I Sanpieroti, si
sa, sono dei bipedi un po' particolari e assai suscettibili: non gli va bene niente, si lamentano sempre e hanno costantemente la boca sora al naso, come si suol dire.
Soprattutto sono terribilmente invidiosi. Ma
invidiosi fisso!
Perché Rotzo ha la patata e loro no, ...perché Posina ha gli gnocchi
e loro no, ...perché ai Forni hanno il teatro e loro no, ... perché Pedescala ha
il Piovàn e loro no, ...perché Casotto ha il Gorgo e loro no, ...perché Pedemonte ha
la Banca e loro no, ....e via così discorrendo.
Ma c’è una cosa di cui San Piero ha l'esclusività e il copyright
internazionale: le ANGUANE ©
Vabbè, direte voi che non sono esclusiva del paese, che sono
tradizioni diffuse un po’ ovunque nell’arco alpino. Nossignori! Le vere, uniche, autentiche e irripetibili Anguane sono solo ed esclusivamente quelle di San Pietro.
Pur se bazzicavano, per ovvia competenza, anche i limitrofi covoli
e sorgenti imperiali, San Pietro rimane saldamente il luogo d’origine ed il
fulcro di queste eteree presenze, e il Sojo de Medojorno con la sua
esclusiva Scafa la loro avita sede
legale e inespugnabile roccaforte.
Trattandosi tuttavia di percezioni antichissime e
assai sfuggevoli, non c’è invero molta unanimità nel descriverle. Benefiche o
malefiche, fate o streghe, candide o corvine, slanciate o giunoniche, dal
richiamo flautato o gracchiante, le
Anguane evocano i più fantasiosi aggettivi. Sono invece pacificamente
ritenute da tutti custodi delle acque e per esteso delle valli, dei torrenti e dei
laghi, nonché di boschi e monti.
Tuttavia io qui sono in grado di certificare una volta per
tutte che le Anguane di San Pietro sono esseri fluttuanti dai corpi diafani e
dai lunghi capelli, avvolti in veli con delle nuances talvolta brillanti e cangianti nelle tonalità
dell’azzurro-verde-grigio, dalle voci gorgoglianti e con le estremità inferiori
dal collo piuttosto alto.
In pratica con i piedi di capra!
In pratica con i piedi di capra!
Pare che le Anguane imperversassero leggiadre e spensierate nelle limpide polle della nostra Valle, fino a quando i Vescovi non si sognarono di mandare dei frati a rompere gli atavici e naturali equilibri del luogo. A quegli umani dagli strani costumi si affiancarono ben presto altri loro simili di meno virtuosa e specchiata indole, i quali si trascinarono dietro delle temibili e agguerrite concorrenti: le Fémene!
Ne nacque così un connubio esplosivo! Dovete infatti sapere che ci sono solo due esseri
che mandavano in bestia le Anguane: i Préte e le Fémene! Cominciò così una
lotta secolare e senza quartiere: i Frati aspergendo acqua lustrale a dosi
diluviane e le Anguane producendosi in
mille forme tentatrici. Pare che a volte, al colmo della esasperazione, le
maliarde si tuffassero nella sorgente della Torretta, non per nulla chiamata Cògolo dele Anguane, dove trovavano
momentaneo ristoro e talvolta riuscivano anche a risalire fin nel Bìsele ad
ammaliare i più timorati Lusernati.
Il loro canto risuonava nella valle come un irresistibile
richiamo. Gli uomini, presi da improvvisa vertigine, venivano attirati come
allodole. Non c’era verso di trattenerli. E non pochi, annebbiati dalle audaci
proposte, rincorrevano le belle ninfe fin presso il gorgo o le doline. Era
fatale che qualcuno vi si inabissasse per non più comparire. A nessuno mai sorse il sospetto che questi effetti
derivassero dall’abuso del locale e acerbo vin pìcolo, più affine al bombo de védo che
all’ambrosia.
I soli a restare immuni dagli influssi malefici erano
naturalmente i frati e le donne: i primi in virtù di protratti digiuni e penitenze, le
seconde a motivo della loro stessa natura, che le escludeva in partenza da quel
genere di incantesimi.
Nel nostro ameno e giocondo paesello non mi risultano tramandate particolari storie riguardo le lotte fra
i frati e le anguane, invece i nostri cugini Pomposi pare che la
sappiano ben più lunga in merito. La cosa non deve stupire più di tanto: loro sono alla perenne ricerca di
fole di ogni fatta per infiocchettare il loro ormai rinnegato retaggio cimbro con improbabili
vicende di elfi, orchi, gnomi, puffi, streghe e donnette varie, ad uso e consumo
dei zaléti transumanti sul Costo. I velusci poi, si sa, ..bevono tutto.
Prendiamo quindi da “Leggende dell’Altopiano di Asiago” di Francesco Zanocco (Centro Editoriale Universitario) questa storiella che riguarda proprio le nostre trascurate lande.
