giovedì 5 agosto 2021

Sicolamìnti

【Gianni Spagnolo © 21H1】

Adesso li vendono addirittura al supermercato contenuti in retine rosse, come per le patate. Sono i “legnetti” che servono per accendere il fuoco per chi ancora s’ostina ad usare le stele invece del pellet. Accendere il fuoco è un’arte, che non a tutti vien spontanea. A chi non lo ha mai fatto come rito mattutino, sfuggono infatti un sacco di esperienze pratiche che permettono di accendere il fuoco al primo colpo e senza tanti strafanti. 

Zollette accendifuoco, fiammiferoni svedesi che sembrano lance, accendini spaziali cinesi dal becco lungo e snodabile chij dura na cica, ecc.; romai inpissare el fogo a zé bon anca el gato. Poi c’è chi lo fa addirittura dall’alto, tanto le stufe moderne tirano fa on mulo da tuti i cantuni e le s’inpissa istesso. Una rivoluzione, per chi era rimasto fermo a fuminanti e sicole. I fuminanti erano anch’essi una innovazione piuttosto recente, dato che furono perfezionati solo verso la metà dell’Ottocento; prima s’inpissava cola pria. Al di lá del sistema usato per innescare il fuoco, lo strumento principe per la sua propagazione erano le sìcole: quelle che adesso si chiamano “legnetti”. Non bastava infatti la carta per arrivare ad una temperatura tale da bruciare il fagaro; epò la carta nava sparagnà. Per la verità, anche le sìcole sarebbero d'uso abbastanza moderno, giacché un tempo c'erano le fassine di fagaro a fornire i bachetéi giusti alla bisogna, sensa star li a menarotare; ma chi elo desso chel se perde ancor via a far fassine?

Ognuno aveva il suo modo di preparare le sìcole, più o meno lunghe, più o meno sottili. Dovevano essere d’un legno leggero e a vena larga, facile da fendere col menaroto, dimensionandolo nello spessore voluto. L’ideale era l’avesso o il pesso sensa gropi, che si scheggiavano con facilità col menarotelo. Le sìcole erano preziose: non andavano usate a desprìsio, ma solo nella quantità necessaria e sufficiente a propagare il fuoco alle stele di fagaro o càrpane. Il buon esito dell’operazione si capiva subito dall’odore e dai stciochìti del fogo. Questo rito lo faccio ancora e mi godo a preparare le sìcole a misura e del giusto spessore. Inpissare el fogo è in fondo un’operazione creativa dalla millenaria tradizione; è una reazione chimico-termica elementare ma oltremodo suggestiva, osservare le fiamme che si librano dandoti l’esito dell’operato ha un non so ché di ancestrale e liberatorio.


1 commento:

  1. Visto il prezzo dei legnetti sarebbe da considerare un cambio d'impiego...noi abbiamo sempre un secondo lavoro come opzione 🤣

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