[Gianni Spagnolo © 22A31]
Ultimamente mi sono un po’ soffermato sulle nostre estremità, scrivendo delle varie modalità di rivestirle; ora vediamo un po’ le problematiche che le interessavano, specie nella stagione fredda.
Abbiamo già visto che stiàni le calzature lasciavano parecchio a desiderare in quanto a comfort e impermeabilità. Troppo rigide, sformate, male isolate e sicuramente poco impermeabili, nonostante le smiràde de saònda sulla parte in pellame. Nulla a che vedere con la tecnologia waterproof a pelle d’uovo della nostra epoca, con la pellicola traspirante di goretex anche nelle ciabatte. Ecco dunque che, tra umidità, vissìghe, sudore e fredo béco, la salute dei piedi era un affare piuttosto serio. Anche perché erano l’organo motore principale di ogni spostamento e il loro malessere poteva condizionare parecchie attività. Nar in volta in sata, da noi non era un’opzione consigliabile, ancorché salutare; c’erano sassi appuntiti e sgrébane dappertutto e la cosa poteva limitarsi perciò alla casa e ai suoi immediati dintorni, nonché ai bambini, ma improponibile per chi esercitava il proprio lavoro in campagna e in montagna. Poi c’erano da considerare anche le stagioni, che in autunno e in inverno presentavano rigori pregiudizievoli dell’andar descùlsi.
C’erano perciò tutta una serie di disturbi che affliggevano i piedi e che oggi non riusciamo neanche più a classificare; erano disagi legati principalmente all’esposizione al freddo, contro la quale ci si difendeva alla meglio. I più frequenti erano in ogni tempo le vissìghe, che non hanno bisogno di commenti, poi le bugànse e i diaolìni, dei quali abbiamo invece orami perso il ricordo.
La bugànsa corrisponde all’italiano “gelone”, ossia è un danno infiammatorio superficiale localizzato nella pelle, causato da protratta esposizione al freddo e all’umidità, ma a temperature superiori a quelle che possono provocare il congelamento. Si manifestano con gonfiori eritematosi o violacei brucianti sulle dita dei piedi, nonché su talloni, naso, e orecchie; talvolta addirittura su polpacci e cosce. Sono lesioni che si possono risolvere normalmente in un paio di settimane con adeguate profilassi che prevedono banalmente impacchi caldi e indumenti adeguati.
I diaolìni sono invece quei formicolii dolorosi da rivascolarizzazione che si manifestano sulle dita delle mani e dei piedi quando questi vengono esposti al calore dopo un periodo di forte raffreddamento delle parti.
Per entrambe le problematiche c’era a disposizione un rimedio pronto ed efficace: il calore del fuoco. Che fosse sprigionato dal fuoco vivo del fogolare o emanato indirettamente dal forno della stufa, il calore vivace era il toccasana che permetteva di sistemare le cose nel modo più veloce e deciso. Il posto sul cantòn del fogolare o davanti al forno della stufa, con la rebalsa aperta per l’occasione, era perciò ambito d’inverno e spesso occupato dagli anziani di casa, che, in fatto di circolazione, avevano i maggiori problemi.
Per noi bociasse il metabolismo era invece a mille e resistevamo tutto il giorno a slittare sulla neve calzando degli striminziti stivaletti di gomma su calzettoni di lana a trama grossa pevre-e-sale, emostatici e antiproiettile, fatti a ferri dalle nonne con i gemi riciclati dalle generazioni perdute. Vissìghe, buganse e diaolìni erano allora ordinari compagni di giochi, che venivano bonificati poi a casa col primordiale rimedio del fuoco. Non potevano esserci le micidiali e interminabili guerre a bale de gnéve senza l’immancabile corollario dei diaolìni, dato che i guanti, quando c’erano, erano fatti della stessa lana di calze e maglioni e s’inzuppavano facilmente diventando ben presto una morsa umida di ghiaccio.
Accadeva che l'insensibilità indotta dal freddo, facesse spesso indugiare troppo col caldo, con risultati non sempre soddisfacenti in termini di riparazione dei danni da buganse e diaolìni.
Ghe gera anca la canson:
RispondiElimina"La gaveva le buganse ai piè
e i calsoti dentro 'l comodino
Ogni volta che l'li tirava for,
te sentissi che odor !"
È difficile da spiegare a chi non ha mai provato quei dolori
RispondiEliminaDirei "diaulini" con la "o"
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