Il caffè, rappresenta la seconda materia prima più scambiata (al 1° posto c’è il petrolio). Per i chicchi di questa pianta si arriva a scambiare accordi globali per circa 15 miliardi di dollari, costituendo una delle poche fonti di reddito per più di venti milioni di coltivatori.
I maggiori produttori-esportatori di caffè per ordine di quantità esportate, secondo le statistiche stilate dall’ICO (International Coffee Organization), sono: Brasile, Colombia ed Etiopia. In particolare, il Paese carioca è anche il principale produttore della qualità Robusta insieme al Vietnam.
I chicchi di caffè Arabica di elevata qualità vengono generalmente coltivati in America meridionale e centrale e richiedono un costo elevato per la coltivazione, mentre quelli della Robusta (meno raffinata) sono sempre più richiesti nel mondo e la loro coltivazione, concentrata in Vietnam, continua a crescere.
Il NYBOT è il luogo fisico dove avvengono tutti gli scambi e le stipule di contratti sul caffè di qualità Arabica e le sue quotazioni sono espresse in USD cent/libbra; il LIFFE di Londra, invece, ospita gli scambi di titoli sul caffè qualità Robusta e le sue quotazioni dal 2009 vengono espresse in $/MT23.
Il mercato del caffè ha registrato un andamento costante fino al 1989, ma l’emergere di produttori al di fuori dell’ICO ha complicato il sistema di stabilizzazione dei prezzi. All’inizio del 2000, si è cercato di cambiare rotta mediante un programma di ritenzione del 20% delle scorte che, però, è fallito a causa della riluttanza di molti Paesi produttori.
Il caffè viene acquistato dalle società importatrici occidentali ancor prima di essere raccolto, fissando un termine per la consegna, e viene pagato quasi interamente al momento della stessa. Se nel periodo che intercorre tra l’acquisto e la consegna il prezzo aumenta, l’acquirente può rivendere il caffè ancora prima di averlo fisicamente ricevuto.
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