Il loro numero è destinato a crescere perché viviamo più a lungo e invecchiamo peggio. Spesso devono occuparsi anche dei loro figli. Il geriatra: «Spesso diventano i nostri secondi pazienti». Sono a rischio depressione ma non sempre accettano un aiuto.
Eroi
per casa. Figli che prendono un pezzo della loro vita e lo regalano ai
genitori ormai anziani. Come si faceva una volta, quando i vecchietti in
casa erano
la regola e nessuno la metteva in discussione. Come si fa ancora
adesso, in silenzio e incastrando tutti gli impegni di una vita che nel
frattempo è diventata più complicata. Sono storie di amore e dedizione
quelle dei parenti badanti. Storie di sacrifici
e rinunce, a volte di eroismo, spesso di sofferenza. In silenzio anche
questa, ma sarebbe meglio di no.
Un milione
Le stime dicono che
sono almeno un milione gli italiani che dedicano un pezzo importante
delle loro giornate (e nottate) ad assistere parenti non più
autosufficienti. Un numero simile a quello delle badanti di professione,
tra regolari
e in nero. Seduti in salotto o vicino al letto, passano ore e ore con i
genitori che la malattia o anche solo l’età ha fatto tornare bambini.
Cucinano, li aiutano a lavarsi, a vestirsi, controllano le medicine, li
accompagnano dal dottore. Proprio come un
tempo quella mamma e quel papà facevano con loro. Uno scambio di ruoli,
quasi un cerchio che si chiude.
Saranno sempre di più
Sono tanti gli eroi
per casa. E saranno sempre di più. Alcune ragioni sono intuitive: la
vita media si sta allungando, ormai in Europa siamo secondo soli alla
Spagna. Altre sono più sottili, ma forse più importanti. Il punto
decisivo
è la speranza di vita senza limitazioni nelle attività. Traduzione: per
quanti anni possiamo vivere senza l’aiuto degli altri una volta
superati i 65 anni? In Italia non arriviamo a 8 anni, uno in meno
rispetto alla media europea. Quasi la metà rispetto a
Paesi come la Svezia e la Danimarca, molto meno anche di Malta e
Irlanda che non hanno certo un welfare scandinavo. Viviamo di più, e di
questo siamo contenti. Ma invecchiamo peggio, e di questo non ci
occupiamo abbastanza. Il risultato è che aumentano le
persone da assistere. Solo i malati di Alzheimer superano ormai in
Italia quota 600 mila. Mentre sono sempre meno le famiglie che riescono a
permettersi una badante fissa, soprattutto se in regola.
Una questione di sopravvivenza
Il costo di una
badante in regola, stipendio e contributi, si aggira sui 15 mila euro
l’anno. Quasi nulla può essere scaricato dalle tasse a differenza di
quello che avviene in altri Paesi. Senza una buona pensione o un ottimo
stipendio
non è facile far quadrare i conti. «Per questo chiediamo di poter
dedurre dalle tasse l’intero costo sostenuto per le badanti» dice Teresa
Benvenuto, segretaria di Assindatcolf, l’Associazione dei datori di
lavoro domestico. L’operazione consentirebbe alle
famiglie di recuperare 5 mila euro l’anno. Ma il vento della politica
soffia in direzione opposta, verso una riduzione degli sconti fiscali
non verso un aumento. E con il lavoro che va come va, sono molti i figli
che il badante lo fanno non solo per scelta
ma anche per necessità. Almeno incassano quell’indennità di
accompagnamento, poco più di 500 euro al mese, che si perde in caso di
ricovero in un istituto. Non è solo una storia di amore, non è solo un
cerchio che si chiude. A volte è anche una questione di
sopravvivenza.
Il secondo paziente
Che sia una scelta o
una necessità, il figlio badante è un lavoro difficile e con le sue
malattie professionali. Simone Franzoni è un geriatra di Brescia che si è
spesso occupato della questione: «Ogni volta che prendiamo in carico
un anziano non autosufficiente seguito a tempo pieno da un familiare,
finiamo per avere non uno ma due pazienti». Spesso il figlio badante
finisce in depressione. Specie se si tratta, termine crudo ma efficace,
di un «assistente sandwich»: che deve badare,
cioè, non solo ai genitori anziani ma anche ai figli ancora in casa. A
parlare sono i dati di uno studio fatto in Emilia- Romagna
dall’associazione «Anziani e non solo». Dice che in due casi su tre il
parente badante ha almeno un sintomo tra insonnia, crisi
di collera o di pianto, e stanchezza cronica. La metà dice di aver
bisogno di aiuto. E forse sono quelli messi meglio, perché anche gli
altri avrebbero bisogno di una mano. Ma non se ne accorgono oppure non
lo vogliono ammettere.
La contraddizione emotiva
«È il coinvolgimento
emotivo che ti massacra» dice il dottor Franzoni, il geriatra di Brescia
che ci ha parlato del secondo paziente. Passi tutto il tuo tempo con
una persona che ha bisogno di un’attenzione costante e che spesso
non ti riconosce più. Devi elaborare il distacco da tuo padre o da tua
madre proprio quando la sua presenza è tornata continua, magari dopo
anni di distacco. Una contraddizione emotiva troppo forte. Anche per un
eroe. Il premio Nobel per la medicina Elizabeth
Blackburn ha calcolato che i parenti badanti hanno un’aspettativa di
vita tra i 9 e i 17 anni inferiore alla media. E alcune ricerche
condotte in Inghilterra dicono che il 10% dei nostri eroi per casa
chiede il part time mentre addirittura il 66% pensa di
lasciare il lavoro. Tutti numeri contenuti nella relazione di un
disegno di legge presentato un anno e mezzo fa al Senato. Un testo,
firmato da parlamentari di diversi partiti, che propone di riconoscere
il lavoro dei parenti badanti, obbligando lo Stato a
versare i contributi per la loro pensione. La proposta è rimasta ferma,
chissà se andrà mai avanti.
Consigli per non crollare
Nel frattempo non
resta che armarsi di coraggio. Negli Stati Uniti sono da tempo
consapevoli del problema, al punto da aver creato una parola nuova per i
parenti badanti:
caregivers. I consigli della «National Family caregivers
association» sono riducibili a un unico principio: state facendo una
cosa bella e importante ma non annullate la vostra vita. Altrimenti le
cose andranno peggio sia per voi sia per la persona
cara che state assistendo. Una delle prime associazioni è stata fondata
da Rosalynn Carter, moglie dell’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy.
Lei il problema l’aveva scoperto da bimba, quando suo padre si ammalò di
leucemia. Dice Rosalynn che al mondo ci
sono quattro tipi di persone: «Quelli che si sono presi cura di
qualcuno, quelli che lo stanno facendo, quelli che lo faranno e quelli
che ne avranno bisogno». Tocca a tutti, prima o poi. Per questo è
importante chiedere un mano. Per aiutare il proprio caro,
se uno può. Per aiutare sé stessi, se uno non ce la fa. Eroi sì, ma con
giudizio.
Bell'articolo, ciò. Effettivamentemente questa nostra epoca sembra essere la prima in cui sopravvivere non è poi così opportuno.
RispondiEliminaMala tempora currunt!
Viva, viva, viva, tutte le badanti e i caregivers.
Abbasso tutti i caregotters (cioè quili chei pensa solo al caregoto).