venerdì 21 aprile 2017

I Viaggi di Marco Pollo: "Il Reperto Ming"


Per un bianco europeo, viaggiare in paesi remoti e con culture molto diverse dalla propria, comporta alcuni vantaggi e privilegi, essendo questa condizione lì generalmente associata ad ampia disponibilità finanziaria e libertà d’azione. Un po’ come consideravamo noi gli americani appena dopo la guerra, però con il vulnus di essere un po’ sempliciotti e creduloni (forse per malcelato complesso d’inferiorità). 
In verità noi italiani godiamo di questo status solo da pochi lustri, mentre ci riteniamo invece vaccinati col richiamo in quanto alla creduloneria. D’altra parte, venendo dal paese di Totò e con millenni di misconosciuta civiltà alle spalle, non potrebbe essere altrimenti.

Vantaggi, dicevo, ma anche fastidi. 
Ieri mi trovavo infatti a camminare lungo una strada del Celeste Impero, col mio fido zainetto e immerso nei miei pensieri (si, qualche volta mi capita anche di pensare). Lì più avanti c’è un piccolo cantiere degli operai intenti a  scavare una buca, probabilmente per riparare delle condutture. Attrezzati di tutto punto con elmetto, giubbotto rifrangente e delimitazioni d’ordinanza; niente da eccepire.  Schivo il recinto e passo oltre; quand’ecco che mi ferma un vecchio operaio, anch’esso provvisto di casco e gilet fosforescente,  ma che non avevo notato nella buca, il quale mi mostra una specie di scodellina sporca di terra che tiene in mano.
Capita che la gente mi fermi o saluti, soprattutto i bambini. Bianco e robusto, stempiato (mi si passi l'eufemismo) e barbuto, rappresento forse l’archetipo del non-cinese e quindi non passo inosservato, specie nei posti dove di stranieri se ne vedono pochi o punto.

Come molti maschietti, dispongo di due soli neuroni in perenne conflitto e non riesco a fare due cose contemporaneamente; questa distrazione dai miei pensieri non la voglio dunque gestire, declino distrattamente e proseguo oltre. Ma quello della scodellina mi trotterella dietro, fermandomi insistentemente e pulendo contemporaneamente con la manica il manufatto. Nella zona pulita s’intravede la tessitura del cloisonné, un’arte sopraffina diffusasi durante la dinastia Ming, dove era prerogativa esclusiva della corte  imperiale.
Noi occidentali fatichiamo a capire l’arte cinese e i suoi soggetti. Sommersi come siamo da paccottiglia di ogni tipo, da pochi spiccioli e fatta in serie in resine plastiche, consideriamo tout court kitsch e di nessun valore quello che è riferibile a questo mondo; alla stregua della mitica sfera di vetro con la neve cadente.
Mondo che invece ha espressioni d’arte sopraffine e di rara maestria e bellezza. Ho visto sculture, intarsi e lavorazioni in legno, pietra e giada di assoluta eccellenza tecnica ed artistica, anche se con soggetti che non ci sono familiari, come dragoni, fenici, improbabili paesaggi stilizzati, ecc. Un po’ come un estraneo alla nostra cultura potrebbe considerare la nostra arte antica, prevalentemente a soggetto mitologico o religioso e per la quale non dispone di chiavi interpretative.
Comunque sia, il manufatto in sé non pare di grande pregio e la mia conoscenza della lingua locale non consente approfondimenti, figuriamoci in campo archeologico. Arguisco che il tipo intenda farmi credere che il pregevole reperto sia testé emerso dallo scavo e voglia gentilmente propormelo fresco e in anteprima a condizioni di assoluta convenienza, dato che, in quanto occidentale, avrò senz'altro capienza alla bisogna.
La lampadina di Totò mi s’è già accesa come un faro nella notte; diniego gentilmente e passo oltre. 

A questo punto, vista la mal parata archeologica, il buon uomo mi raggiunge di nuovo e viene allo scoperto proponendomi furtivamente di cambiare euro o dollari. Anche in questo campo sono messo piuttosto maluccio e per nulla interessato, per cui riesco finalmente a liberarmi delle profferte e riprendere il filo dei miei pensieri, nella provvisoria pace neuronica.
Gianni Spagnolo

IXX-IV-MMXVII

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