La nozione del cemento armato l’appresi abbastanza presto. Ero infatti ancora bociassa quando l’uso di questa tecnica costruttiva cominciò a imporsi in valle sull’onda dell’incipiente boom economico. Inizialmente erano principalmente le opere pubbliche che utilizzavano il calcestruzzo, come argini stradali, muraglioni, ecc., mentre per le ristrutturazioni in economia s’impastava ancora col baìle facendo la pozza. Tuttavia il nostro interesse di bociarìa non era tanto il cantiere in sé, quanto piuttosto la bitumiera: quel potente mostro rotante che vomitava quella grigia pacèca e che era una novità assoluta per noi. L’arrivo della bitumiera era un evento atteso e vigilato, così che si potesse assistere ai getti. Avvenne che un cantiere comodo per noi fosse aperto per le opere di allargamento di una strada vicino al paese, con relativi nuovi muri di contenimento in calcestruzzo. Ci lavoravano delle maestranze locali e noi assistevamo, appollaiati come avvoltoi sulle piante dall'altro lato della strada, alle operazioni di sbancamento e approntamento dei casseri che venivano gettati man mano che progrediva lo scavo. Questo era fatto a mano per evitare che cedesse la riva. Un giorno capitò che dallo sterro emergessero un paio di grosse casse di munizioni. La cosa non era inconsueta in sé, dato che i rinvenimenti bellici non costituivano una novità da noi; soltanto che in quelle casse c’erano, ben disposte in ordine, delle bombe da mortaio 81 stranamente complete di spoletta e che parevano nuove di fabbrica. Gli operai furono contrariati da quel ritrovamento, che poteva ritardare l'avanzamento lavori con fastidiosi strascichi. Perciò, dopo un rapido e misterioso conciliabolo, presero il toro per le corna. Alcuni di loro s’erano fatti la guerra dall'Albania alla Resistenza, passando anche per la campagna di Russia e non li spaventava certo qualche bombetta. Di chiamare i Carabinieri neanche a pensarlo e sulla nostra omertà potevano mettere la mano sul fuoco. Oggi avrebbero chiuso il cantiere ed evacuato la valle dagli Scalini fin sù alle Buse per le opere di disinnesco o rimozione, ma allora s'era più pratici e meno pétole di adesso. Noi ovviamente rimanemmo lì. Ancamassa!
Il più anziano degli operai, cica de trinciato accesa in bocca, màneghe dela fanéla fate sù, braghe blu e baschetto infeltrito dello stesso colore, quello col piparéto sopra, cioè con la mise d’ordinanza dell’edile di allora, s’inginocchiò accanto alle casse in silenzio. Prese i proiettili uno ad uno con delicatezza e ne svitò l'innesco con consumata perizia, allineando le bombe da una parte e le spolette dall’altra. Poi dispose il tutto in fila per terra alla base delle casseforme verso la riva. Noi speravamo potesse estrarre anche gli shrapnel, perché quelle pallottolone erano ambite per le nostre fionde; ne trovavo infatti anche nel punàro dietro casa mia e sapevo che consentivano tiri micidiali. Ma la sua preoccupazione non era certo quella di alimentare i nostri arsenali. Le casse furono fatte sparire nel mentre che si avvertiva il rumore della betoniera in avvicinamento. La gettata di svolse quindi ordinatamente: mentre i colleghi imbagolavano quello della bitumiera, il nostro artificiere da dietro provvedeva ad annegare l’intero set di munizioni nei casseri appena riempiti di calcestruzzo, agitando i pezzi affinché il cemento li ricoprisse e li isolasse per bene dalle pareti delle casseforme.
Il più anziano degli operai, cica de trinciato accesa in bocca, màneghe dela fanéla fate sù, braghe blu e baschetto infeltrito dello stesso colore, quello col piparéto sopra, cioè con la mise d’ordinanza dell’edile di allora, s’inginocchiò accanto alle casse in silenzio. Prese i proiettili uno ad uno con delicatezza e ne svitò l'innesco con consumata perizia, allineando le bombe da una parte e le spolette dall’altra. Poi dispose il tutto in fila per terra alla base delle casseforme verso la riva. Noi speravamo potesse estrarre anche gli shrapnel, perché quelle pallottolone erano ambite per le nostre fionde; ne trovavo infatti anche nel punàro dietro casa mia e sapevo che consentivano tiri micidiali. Ma la sua preoccupazione non era certo quella di alimentare i nostri arsenali. Le casse furono fatte sparire nel mentre che si avvertiva il rumore della betoniera in avvicinamento. La gettata di svolse quindi ordinatamente: mentre i colleghi imbagolavano quello della bitumiera, il nostro artificiere da dietro provvedeva ad annegare l’intero set di munizioni nei casseri appena riempiti di calcestruzzo, agitando i pezzi affinché il cemento li ricoprisse e li isolasse per bene dalle pareti delle casseforme.