Prendiamo quindi da “Leggende dell’Altopiano di Asiago” di Francesco Zanocco (Centro Editoriale Universitario) questa storiella che riguarda proprio le nostre trascurate lande.
Gianni Spagnolo
XX-I-MMXVI
I Frati di San
Pietro e le Anguane
// ..Fare una rassegna
di ciò che escogitarono i tenaci a astuti frati di San Pietro, è veramente fuori di ogni
descrizione. Erano bensì riusciti a scacciare le Anguane dalla “Scafa”
incriminata, ma da anni non era possibile snidarle dall’Astico, sulle cui acque
caprioleggiavano con estrema libertà e sicurezza. L’acqua era il loro regno
indisturbato. Sembravano tutt’uno con essa.
Il padre guardiano
che, all’occorrenza, si ricordava di essere considerato un benemerito delle
soluzioni drastiche, riunì il capitolo e prescrisse di porre fine alle dotte
disquisizioni: o si trovava immantinente il modo di estirpare le Anguane o
avrebbe dato un altro giro di vite al già forzato digiuno.
I giorni trascorrevano
affaticati e lenti, senza che una decisione convincente emergesse dall’eletto
concilio. La fame pungolava i visceri e ottenebrava le menti dei poveri frati.
Specie, quando a mezzogiorno, dall’attiguo ospizio giungeva sino a loro un
impertinente profumo di zuppa, misto ad un allegro acciottolio di stoviglie. Fu
così che i buoni frati rivolsero un pensiero all’umile e trascurato frate
converso, addetto alla cucina dei pellegrini. Mai come in quel frangente
l’illetterato servo fu cordialmente invidiato. Ma, un giorno, anche lui venne
chiamato in capitolo, per esprimere un qualsiasi parere sull’intricata
questione.
- Se il loro regno è
l’acqua – disse frate Cuoco, che era la più semplice creatura di questo mondo
-, la natura delle Anguane è logicamente acquatica. Ora l’acqua è nemica del
fuoco, che è violento e vorace, come pure lo è il fuoco con l’acqua, che non
sempre è umile e casta. Se prevale l’acqua, il fuoco si estingue. Se prevale il
fuoco, l’acqua svapora. Alterna è la loro sorte. Provate il fuoco…
Fece uno svelto
inchino e sgattaiolò fuori con gran sollievo: aveva i suoi pellegrini da
rifocillare.
Il padre guardiano e
tutto il capitolo trovarono che l’idea di frate Cuoco, per quanto semplice, non
era affatto balorda. Anzi, tanto semplice quanto logica. Decisero per il fuoco,
e il giorno dopo, che era la festa di Santa Walpurga (N.d.r. Protettrice contro
le arti magiche. La notte tra il 30 aprile e il primo maggio – Notte di S.
Walpurga – fervevano danze e fiaccolate che si protraevano fino all’alba),
ordinarono alle donne di munirsi di torce resinose e di essere puntuali all’ora
del vespro.
A certe imprese le
donne ci stanno con tutto l’ardore dell’anima e del corpo. Affluirono al
monastero con ghirlande di torce resinose e con l’animo deciso a stravincere.
All’ora convenuta
lasciarono la chiesa e processionalmente risalirono l’Astico. Come sempre, nel
preciso istante in cui il sole era appena sceso dietro il Bècco di Filadonna,
le Anguane balzarono improvvise e snelle sull’onda. Svariavano di sfumature
biancorosa, ammaliando gli uomini che accorrevano da ogni dove, attratti dal
loro canto e dal fascino delle loro danze.
Quello che avvenne in
quella sera è presto detto. Ad un segnale convenuto, centinaia di tizzoni
accesi s’incrociarono come in una girandola di fuochi artificiali. E le
Anguane, colpite dal fuoco, si dissolvettero in un leggero friggio vaporoso.
Frate Cuoco aveva
colto nel segno: le incantevoli fate dell’Astico altro non erano che
evanescenze di acqua e di spuma. ..//
Be le patate le abbiamo anche noi mi sembra
RispondiEliminaValà belo, che no xe mia albisogno aver la patata, setu, .... bion anca che la patata tire!
EliminaNo se ghìn vede mia in volta cartei con su scrito la “Patate di San Pietro Valdastico” . De quele de Rotzzzo invesse ghin’è anca pai pai, che no bastarìa gnanca tuto l’altopiàn par tegnerghe bota.
Caro don invece in giro si vedono le scritte patate di valdastico basta solo osservare
EliminaIl Gorgo e' nostro , no di Casotto !
RispondiEliminaIl confine è la VaLtorra, quindi evita di fare brutte figure.
EliminaBen. Qualcosa abbiamo! E non una cosa qualunque! Unica!
RispondiEliminaSetu che lusso!
EliminaChe è la foto iniziale?
RispondiEliminaForse tratta da un album di Patrizia Laquidara?