lunedì 3 ottobre 2016

Contra' CHECA

Devo confessare che sono un po’ di parte a scrivere dei Chéca; non perché vi sia nato o vi abbia abitato, ma perché lì stava mia nonna  materna e ora da qualche anno ci abita mia madre e a questo luogo sono legati bei ricordi della mia fanciullezza. 
Questa è una contra’ antica, la più prossima al paese, tuttavia appartata, ai margini del traffico veicolare, ricca d’acque e prati e con ampie possibilità di gioco. Nei primi anni sessanta brulicava di vita e di gioventù, specie nella bella stagione. Quasi tutte le case erano abitate e per i ragazzi della piazza era un naturale approdo, tanto più che il vecchio cimitero era stato adibito a parco giochi dell’asilo e attrezzato con qualche giostrina.

L’antichità delle contra’ di San Pietro si può generalmente desumere dalla loro vicinanza alla chiesa: più vi sono lontane e più recente dovrebbe essere la loro formazione. Questo partendo dal presupposto che i quattro o cinque abituri dichiarati esistere nel 1300, fossero raggruppati attorno all’Ospizio (e non sparsi, come a Brancafora) e che le contrade siano nate in seguito al dissodamento di porzioni più periferiche di territorio legate all’incremento demografico e/o all’insediamento di nuove famiglie.  Per queste ragioni e per la struttura delle abitazioni più antiche è ragionevole pensare che il primo nucleo della contra’ risalga al XV° secolo. 
Questa è la corte familiare dei Gianesini e dal soprannome di una di queste famiglie ha mutuato il proprio. Chéca era infatti una loro menda in quanto essi mantennero nei secoli la tradizione di rinnovare nei maschi il nome Francesco (Chéco, in dialetto). L’ultimo esponente di questa stirpe credo sia stato Tita Mondo, mitico e burbero camparo nel primo dopoguerra.  
Tuttavia la contra' non è mai documentata con questo nome e il luogo era genericamente identificato come via delle fontanelle dalla strada che congiungeva contra' Fontanelle con la Campagna. Le proprietà fondiarie lungo questa arteria sono prevalentemente intestate ai Fontana e ai Gianesini (intervallate da alcuni grossi appezzamenti dei Toldo (T11) e dei Lorenzi) e con incidenza proporzionale alla vicinanza ai rispettivi abitati. Non abbiamo tuttavia certezza di come si chiamasse la contra' in antico, né chi fossero i primi abitatori. Le ipotesi precedenti si basano su documenti degli ultimi tre secoli e sulla sostanziale stabilità dei possedimenti; questo però non è  un criterio indiscutibile, anche considerate le periodiche epidemie che colpirono le nostre comunità nei secoli e poterono condizionare sensibilmente la presenza delle famiglie sul territorio.

I Gianesini erano anche massicciamente presenti nella vicina contra’ Campagna, che probabilmente si costituì come propaggine dei Chéca stessi.  Nelle sua storia del paese,  Don Giovanni Toldo ricorda che qui fossero insediati anche i Bonifaci, prima di trasferirsi nella contra’ dei Baise verso la metà del milleseicento e riporta la tradizione che quest’ultima fosse stata anch’essa fondata dai Gianesini, con i in quali pare che i Bonifaci avessero secolari rapporti e contiguità. Non ho trovato conferme documentali a suffragio di queste memorie, salvo alcune residue proprietà sulle rivéte più a valle e rimando alla lettura di quanto pubblicato in merito da Lino Bonifaci Baise su questo Blog: 
I Bonifaci in contra' Chéca

Abbiamo già potuto notare  nelle precedenti  schede, come le famiglie originarie, qui come in tutta la montagna vicentina, preferissero insediarsi in nuclei omogenei isolati tra loro (le contra’ appunto) e che fu l’insieme di questi abitati più prossimi a formare poi i nuclei dei paesi. 
Così, dove l’orografia lo consentiva si ebbero innumerevoli piccoli abitati sparsi, come nelle valli del Posina, del Leogra, dell’Agno e del Chiampo; in misura minore nella Val dell’Astico e in Valsugana, che presentano pendii più scoscesi, rocciosi e perciò meno adatti alla colonizzazione.

