martedì 30 luglio 2019

Le luci a Venezia

Già dal 1128 le calli e le zone più soggette a pericoli avevano dei piccoli fanali ad olio, chiamati cesendelli, appesi ai muri; non fa­cevano in realtà molta luce, ma certo rincuoravano i passanti.
Par­tendo dalle zone centrali e spandendosi poi verso la periferia della città, l’illuminazione stradale migliorò piano piano nei secoli, ri­chiesta sempre di più dai cittadini che, pur di rendere sicure le stra­de, si offrivano di partecipare alle spese.
Nel 1450 si decretava di porre quattro grosse lampade sotto i portici di Rialto per rischiara­re la zona; attorno al 1720 i bottegai co­minciarono a tenere fuori dal loro negozio delle lanterne per ov­viare alla carenza di illuminazione, quindi nacque una nuova professione: delle persone sostavano per la via e, dietro ricompensa, accompagnavano i passanti nella loro strada ovvero "còdega".
Nel 1732 si decise che tutta Venezia venisse illuminata; l’illuminazione iniziò così a coprire tutte le zone, rendendo più sicura la via e trasfor­mando la Venezia notturna, donandole un fascino nuovo, molto coinvolgente per i viaggiatori stranieri: le lampade pubbliche, chiamate ferai, arrivarono ad essere 843. Erano in vetro, funzio­navano a olio e dovevano restare accese fino all’alba; molte di queste però venivano rotte con sassi e bastoni dai "còdega", che sta­vano perdendo il loro lavoro.
Vennero perciò subito emanate delle severe sanzioni per chi fosse stato sorpreso a distruggerle; le stesse pene valevano anche per gli incaricati del servizio (gli inpissadori) che omettevano di accenderle o usavano poco olio. Co­sì la professione del "còdega" sparì.
Negli anni successivi vi fu­rono altri problemi pratici, come la gestione di tutta l’illumina­zione, che fu affidata con appalti a vari imprenditori e, non ulti­mo, l’approvvigionamento dell'olio di oliva di seconda scelta che serviva per i ferai e l’amministrazione dello stesso, che dava occasione a conseguenti truffe allo stato.
Nel 1758 gli inpissadori erano 138 e si occupavano di 1750 ferai pubblici.
Con la caduta della Repubblica e l’avvento della dominazione austria­ca la situazione non cambiò molto: nel 1843 tutte le lampade pubbliche vennero trasformate e l’olio venne sostituito dal gas.
L’accensione veniva sempre effettuata a mano, fin quando la tecnologia non ne permise una automatica.
Partendo da San Marco ebbe luogo la modificazione di tutti i fa­nali, che furono ricostruiti in ferro e vetro.
Verso la fine dell’Ot­tocento cambiò anche l’illuminazione della piazza e della zona di Rialto, con la posa di una serie di lampioni metallici con la lan­terna quadrata e con la base in pietra. Gli artigiani più bravi della città fecero a gara per creare lampioni e lampade in lamiera, ferro battuto e vetro.
Nel 1924 il Comune decise di uniformare l’aspetto dei fanali e di ottimizzare il loro posizionamento nella città; dopo vari studi tecnici e artistici, nel 1926 mise in opera il nuovo asset­to d’illuminazione.
La corrente elettrica, già arrivata a Venezia in via sperimentale nel 1887, soltanto per i privati e in una piccola zona centrale, sostituì il gas delle lampade pubbliche nel 1927.
Da quel momento a tuttora, visitare Venezia di notte è un piacere visivo.
Veneto a 360°

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