lunedì 18 settembre 2023

Scalsaròti


[Gianni Spagnolo © 23H1]

No, qui non stiamo parlando dei nostri vicini co-valligiani abitanti del Maso Scalzeri, bensì dello scalsaròto, una rustica calzatura molto in voga un tempo.

Era questa una sorta di scarpa di produzione casalinga, con la tomaia e la suola ricavata da strati di tele e stracci pressati e trapuntati, così da ottenere un calzare morbido, adatto all’uso di lavoro. Suola e tomaia potevano essere poi variamente rinforzate con altri materiali, quali scampoli di cuoio o fettucce di canapa, arrivando a formare dei polacchini, molto più confortevoli delle sgàlmare o degli zoccoli di legno. Erano le calzature tipiche delle donne e dei bambini, usate prevalentemente per il lavoro. Ovvio che la soluzione più economica fosse stare in sata, ma le condizioni climatiche e morfologiche delle nostre bande non consentivano di nar descùlsi per tutto l’anno e in ogni situazione. Ecco che allora questi spartani calzari servivano egregiamente allo scopo.

Sòculi, sopèi, sgàlmare e scalsaròti, queste erano le varianti di calzature in uso da noi fino agli inizi del Novecento. Credo che parecchi dei Nostri arrivarono a mettere delle scarpe di cuoio solo sotto naja. Sicuramente il prete, il medico e il farmacista, nonché qualche maggiorente locale potevano permettersi delle scarpe di cuoio fatte a mano, ma non la maggioranza della popolazione, che si adattava come poteva. Se scarpe c'erano, erano quelle da festa, da usarsi per andare in chiesa e in pochissime altre circostanze ufficiali in cui si doveva salvare il decoro. In caso di emigrazione, per esempio, quando si cercava di dare la miglior immagine di sé stessi. Ad ogni modo, il duro lavoro in montagna e nei campi avrebbe rapidamente usurato anche le scarpe più robuste, per cui era senz'altro più conveniente ripiegare sulle sgàlmare dalla rigida suola di legno con le broche. Rispetto a sgàlmare e zoccoli in legno, gli scalsaròti offrivano però l'indubbia comodità di lasciar articolare il plantare, evitando la tipica andatura da zombie di chi indossava le sgàlmare.

Ho sentito accennare tante volte a queste calzature da parte degli adulti di casa, ma ho fatto appena in tempo a vederle calzate solo dalla Judìta e, se non ricordo male, dalle Lusse; tra le poche paesane che mantenevano imperterrite il loro look d’anteguerra.

Un look che comprendeva: cotolùni, fassolèto da testa nero ingropà sula copa a recie de conèjo, gronbiale d’ordinansa coi scarselùni, pontapeti e… scalsaròti. Un abbigliamento funzionale che probabilmente non avrebbe sfigurato in tutti i secoli del secondo millennio, eccetto la seconda metà dell’ultimo. Ai tempi nostri gli scalsaròti erano già un ricordo, resistevano ancora solo le calsarèle. Queste ultime erano le care calzette da letto fatte a ferri dalle nonne, a maglia larga e con i caratteristici lacci con le palline. Un accessorio necessario per affrontare i letti gelidi e le flasse roventi senza ustionarsi. Ma i scalsaròti no, quelli appartenevano alle generazioni precedenti, erano incompatibili col progresso e con la produzione economica e di massa delle scarpe. 

Per la prima volta nella storia, infatti, le scarpe erano diventate accessibili a chiunque, almeno nella nostra parte di mondo. Manco male, ciò!



7 commenti:

  1. Scalzaròti mesi crui e mesi coti.

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  2. Incredibile come tu riesca a ricordare tutte questo abbigliamento,metterlo a fuoco impegna ma fa sorridere ,fatto rivivere i personaggi ...fantastico grazie

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  3. Questa è la nostra storia ,senza infiltrati a pagamento i nostri conti e contessina e anche baroni hanno altre radici

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  4. A Pedemonte"Scalfaroti" e non scalsaroti.In quanto ai" mesi crui e mesi cotti " siamo in rima perfetta con i Sanpieroti perchè tutto il mondo è paese quando c'è la presunzine di essere meglio dei vicini di casa.A parte gli aspetti poetici posso affermare che il giorno dei scalfaroti nuovi e unici era una festa in famiglia con prove di collaudo nella strada sterrata del paese prima di prendere il volo per le ricreazioni quotidiane.Oggi ho 10 paia di scarpe e sempre due piedi ma la gioia di vivere di allora non c'è più.Argomento di meditazione quotidiana per la società dei cellulari.

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  5. L'ultima rievocazione è stata grandiosa !vorrei altrettanto successo, l'allora presente Corona ,che sembra averla molto apprezzata, " lasciamolo perdere" ricordo che fosse ciuco spolpa'

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  6. Scalsari o Scalfari??il defunto ex presidente assicuro non c'entra!

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  7. Gianni hai ragione: ricordare è un patrimonio d'amore per quelli che restano anche quando il nostro tempo è passato

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