Ecco fatto! Non si poteva certo dire che quel muro non fosse armato.
Allora il ferro d’armatura per le costruzioni private si metteva il minimo indispensabile e si sparagnava anca sabia e cimento aggiungendo abbondanza di priòti alle gettate, che tanto non costavano niente e tegnevano anca mejo. Il tondino invece bisognava comprarlo e allora ci si arrangiava prima con la ferraglia che c’era per casa e non serviva più. Non importava se fosse tuto rùdene o ingranissà, che tanto el tegnéa istesso perché negà intel cimento nol ciapa acua.
Ecco così che vecchie caéne da vache, da fogolare e da barossi, tochi de balansìn e perfino i reticolati austriaci che difendevano il Verle, trovavano una loro rinnovata utilità rinforzando l’impasto e gli architravi. Non solo quelli però! Capitava che con l’occasione si murasse anche altra ferraglia della quale era meglio sbarazzarsi. Dicevo che di residuati bellici di ogni foggia e natura erano piene le case di allora. D’altra parte eravamo sulla linea del fronte nella prima guerra mondiale e neanche la seconda ci lasciò indenni. Ma era tutta batarìa da casermaggio, attrezzi o pezzi di ordigni; non certo armi, che non era lecito detenere. Le uniche armi o loro parti che potevano essere usate palesemente erano le baionette, che le nava de oro par copàre el mastcio e la canna del moschetto ’91, appositamente adattata per fare el supiaoro del fogolare. Il corrispondente imperiale, lo Steyr-Mannlicher era in calibro 8 mm invece che l'italico 6,5 e perciò non andava bene, richiedendo un maggior sforzo di supiamento, specie per le fémene. Stesso dicasi per il Mauser tedesco da 7,92, che si prestava meglio ad altri usi, come, presenpio, tegnér su i cùpi.
Ecco così che vecchie caéne da vache, da fogolare e da barossi, tochi de balansìn e perfino i reticolati austriaci che difendevano il Verle, trovavano una loro rinnovata utilità rinforzando l’impasto e gli architravi. Non solo quelli però! Capitava che con l’occasione si murasse anche altra ferraglia della quale era meglio sbarazzarsi. Dicevo che di residuati bellici di ogni foggia e natura erano piene le case di allora. D’altra parte eravamo sulla linea del fronte nella prima guerra mondiale e neanche la seconda ci lasciò indenni. Ma era tutta batarìa da casermaggio, attrezzi o pezzi di ordigni; non certo armi, che non era lecito detenere. Le uniche armi o loro parti che potevano essere usate palesemente erano le baionette, che le nava de oro par copàre el mastcio e la canna del moschetto ’91, appositamente adattata per fare el supiaoro del fogolare. Il corrispondente imperiale, lo Steyr-Mannlicher era in calibro 8 mm invece che l'italico 6,5 e perciò non andava bene, richiedendo un maggior sforzo di supiamento, specie per le fémene. Stesso dicasi per il Mauser tedesco da 7,92, che si prestava meglio ad altri usi, come, presenpio, tegnér su i cùpi.
La roba sconta, conservata per il nosessamai, era meglio che stesse sconta, che se non l’avevano trovata i tedeschi, figurarsi i carbinijri. Però la guerra era ormai finita da un pezzo e quegli uomini dispersi dall'emigrazione, così il boom del calcestruzzo permise d'imboscare elegantemente e definitivamente anche qualche residuo arsenale. Nastri e caricatori andarono ad armare pavimenti di scantinati e garage e robuste massicciate cementizie sorsero stranamente a sostegno di baiti, barchesse e masiére. Non servivano più neanche i bossoli d’ottone che s'usavano per cimare le cordicelle d’acciaio per strossare il legname e così anche le casse di munizioni della riserva speciale di mio nonno, che mi divertivo a scaricare a tempo perso, andarono disperse per sempre.
è sempre un piacere leggere i racconti di un tempo passato , specie se sono scritti in modo piacevole e la lettura scorre veloce
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