Anche i Chéca era una contra’ chiusa, non sviluppata lungo l'arteria principale che l’attraversava  (anche se ora può dare questa impressione), ma raccolta attorno ad un’aia (ara). Le case più antiche presentano ancora l’impronta tradizionale che avevano tutte le abitazioni del paese nei secoli passati. Il pianterreno con le stalle e la cantine dai pavimenti in terra battuta, l’accesso al piano abitativo con scale esterne in sasso sostenute da volti e coperte da tettoie. I muri massicci a barbacane, dall’incerta geometria, appoggiati senza fondazioni sul màstego umido infiltrato dalle vene d’acqua, costituiti da ciclopici blocchi di calcare cementati da grossolana e magrissima malta di calce e armati con pali di legno.  Ho potuto verificare questa modalità costruttiva in occasione della ristrutturazione della casa di mia nonna (mapp. n. 2074). Aprimmo il vano per ricavare il portone del garage rimuovendo solo tre sassi, il più grosso dei quali dovemmo demolirlo nell’orto col ferro da mina. Nella parte più antica i pali di ègano che legavano i muri erano deformati ma ancora intatti; e sono rimasti là.  Il tetto era stato rifatto nel primo dopoguerra con le travi squadrate ad ascia e il tavolame ricavati dalle baracche austriache di Camprosà, con impresso il sigillo dell’esercito imperiale. I coppi recuperati erano plurisecolari, fatti a mano con ancora impresse le ditate di chi li plasmò. Il muro portante  strapiombava di ben 60 cm. Eppure hanno retto il peso dei secoli.

I Chéca, ora contra’ un po’ appartata e dalla limitata viabilità, un tempo era attraversata dalla via principale del paese che conduceva in Campagna e di lì a Casotto attraverso la via delle Sléche.  Allora era anche un trafficato snodo viario con i sentieri che scendevano i Giaròni verso i prati dell’Astico.
La zona fu interessata da variazioni urbanistiche nel 1808, allorquando  venne costruito il nuovo cimitero. Il relativo terrapieno fu eretto sulla parte sinistra del conoide terminale della Val del Chèstele, che divideva i Chéca dalla contra’ Campagna. 
Durante la dominazione austriaca, che rese obbligatoria l’istruzione elementare fino alla terza classe, i Chéca fu la sede della prima scuola pubblica del paese.  Era ubicata al piano superiore delle casa al mappale n. 2078, che allora al pianterreno aveva un grande portico a volto con delle vasche di raccolta dell’acqua che filtrava dal retrostante pendìo.

Vediamo ora com’era strutturata la contra’ verso il 1832 e chi la abitava:


