commento:

  1. No caro mio, ..a no xe mia dito, setu, che biogne sempre rassegnarse. Uno pol doparare la spada par combatare o par tajarse la cinghia dele braghe, dipende da elo. Se dopo la se dopara anca par tajarse le balote, come che me par ca semo drio fare, alora la xe compia.

    RispondiElimina

La vignetta