giovedì 14 settembre 2023

Stiàni

[Gianni Spagnolo © 23G28]

Dovessimo individuare una parola tipica che infarcisce e contraddistingue la nostra parlata, credo che la più rappresentativa sia: stiàni

Stiàni è un avverbio di tempo che non definisce un periodo preciso, in quanto è mutevole e dipende dal rievocante. A prima impressione parrebbe equivalere all’italiano: “questi anni” (stì ani), ma non ne  rende per niente il senso. Sarebbe infatti più appropriato: “quegli anni” (cuij ani), per indicare l’epoca alla quale riferire il discorso, ma a quanto pare non è così. Stiàni ha una sua personalità ben più specifica ed articolata.

L’area di diffusione di questo modo di dire non è propriamente veneta, essendo circoscritta per lo più alle nostre montagne, alla Valsugana e al Primieroto; almeno per quanto mi risulta. Non è sinonimo di “na volta”, perché questa locuzione già esiste nel nostro vocabolario e identifica, come per l’italiano, un tempo genericamente lontano. Stiàni lo usiamo con un’accezione più specifica e personale; è riferito all’età in cui i narranti, generalmente genitori o nonni, erano giovani. Stiàni appartiene quindi al tempo della testimonianza diretta, mentre "na volta" a quella indiretta.

Quand’ero bambino e ascoltavo immagato i racconti de stiàni, questo avverbio così nostrano era avvolto in un’aura di lontananza e mistero. Era un non-tempo, un qualcosa di indefinibile, un insieme di momenti del passato che non obbedivano alla rigida cronologia progressiva della Storia che ci insegnavano a scuola. Stiàni seguiva infatti un criterio mobile: quello che era stiàni per mio padre, non era lo stesso stiàni di mio nonno. Che bàgolo jérelo lora?

Non è un caso che mi diletti oggi in queste oziose divagazioni. Sto infatti raggiungendo l’età dei narranti della mia giovinezza, che mi è difficile inquadrare sotto l’etichetta di “na volta”; mi fa sentire già vecchio. Non è che stiàni me lo faccia sentire meno, ma m’evoca già un’atmosfera più familiare e conosciuta. Sono entrato anch’io in quella magica atmosfera senza tempo che afferisce a questo caro modo di dire. A tachén vegnèr veci, tusi, metémossela via. Ancamassa!




2 commenti:

  1. Bravo Gianni, almeno hai sentito, come me, parlare di "stiàni", anche se non li abbiamo conosciuti. Al giorno d'oggi, chi conosce questa parola tra i giovani ? E una parola dei "nostri veci" che evocava un tempo senza limiti, che ci lasciava sognanti e rispettosi verso loro. Pensavamo : come era alta la neve stiani, o come erano dolci le serate di filò in stalla ; o, più tardi : come era bella la terra incontaminata, l'acqua fresca dei torrenti, la slow vita, ecc...

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