  • Mappale n. 2065, Casa colonica con porzione della corte e del forno al n. 2077: (G27) Gianesini Francesco fu Giovanni Battista detto Chéca;
  • Mappale n. 2066, Casa colonica con porzione della corte e del forno al n. 2077: (F30) Fontana Sebastiano fu Giovanni;
  • Mappale n. 2067, Casa colonica con porzione della corte e del forno al n. 2077: (L48) Lucca Giovanni fu Stefano;
  • Mappale n. 2073, Porzione di casa colonica con porzione della corte e forno al n. 2077: (P42) Pretto Domenico di Antonio. Luogo al secondo piano superiore con porzione della corte e del forno al n. 2077: (C40): Comune di Rotzo;
  • Mappale n. 2074, Stalla con fienile con porzione  della corte e forno al n. 2077: (G32) Gianesini Giovanni e Antonio fratelli fu Giovanni Battista detti Chéca;
  • Mappale n. 2075, Corte: (L48) Lucca Giovanni fu Stefano;
  • Mappale n. 2077, Corte e del forno uniti ai n. 2065, 2066, 2067 e 2073;
  • Mappale n. 2078, Casa colonica: (G32) Gianesini Giovanni e Antonio fratelli fu Giovanni Battista detti Chéca;
  • Mappale n. 4416, Casa colonica con porzione della corte e del forno al n. 2077: (G27) Gianesini Francesco fu Giovanni Battista detto Chéca;
  • Mappale n. 4413, Stalla e fienile: (F17) Fontana Giovanni di Antonio;
  • Mappale n. 4414, Area di casa diroccata ora casa costruita a nuovo: (F29) Fontana Paolo fu Giuseppe;
  • Mappale n. 4415, Prato; (F29) Fontana Paolo fu Giuseppe;
  • Mappale n. 2068, Orto : Lucca Giovanni fu Stefano;
  • Mappale n. 2069, Orto : Fontana Sebastiano fu Giovanni;
  • Mappale n. 2070, Orto : Fontana Sebastiano fu Giovanni;
  • Mappale n. 2071, Orto : Comune di Rotzo;
  • Mappale n. 2072, Orto : Pretto Domenico di Antonio;
  • Mappale n. 2079-82-83, Prato : (G32) Gianesini Giovanni e Antonio fratelli fu Giovanni Battista detti Chéca;
  • Mappale n. 2080, Prato : (T11) Toldo Marco, Nicolò, Natale e Felice fratelli fu Antonio. Toldo Giovanni Battista e Antonio fu Innocente fratelli in tutela di Fondase Maria loro madre, zii e nipoti.
  • Mappale n. 2084, Prato : (F29) Fontana Paolo fu Giuseppe;
  • Mappale n. 2053, Prato : (F11) Fontana Agostino fu Giovanni Battista;
  • Mappale n. 4417, Orto: (G27) Gianesini Francesco fu Giovanni Battista detto Chéca;
Osserviamo che al centro della piazzetta c’era il forno comune. Era questa una configurazione tipica delle contrade antiche. Le abitazioni avevano infatti molte parti in legno e i tetti forse ancora coperti, in tutto o in parte, di scandole o paglia e quindi facile esca d’incendi. Perciò occorreva ubicare il forno distante dalle case, negli spazi comuni, visto che era anche utilizzato collettivamente per cuocere pane e affini. Non sono riportate le fontane coperte sotto il cimitero, che quindi sono di epoca posteriore e probabilmente coeve alla costruzione della strada di sopra (Via Regina Margherita) e alla canalizzazione delle sorgenti di cui abbiamo già trattato nella scheda della soprastante Contra’ Fontanelle. 


L'abitato è circondato da alcuni orti e da più estese aree condotte a prato. Penso che questo sia dovuto alla possibilità d'irrigazione offerta dalle rogge alimentate dalle sorgenti, che garantivano ai prati migliore produttività ed è probabile che un'attività importante dei residenti fosse la pastorizia. 
Anche questa contra' vide uno sviluppo edilizio lungo l'asse della strada del vecchio cimitero: la casa di Amelio (Toldo) fu costruita nel 1911, gettando le fondamenta sulle fascine per permettere il deflusso dell'acqua che vi scorreva sotto, lo stabile della vecchia farmacia è del 1936 e la casa dei Toto (Sartori) degli anni cinquanta. Prima lì c'era un pendìo di orti con un sentierino a tornanti che conduceva alla strada di sopra e il panorama della contra' era così aperto anche verso monte. 

I Chéca è ora stabilmente abitata da cinque  famiglie, ma un tempo brulicava di vita e ricordo tutti quei volti associati al tempo della mia fanciullezza. Ovviamente mia nonna materna: la Gusta bota, (Gianesini), che abitava la casa d’angolo sulla piazzetta della fontana.  Quella casa l’aveva comprata mio nonno Toni (Lucca) nel 1928, di ritorno dalla Francia,  dagli zii di Don Giovanni Toldo che emigrarono in America. Viveva lì vedova da ormai tanti anni in quella grande casa, ma non era mai sola. Su quella vecchia stufa marca Rossi (Balansa) col corrimano cromato attorno e la grande cassa dell’acqua calda, la cògoma del caffè era sempre in funzione e costante l’andirivieni delle comàre. Poi lì accanto Valente spaca (Toldo) con sua moglie Giulia (Lucca), di fronte la casa dei Magnéi (Alessi), aperta solo d’estate, la Sunta de Roco (Gianesini), la Lia tèpela (Toldo) e Mario Ortolan, con Giuseppe e l’Ornella, l’Ana pesaventa (Pesavento), Ménego oio (Toldo) con la moglie Catina (Fontana), Terenzio (Slaviero) e la moglie Liliana (Cerato), coi figli Cesare, Lorenzo e Gabriella, La Laura stefanona (Lucca),… E poi la stalla di Nane otàvio (Fontana), la corte dei Pota (Fontana)...

