domenica 9 aprile 2017

Paese che vai, palme che trovi.



Approfitto della differenza di fuso orario, per fare un piccolo reportage in diretta di questa Domenica delle Palme, dall’altro capo del mondo. 
Ho appena assistito, infatti, alla liturgia celebrata nella cattedrale di Xi’an dal vescovo Mons. Antonio Dang Ming-Yan. Il primo titolare di questa diocesi fu il francescano Padre Basilio Brollo, da Gemona, nel 1696 (questi italiani...)
La chiesa è gremita e parecchi fedeli devono raccogliersi sul sagrato, dove è stato allestito un tendone, dato che la giornata è piuttosto fredda e piovosa.
L’atmosfera è di raccoglimento e devozione. Tutti hanno in mano un ramoscello di cipresso, che vuol significare la palma in una regione dove queste piante non sono certo di casa. (D’altra parte anche noi usiamo allo scopo i più reperibili ramoscelli d’ulivo). 
Tra Passio, canti e predica la cosa va per le lunghe, ma nessuno si scompone. Qui non siamo alle ritualità, spesso convenzionali e d’abitudine, a cui siamo avezzi dalle nostre parti. Chi è convenuto qui non ha fatto solo quattro stanchi passi dalle case di fronte; probabilmente è dovuto partire all’alba, dal vastissimo territorio di una diocesi che ha decine di milioni d’abitanti e una percentuale di battezzati di qualche punto.
L’atmosfera è certo meno catacombale di quella cui assistetti parecchi anni fa a Pechino, dove la messa domenicale si teneva alle 6 di mattina (dopo la chiesa serviva solo da sfondo coreografico per le fotografie dei matrimoni civili). Allora si vedevano molti anziani che tenevano i piccoli nipotini sulle ginocchia. Chissà da dove e a che ora erano partiti quei fedeli, in ossequio a un Dio che pare voglia scrivere diritto anche sulle righe storte delle generazioni. 
La liturgia è uguale alla nostra, solo lo scambio del segno della pace avviene in conformità alle abitudini locali: invece di dare la mano ai vicini di banco, ci si volta nelle quattro direzioni facendo un piccolo inchino a mani giunte, così non si esclude nessuno.
Ho l’abitudine di visitare le chiese dei paesi in cui mi trovo. Da quelle maestose e barocche dell’America del sud, a quelle italo-irlandesi del nord, passando per i capannoni dell’Africa e i colorati e dorati templi della Russia.  L’ho presa da quando, ormai molti anni fa, assistetti alla messa pasquale in una piccola chiesa d’Oltrecortina. Lì, il vecchio Primate, intonando gli antichissimi inni della liturgia latina, riceveva la risposta corale a cappella dell’intera assemblea, che faceva tremare i vetri istoriati e stupire e commuovere persino i poliziotti in borghese che controllavano dal fondo navata.
Ogni tanto fa anche bene percepire il senso della nostra maldestra libertà spirituale, così come, visitando gli ammalati, lo si coglie della nostra fragilità fisica.
Gianni Spagnolo
IX.IV.MMXVII

6 commenti:

  1. Bellissimo reportage!buona domenica a tutti.
    Gianni con questo scritto mi ha fatto sfogliare le foto fatte nel mio viaggio in Cina di qualche anno fa,una bellissima esperienza

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  2. Sarebbe bello che anche da noi lo scambio del segno della pace avvenisse in quel modo!!!

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    1. Sì, cussì a no te sì obligà a darghe la man a qualche antipatico che, par caso, l'è rivà drio la to schena....

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    2. Ma lora, benedeto, ... ssa vetu a fare in cesa? (Mt. 5,20-26)

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    3. Tuto un afare ipocrita. a te vè a ciaparte su el colera de cuili che no se lava mai, gnanca le man, come cuili dele scole de na volta, come che dicce mariano castelo...

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  3. Lo scambio della pace, secondo la liturgia, deve essere fatto a destra e sinistra e non diventare una bolgia come succede da noi.. poi la pace che ci scambiamo è la pace di Cristo che la dona a tutti; dovrebbe essere un gesto sentito, non una cosa così "leggera" come spesso la viviamo! Grazie Gianni per questo tuo scritto che fa vedere modi diversi di vivere la stessa celebrazione . Lucia

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