Se fino a qualche giorno fa avevano usato la linea morbida
concedendo fiducia e voti massimi per giudicare i servizi
socio-assistenziali della Ulss4, i sindaci dell’Alto Vicentino hanno
deciso di cambiare registro.
Hanno infatti abbassato il voto che va a colpire quella sfera di
competenza dei sindaci e che riguarda i servizi ai più deboli della
società.
Servizi che, da quanto sta emergendo in queste ore, sembrano tenuti
in piedi grazie alle casse di Comuni che sborsano cifre che stanno
diventando esorbitanti pur di garantire dignità ad anziani, disagiati,
disabili, che senza quei servizi non possono proprio vivere.
Stiamo parlando di quegli ultimi della società, di cui i nostri
politici si fanno protettori, ma a cui non pensano più quando c’è da
sforbiciare e sacrificare qualcosa.
Magari finanziano l’evento popolare dove poi si fanno fotografare per
raccogliere consenso e poi lasciano l’anziano senza pannoloni.
Scende a 18, ma c’è chi ha dato anche zero, il voto al comparto
sociale della Ulss 7 Pedemontana. Un colpo per chi in questi anni è
stato abituato ad avere il massimo punteggio, che faceva apparire tutto
idilliaco all’interno dei nostri servizi sociali, che non sono più
quelli di una volta.
Un 18 che risulta essere una mediazione tra il 20, voto massimo e
quei numeri bassi che i sindaci dell’Alto Vicentino avrebbero voluto
dare.
L’anno scorso, nella stessa circostanza di voto, gli stessi sindaci
avevano dato 20, nonostante la situazione fosse già traballante.
Ai dirigenti sanitari della neonata Ulss 7 si era data fiducia
proprio in virtù di quell’accorpamento che poteva aver scombussolato una
realtà che aveva bisogno di una fase di rodaggio. Ma a distanza di un
anno, è la riforma sanitaria in atto ad essere pronta a riservare nuovi
colpi bassi, come la riduzione dell’assistenza domiciliare da 24 a 12
ore.
E ha l’effetto di un terremoto che impaurisce chi di quei servizi ha
bisogno. Che vive con l’angoscia che chissà cosa accadrà in futuro,
perché il clima che si è venuto a creare, a distanza di 24 mesi è
cambiato.
I sindaci sono costretti a mettere mani nel portafogli per garantire
gli operatori socio-assistenziali ai bambini disabili, ai quali va
spinta la carrozzina o va cambiato il pannolino. Anziani, il cui numero è
cresciuto in maniera esponenziale, che hanno bisogno di cure, dopo che
per una vita hanno pagato le tasse. E ancora, adolescenti con problemi
insostenibili per le famiglie, che vanno riabilitati. Centri diurni,
dove non c’è posto e le famiglie devono addirittura sperare nella morte
di un ospite per poter inserire il proprio familiare.
Se i servizi per garantire una soluzione a tutto questo sono ancora
in vita, oltre alla fatica di medici e operatori, psicologi,
neuropsichiatri e operatori socio-sanitari è grazie ai sindaci del
nostro territorio, che forse in passato saranno stati deboli, ma sempre
forti e spediti quando c’era sborsare denari e far sopravvivere i
servizi.
Solo il Comune di Schio, per questi servizi, sborsa un milione di
euro, per non parlare delle cifre di tutti gli altri comuni, che fanno
la parte dei leoni per il cuore pulsante dei nostri servizi sociali.
Quelli di cui si vanta quella stessa Regione che adesso però li scarica
ai sindaci che non ce la fanno più.
Una lotta continua, poco mediatica forse, ma che adesso li porterà a
dover combattere per quell’assistenza domiciliare che, se negata ai
deboli, getterebbe ombre su una Sanità sbandierata come modello europeo.
Altro che eccellenza.
La drammaticità della situazione è emersa tutta ieri pomeriggio,
quando qualcuno dava per scontato il 20 ed è rimasto a bocca aperta
constatando la decisione di dare un segnale alla Regione da parte dei
Sindaci.
Il compromesso del 18 si è faticato a raggiungerlo, ma è stato
possibile grazie a tutti quei sindaci della zona di Bassano, che per
primi hanno sempre guardato come un esempio da imitare quei servizi
sociali che adesso scricchiolano. Tra il 10 di Valter Orsi ed il 19 di
Giovanni Casarotto, (dello zero non si è potuto tenere conto perché
numero che per regolamento esce dalla media), il voto è stato
sicuramente un simbolo forte della delusione che i sindaci dell’Alto
Vicentino stanno vivendo in questi giorni, man mano che le conseguenze
della riforma sanitaria arrivano alla conoscenza dei primi cittadini.
Non è facile per loro fare i conti con la paura di danneggiare il
personale eccellente che caratterizza lo staff dei servizi sociali, ma
che alla luce delle risorse falciate, non può fare miracoli. Quello che
hanno fatto finora, in silenzio, con la testa bassa e in virtù di quella
missione che hanno sposato al servizio dei bisognosi, è davvero
encomiabile e per i sindaci appare scontato che quel 18 non tocchi
minimamente la loro sfera professionale, ma sia un monito ad una Regione
che forse così capirà quello che sta accadendo nell’Alto Vicentino.
I sindaci della ex conferenza della Ulss 4, confrontandosi con i
colleghi della ex Ulss 3, hanno deciso di accompagnare il voto, che è
già ufficiale, ad un documento in cui spiegheranno alla Regione del
perché si sia arrivati a questo.
Agli speculatori della politica, pronti a sentenziare senza conoscere
le difficoltà tecniche di una trattativa non trasparente e fatta da un
colosso come la Regione, chiediamo di non speculare data la delicatezza
di una situazione, dove le stesse famiglie vittime dei tagli, stanno
rimanendo in religioso silenzio proprio perché non vogliono essere dati
in pasto a chi vorrebbe solo strumentalizzare il loro disagio per
qualche minuto di celebrità.
Si spera, che questa riforma sanitaria valga la pena di questo
terremoto senza precedenti in Veneto perché, se come ha dichiarato
Jacopo Berti, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, dovesse
portare l’1% di risparmio, il tutto sarebbe davvero una beffa.
Natalia Bandiera
Anna Bianchini
altovicentinonline
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