Ma non erano tanto loro a movimentare la contra’,  bensì  i figli e soprattutto i nipoti che lì trovavano libertà e infinite occasioni di giochi. Le vasche delle Fontanelle poi, allora ancora utilizzate per il loro originario scopo, erano oggetto dei più arditi esperimenti idraulici non appena venivano lasciate libere dalle lavandaie; e non sempre si aspettava che lo fossero.  
I Giaròni, territori selvatici, misteriosi e appartati erano la nostra riserva di caccia. 
Le stagioni scorrevano ancora lente e prevedibili, segnate dagli attrezzi che di volta in volta apparivano accanto alla fontana della piazzetta: Le frasche pai fasolari, le legne per l'inverno, le fascine di strope immerse nell'acqua a smorbiarse; la tina e i vedi de Ménego oio, missi in moja, in attesa della vendemmia, l’immancabile caliéro della polenta dell’Ana pesaventa, appoggiato sui ferri della fontana a smorbiàr le groste


E li sopra, sui fili tesi,  svolazzava la biancheria di tutti stesa ad asciugare e si appoggiavano le rondini a primavera. 
Si, tornavano ancora le sisìle a primavera e colonizzavano i tetti delle case. Mio nonno ne catturò una e le legò un filo rosso alla zampetta per vedere se sarebbe tornata. Sapeva che andavano a svernare in quelle terre d'Africa dove anche lui era dovuto migrare. Tornò ogni anno, finché anche mio nonno se ne andò. 
Accanto a quella fontana ho visto fare l’ultima lissia della storia. 
Poi anche la fontana venne  abbattuta per far posto alle auto e così fini un’epoca. Non si stava più seduti  sulle scale nelle sere d’estate, o sulle careghéte nella piazzetta a contàrsela, non si cacciavano più i bronbùi in primavera; nessuno giocava ormai più a cucòto andando a nascondersi dietro i  cessi sugli angoli degli orti. Era arrivata la televisione che sostituì la nostra fantasia e strappò il nostro arcaico frenulo con la terra. 
Rimando con questo link: La contra' del'àcoa ciara ad un mio vecchio Post dedicato a questa contra'.
Gianni Spagnolo
VII-MMXV

Bibliografia, annotazioni, avvertenze e diritti:
  • San Pietro Valdastico  - Storia del paese - Don Giovanni Toldo - 1936;
  • Valdastico Ieri e Oggi - Mons. Antonio Toldo - Ed. La Galaverna - 1984;
  • I documenti catastali qui riportati sono estratti dagli originali  conservati presso l'Archivio di Stato di Bassano del Grappa -  Catasto Napoleonico ed Austriaco del comune censuario di Rotzo - Mappa d'Avviso;  Mappa I; IV e Libri partite  e riportano in filigrana il marchio d'origine. Sono concessi ad uso esclusivo di questa pubblicazione con  prot. n. 01  del 04/02/2015 dal Mistero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo sez. d'Archivio di Stato Bassano del Grappa.
  • E fatto divieto di riproduzione e ulteriore divulgazione in qualsiasi forma e modalità.

19 commenti:

  1. Gran polentuni ciò, quili live dela prima casa.

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  2. Caro Gianni, grazie per questo capitolo di storia. A leggere informazioni così dettagliate sulla mitica contrada dei CHECA, beh..., mi vien la pelle d'oca, un nodo alla gola... un magone, che non so dirti! Veramente, quel piccolo borgo antico con la sua fontana al centro, che cinguettava a tutte le ore del giorno e della notte, rimane un ricordo indelebile. E poi nòmini i protagonisti di quel vivace convivere di generazioni, anziani e ragazzi, nonni e nipotini, poveri..., ma felici. Potrei completare la lista, ma ricordo solo che nella casa all'angolo (tu citi la Lia Tepela e Mario Ortolan) era stata abitata da diverse famiglie, tra cui quella della Rosina Gala con le sue tre soavi fanciulle: Pina, Mariella e Cecilia. Quegli erano giorni, sì, erano giorni! Ah, nostalgia canaglia!

