Scorreva lento luglio, giorno dopo giorno, in mezzo alle spighe di
grano.
Scorreva come le mani del contadino che accarezzavano le spighe
camminando dentro il campo ed ogni testa si piegava sotto il palmo per
ricevere quella carezza e poi tornava fiera a guardare il cielo.
Scorreva lento, come lenti due occhi neri da una staccionata guardavano
la luna sorgere dal bosco e poi la vedevano brillare in mezzo ad un
manto che diventava scuro e quella sembrava grandissima, come grande non
era mai stata. Scorreva lento come le lucciole, ora più rare, che
danzavano ancora negli orti e tra le foglie, nelle strade grandi e
piccole, con un moto quasi statico rispetto ai giorni di giugno, in cui
vibravano insieme agli archi suonati dai grilli.
Scorreva lento, come
lenti si muovevano i drappi rossi della festa del patrono appesi alle
finestre e come lenti poi scendevano i petali dei fiori dai piccoli
balconi pieni di giorni, quando la statua passava prima del tramonto.
Un
vento leggero muoveva la natura ed i pensieri e giungeva lontano,
attraversando piccole vie che erano il nascondiglio dei bambini, dove,
giocando, si vedeva l'oceano con i pesci oppure le streghe in autunno.
Oltre i campi di orzo e di grano, c'era infatti una casa rosa senza
balconi che riceveva al mattino, nel silenzio del paese arroccato, il
primo sole della terra.
Era circondata da viottoli dove nascevano le
fragole selvatiche a maggio e le more ad agosto e sui faggi si
innamoravano ogni primavera le allodole.
Tutto intorno profumava di
buono e di magnolia, di menta e di gelsomino e gli uccelli notturni
vegliavano sulle finestre grandi, sempre aperte in estate, da cui a
volte entravano le lucciole ad illuminare i volti stanchi di chi
riposava dopo giornate sotto il caldo del sole.
Due occhi grandi e neri,
prima di dormire, guardavano sempre, ogni sera, la luna uscire dalla
punta mordida della montagna ed esser, prima chiarissima e nascosta tra
le fronde più alte, poi divenire gialla e poi brillare ancora più
intensamente, nel mezzo del cielo.
A quella luna ogni sera un sussurro
leggero si rivolgeva per pregare, per chiedere, per non lasciar andare
via un amore, un sogno, un desiderio, ora che le sere più belle
diventavano forti e reali, ora che in mezzo al cielo si nascondevano le
promesse più vere, ora che quelle sere nel grande cerchio dell'anno non
si sarebbero ripetute più. E tra gli anziani si era soliti raccontare
di un pensiero grande e di un amore nascosto che, come un laccio
argentato, per anni aveva tenuto legati due giovani, un filo che ogni
sera la luna tesseva e con cui legava le due finestre, come fossero
coriandoli luminosi, posti tutti l'uno accanto all'altro.
La luna così
viaggiando passava nelle vigne e donava un profumo dolce all'aria che si
respirava e che al mattino faceva svegliare il giovane con un sorriso.
Giungeva fino a quella casa lontana, che dormiva sotto il bosco e
abbracciava quel respiro, abbracciava il corpo stanco che sotto un
lenzuolo sembrava brillare anch'esso. Così, come una magia raccontata, a
cui in pochi credevano, quella luna vegliava sulla casa antica,
illuminandone il giardino, i campi intorno, l'orto profumato: vegliava e
proteggeva il cuore che dormiva, lo copriva come fosse un lenzuolo
leggero, lo guardava finché il sole non veniva a bussare nuovamente per
quel cambio di guardia voluto da una promessa fatta un giorno in
chiesa, nell'attesa di guardarsi di nuovo, questa volta senza la paura di
perdersi ancora.
racconti di campagna-l'odore del fieno di giugno
Bellissimo racconto! Quanta nostalgia!👏👏👏😔
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