Dove ci mettiamo?

【Gianni Spagnolo © 21I8】

Non è solo questione del colore della pelle o della parte di mondo che ci ha visto nascere, ma anche del credo religioso in cui ci siamo formati, dei valori condivisi della società cui apparteniamo, dei suoi miti fondativi e delle vicissitudini storiche vissute. Ragionare per stereotipi è facile e comodo, ma certamente si perde la complessità della questione, che richiede una sempre maggiore sensibilità per coabitare in questo mondo globalizzato. 

Misurare la distanza fra le diverse mentalità e culture è dunque impresa ardua, considerato che esistono ampi margini di contatto, sovrapposizione e contaminazione. Hanno provato a farlo due scienziati politici: Ronald Inglehart e Christian Welzel, costruendo una mappa culturale del mondo. Si tratta d’un grafico a dispersione creato per identificare i valori culturali strettamente collegati che variano tra le società in due dimensioni predominanti: 

  • In ordinata (asse Y): i valori tradizionali contro i valori secolari-razionali (tradizione/secolarismo-razionalità);
  • In ascissa (asse X): la sopravvivenza contro valori di autoespressione. (sopravvivenza/libertà).

Le iscrizioni sono solo in inglese, ma consentono comunque di capirne il funzionamento.

Spostarsi verso l'alto su questa mappa riflette il passaggio dai valori  tradizionali a quelli laico-razionali e spostarsi verso destra riflette il passaggio dai valori di sopravvivenza ai valori di espressione di sé.  Non è perciò unicamente la condizione socio-economica il fattore che determina l'ubicazione di un paese, bensì  anche il suo patrimonio storico religioso e culturale. L'analisi dei dati del World Values Survey di Inglehart e Welzel costruisce una mappa che non è geografica, quanto un grafico in cui i paesi sono posizionati in base ai loro punteggi relativamente ai valori indicati in ascissa e ordinata. I cluster dei vari paesi riflettono perciò i loro valori condivisi a prescindere dalla loro contiguità  geografica.

I valori “tradizionali” sottolineano l'importanza della religione, i legami familiari, la deferenza verso autorità, standard assoluti e valori familiari tradizionali. Le persone che abbracciano questi valori rifiutano anche il divorzio, l'aborto, l'eutanasia e il suicidio. Le società che abbracciano questi valori hanno alti livelli di orgoglio nazionale e una visione nazionalistica.

I valori “secolari-razionali” hanno le preferenze opposte a quelli tradizionali. Le società che abbracciano questi valori pongono meno enfasi sulla religione, sui valori familiari tradizionali e sull'autorità. Il divorzio, l'aborto, l'eutanasia e il suicidio sono considerati relativamente accettabili. 

Non si tratta peraltro di ambiti stagni, dato che spesso si compenetrano, particolarmente nel passaggio dai valori tradizionali a quelli secolari-razionali che caratterizzano la modernità, dove si assiste alla sostituzione della religione e della superstizione con la scienza e la burocrazia. I valori di sopravvivenza pongono invece l'accento sulla sicurezza economica e fisica. Sono collegati con un orizzonte etnocentrico e bassi livelli di fiducia e tolleranza. I valori di espressione di sé danno invece la massima priorità al benessere soggettivo, all'espressione di sé, alla qualità della vita e alla tolleranza. Il passaggio dalla sopravvivenza all'espressione di sé rappresenta anche il passaggio dalla società industriale a quella società postindustriale, oltre ad abbracciare valori democratici.

Va da sé che si tratta di una rappresentazione necessariamente sommaria e piuttosto discrezionale, però misura nel suo insieme la distanza tra le diverse macro-culture in cui si articolano le comunità umane. Intanto potrebbe essere un’utile esercizio individuare dove personalmente ci collocheremmo nel grafico, così, tanto per farci un selfie.


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