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    1. Caro Germano che gioia leggerti!
      Il fratellone si è spinto fino ai suoi ricordi e tu ben hai fatto ad andare oltre... e in quella casa con Irene andiamo ancora più oltre... ai tempi che abitava la famiglia di Bepi gajo (storico stradino) e la Maria Bonata. Prova a pensare caro Germano che contra' sarà stata ai tempi che nella casa dell'Anna Pesaventa c'era la scuola...
      Non posso dirti che qui muoio dal caldo perchè so che nell'emisfero australe i nostri 34 per voi sono freschéto :-)))
      T'invio un caro saluto e "per il momento" t'invidio... visto che da voi è inverno!!! Ciaoooooooo

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  3. Ecco, sa ghésse medo secolo de manco... desso narìa zo ale fontanéle a bagnarme i pìe e pociàre co l'àcua... come ca gò fato tante volte...

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    1. Se passi a Valpegara fermati Carla, anca davanti casa mia ghe xe na fontana e dentro naltra Fontana !

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    2. Mi muovo SOLO sotto i 25°
      Passa tu qui da me, vediamo se mi viene per caso voglia di venire alla sagra a Forni.

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    3. Stupendo "pezzo" di storia di una mitica Contrà del nostro paese , i Checa,
      raccontata con il cuore. Quanti tipici personaggi vi abitavano al tempo della
      mia giovinezza,quanto era "Gaia"e viva. E poi quel "sasso" che tu con tanto
      accanimento distruggesti, forse era stato posto come fondamento della casa,
      da un mio lontano antenato. Tutte le volte che passavo di là,ed era quasi tutti
      i giorni, lo fissavo:" opera dei miei avi",pensavo.

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    4. Purtroppo solo ora ho letto questo "pezzo". Anche io ho trascorso la mia infanzia giocando in Checa; in particolare ricordo che sotto la casa riportata nella prima foto del "pezzo" giocavamo ai 5 cantoni (proprio 5 in quanto le asimmetrie del gruppetto di case non presentavano "solo" 4 spigoli). Io in particolare (ma anche i due 2 fratelli) ero sempre in Checa presso "la Laura", carissima persona con pazienza infinita nei miei riguardi alla quale ho voluto bene come ad mia mamma. I miei genitori mi lasciavano andare autonomamente anche da piccolissino a casa "della Laura" in quanto dalla farmacia, scendendo la scalinata, entravo direttamente nella sua casa.
      I Checa erano in punto di ritrovo non solo per i giochi locali, ma anche il punto di ritrovo per poi scendere ai Giaroni (via Le Fontanelle) dove il boschetto permetteva lo sfogo all'inventiva più sfrenata.
      Grazie per aver ravvivato questi bellissimi ricordi.
      Giorgio Niero (figlio del farmacista negli anni 1950-1961)

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    5. Purtroppo solo ora ho letto questo "pezzo". Anche io ho trascorso la mia infanzia giocando in Checa; in particolare ricordo che sotto la casa riportata nella prima foto del "pezzo" giocavamo ai 5 cantoni (proprio 5 in quanto le asimmetrie del gruppetto di case non presentavano "solo" 4 spigoli). Io in particolare (ma anche i due 2 fratelli) ero sempre in Checa presso "la Laura", carissima persona con pazienza infinita nei miei riguardi alla quale ho voluto bene come ad mia mamma. I miei genitori mi lasciavano andare autonomamente anche da piccolissino a casa "della Laura" in quanto dalla farmacia, scendendo la scalinata, entravo direttamente nella sua casa.
      I Checa erano in punto di ritrovo non solo per i giochi locali, ma anche il punto di ritrovo per poi scendere ai Giaroni (via Le Fontanelle) dove il boschetto permetteva lo sfogo all'inventiva più sfrenata.
      Grazie per aver ravvivato questi bellissimi ricordi.
      Giorgio Niero (figlio del farmacista negli anni 1950-1961)

