L’emigrazione ha segnato la nostra valle per almeno gli ultimi due secoli. All’inizio fu prevalentemente stagionale, poi diventò intermittente, di lunga durata e spesso definitiva. Credo che nessuna famiglia ne sia stata risparmiata. Perciò la nostra stessa formazione, sotto molteplici aspetti, è stata influenzata dalle esperienze che la nostra popolazione ha fatto a contatto con le diverse culture dei paesi ospitanti. Particolarmente quelle degli stati europei come Francia, Belgio, Svizzera e Germania e più in antico le contrade dell’Impero Austriaco, che erano le destinazioni dell’emigrazione più diffusa e meno stabile. Le Americhe e l’Australia impattarono quasi niente essendo mete generalmente definitive.
A parte l’aspetto linguistico e l’accento, che era l’acquisizione più evidente ed ovvia, penso che sia stata la cucina a lasciare più tracce negli usi degli emigranti. L’arte culinaria che avevano alle spalle i nostri non era certo la quint’essenza di questa disciplina, per cui l’acquisizione di abitudini straniere non costituiva un problema di identità nazionale come sembra sia diventato oggi. Per molti dei primi espatriati significava semplicemente passare da polenta e menestròn (nella migliore delle ipotesi) a qualcosa che non fosse solo polenta e menestròn. Venendo alla mia esperienza, che tuttavia già data della fine di questa epopea, posso dire che in famiglia si faceva ampio ricorso alle ricette della cucina della Svizzera Tedesca. Questa non svetta certo fra le più quotate del globo, ma mi ha lasciato care nostalgie. Il Rösti, la Fondue, il Fleiskäse, la Kartoffelsalat, la Selleriesalat, la Veja, … e altre preparazioni e gusti hanno senz’altro condizionato le nostre preferenze familiari.
A parte l’aspetto linguistico e l’accento, che era l’acquisizione più evidente ed ovvia, penso che sia stata la cucina a lasciare più tracce negli usi degli emigranti. L’arte culinaria che avevano alle spalle i nostri non era certo la quint’essenza di questa disciplina, per cui l’acquisizione di abitudini straniere non costituiva un problema di identità nazionale come sembra sia diventato oggi. Per molti dei primi espatriati significava semplicemente passare da polenta e menestròn (nella migliore delle ipotesi) a qualcosa che non fosse solo polenta e menestròn. Venendo alla mia esperienza, che tuttavia già data della fine di questa epopea, posso dire che in famiglia si faceva ampio ricorso alle ricette della cucina della Svizzera Tedesca. Questa non svetta certo fra le più quotate del globo, ma mi ha lasciato care nostalgie. Il Rösti, la Fondue, il Fleiskäse, la Kartoffelsalat, la Selleriesalat, la Veja, … e altre preparazioni e gusti hanno senz’altro condizionato le nostre preferenze familiari.
Con questo Post inizieremo perciò a proporre alcune di queste ricette, chiedendo anche a voi lettori di segnalarci le vostre, così da offrire una panoramica di piatti di diversa origine e cultura culinaria e che oggi ci appartengono. Sapendo che sono molti i follower che ci seguono da oltre confine, stavolta confidiamo proprio nella vostra gentile e fattiva collaborazione.
Forza allora, fatevi avanti con le vostre ricette!
Quando abitavo nel Nord della Francia, chiamato al giorno d’oggi Hauts de France, c’erano molte ricette flamminghe, buonissime (le Potjevleesch, la flamiche au Maroilles, la carbonade flamande, les chicons au gratin, le Welsh…)
RispondiEliminaIn Delfinato c’è, tra altre ricette, una ricetta immancabile : il « gratin dauphinois » da non confondere con il « gratin savoyard ». In quest’ultimo si mette formaggio. Nel primo, NO.
Ricetta :
• 1,5 kg di patate à polpa soda (per esempio Charlotte o Mona Lisa)
• 100 g di burro
• 5 spicchi d’aglio
• 3 dl di panna intera
• 1 l di latte intero
• 6 nocciole di burro
• Noce moscata
• Pepe.
Le patate devono essere lavate, sbucciate, tagliate a rondelle sottili.
Sbucciare e schiacciare gli spicchi d'aglio.
In una pentola grande fare bollire il latte intero, il sale, il pepe, la noce moscata e l'aglio. Gettare le rondelle di patate nel latte bollente e condito. Cuocere per una decina di minuti in modo che siano morbide.
Scaldare il forno a 180 ° (th. 6) e mettere le fette di patate in un tegame precedentemente imburrato. Versare sopra il latte caldo della preparazione, aggiungere la panna. Distribuire le noccioline di burro sulla superficie.
Infornate il vostro gratin dauphinois per 45 minuti a 1 ora, finché non è ben dorato.
Da servire in accompagnamento di carne.arrostita.
Buon appettito !