Dogana e Cerati 1809 - Valdastico |
Scomodiamo la celebre canzone del Molleggiato per chiederci se Toni Polaco s'immaginasse le ripercussioni future della sua decisione di costruire un ponte di legno per unire le due sponde dell'Astico all'altezza del Maso. Prima ancora edificò i suoi magazzini proprio su quel bivio con la vecchia Pontara, sotto la segheria e il mulino consortile. Da bravo commerciante fece certamente le scelte più congruenti per i suoi affari, che ebbero tuttavia anche un'evidente ricaduta sullo sviluppo del paese.
Questa mappa dei primi dell'Ottocento, mostra com'era la zona in un'epoca precedente, con un'unica casa di abitazione, quella dei Cerato, posta sull'incrocio della Cavallara e il mulino-segheria seicentesco. Si staglia la lunga roggia del mulino che bagna anche i Prà del'Astego e poi nient'altro, solo prati; un po' più a nord il casello del Dazio, allora in disuso perché era appena passato Napoleone eliminando provvisoriamente il confine.
In verità, quel posto non sarebbe neanche il punto più stretto dell'Astico per costruire un ponte, ma venne fatto lì. Poteva essere fatto magari da Basso, dove venne costruita poi la passerella sul tratto più stretto e prossimo alla Cavallara, ma non venne in mente, o non c'era nessuno che vi aveva interesse. In ogni caso, cosa fatta capo ha! Piano piano questa divenne l'arteria di collegamento col paese, poi si sviluppò li accanto la zona artigianale e di recente è divenuto il polo dell'espansione edilizia paesana, fagocitando alcuni servizi.
Piano e comodo: è questo il criterio prevalente di queste scelte urbanistiche. Peraltro, da noi un po' dappertutto s'è preferito costruire a nuovo abbandonando il vecchio al suo destino. Le ottiche sono di breve periodo e le strategie, dove ci sono, ancor di più. Toni aveva evidentemente intuito, strategia e lungimiranza per mettere a frutto la sua attività, la politica urbanistica s'è altrettanto evidentemente semplicemente accodata.
Ma c'è un convitato di pietra: l'Astico. Pare che della sua opinione nessuno se ne curi. Eppure l'avito corso d'acqua l'ha espressa a chiare lettere più volte nei corso dei secoli, scrivendola a modo suo e tragicamente con l'acqua e i sassi. I nostri progenitori non sapevano leggere ma ne capivano i segni e costruirono le abitazioni di conseguenza. Ma se non insegnano le Marogne, figurarsi un rivolo d'acqua. Noi viviamo il presente, l'attimo: Carpe diem! Alla prossima brentana.
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