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    6. Grazie Giorgio per ravvivare ricordi della mitica contrà del nostro paese, I Checa. E grazie per le belle parole che dedichi a mia mamma Laura, sempre buona con te e i tuoi fratelli.
      GERMANO

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    7. Il mio ricordo di te, Germano, è un un pò come dell'Araba Fenice: eri sulla bocca di tutti, ma credo di averti intravisto solo una o due volte.
      I sentimenti "veri" (mi riferisco a quelli verso tua mamma) rimangono in eterno

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  4. I Checa zera i Checa punto. Ritrovo di gioco di un'infinità di bambini del posto, ma non solo. Era un posto un po' "nascosto", con pochi pericoli e poi c'erano "le fontanéle" che hanno tutta una loro storia... Ah se solo potessero parlare... Io ricordo molto bene il fratello di Giorgio, Carlo, con il quale ho giocato tanto, assieme a Cesare e Lorenzo. Quanti minestroni di mia Nonna Gusta abbiamo mangiato sù per quelle scale di marmo rosso di Asiago... ricordi gioiosi ed indelebili. Ciao Giorgio salutami Carlo.

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  5. Ricordo molto bene il mio coscritto Giorgio! Era bravissimo ed intelligentissimo. Un carissimo saluto.

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    1. a parte i complimenti ampiamente ...immeritati, anche io mi ricordo molto bene di te. Contraccambio il carissimo saluto. Giorgio

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  6. Maria Teresa Fontana3 ottobre 2016 alle ore 13:46

    Un caro saluto in particolare a Carlo, mio compagno di giochi. Abitavo davanti la farmacia.

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  7. penso che tu sia sorella di Argia, se ben ricordo, con la quale spesso si giocava. Trasferisco il saluto a Carlo

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  8. Questo è proprio un bel giorno: Giorgio Niero che ri-incontriamo dopo così tanti anni grazie al lavoro continuo e utile di Carla e Gianni. È un grande piacere vedere che hai ancora nel cuore S. Pietro, i Checa, e la Laura, sempre buona e sorridente, che era veramente la tua seconda casa. Pure noi (tuoi coscritti) non ti abbiamo dimenticato e sovente commentavamo “dove sarà Giorgio Niero?” in pratica avevamo perso le tue tracce. Ora si riapre il secondo tempo e sarebbe proprio bello ritrovarsi per ricordare i momenti della nostra infanzia e condividere le esperienze. Penso che, come me, anche altri coscritti sarebbero felici di incontrarti e per questo, se sei d’accordo, ti chiedo di lasciare un recapito a Carla, poi organizzeremo qualcosa. Intanto grazie ancora per aver scritto, a presto,
    Giorgio

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  9. IL piacere è tutto mio di riprendere i contatti con i vecchi amici. Sono a vostra completa disposizione per un incontro quando e dove meglio vi aggrada. Raccontarci cosa è successo ad ognuno di noi in questo piccolo periodo (in fondo solo 50-55 anni) sarà sicuramente molto interessante e divertente. A presto.
    Giorgio

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  10. Eh si! C'è un segreto irrisolto in Contrà Checa. Le streghe che alla sera salivano dalle Fontanelle a terrorizzare i miei sonni notturni. Quante volte volte di giorno scendevo per il viottolo e cercavo di capire da dove potessero sbucare. Di certo questo segreto bellissimo se l'è portato nella tomba l'Assunta, che mi ha lasciato sbigottito in un qualsiasi giorno d'estate. E' stata la prima volta che in vita mia ho preso atto del sentimento della morte per una persona che ha segnato la mia infanzia. Per mesi ho anelato che tutto fosse finto e che lei potesse tornare. Poi invece se ne sono andati a uno a uno tutti gli altri, e la mia gioventù con loro .... però me li sono intensamente goduti ! Fare una classifica degli affetti mi sarebbe impossibile. Sono state tutte (compresa la Lia) persone splendide, segno di un tempo e di una etica che non esiste più.

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