L’attrezzo illustrato in foto ha diversi nomi, ma mi pare che da noi fosse comunemente chiamato pieréta. Era costituito infatti da una pietrina sostituibile, compresa da una molla, che veniva fatta sfregare su una superficie zigrinata di acciaio cementato per produrre delle scintille che accendessero il fornello a gas domestico, cuélo con la bonbola de Catinòn, tanto par capirse.
Questo era già un accendino sofisticato, che otteneva lo sfregamento tramite un complesso marchingegno, ossia un pulsante che agiva su una stellina che trasmetteva il moto circolare ad un alberello. Alti modelli erano più spartani, come quelli usati nelle officine per accendere la fiamma ossidrica. Pincionare cola pieréta era il mio sport preferito quando aspettavo che fosse pronta la cena, attirandomi le ovvie reprimende di mia madre, parvia che se fruàva la pieréta. Fruare par gnente era ancora il male assoluto. Il meccanismo pareva difatti congegnato apposta per attirare l’attenzione dei maschietti propensi all’ingegneria. Le pieréte di ricambio erano sparse pai scafiti, contenute in cilindretti trasparenti di vetro prima e di plastica poi e servivano anche per gli accendini a benzina da tasca, parvia che lora i fumava tuti. Questi moderni congegni non erano riusciti tuttavia a sostituire del tutto i fuminanti, datosi che cola pieréta a no se podéa miga inpissare la stua, ma ghe volea el fogo vivo.
Erano comunque la versione moderna di un attrezzo antico: l’acciarino. Pare che già nel Paleolitico superiore, ovvero circa 14 mila anni fa, l’uomo fosse in grado di produrre fuoco attraverso la percussione di pietre piritiche. Successivamente assieme alla pirite iniziano a rinvenirsi pezzi di esca, in particolare di un fungo: il fomes fomentarius. Ne da testimonianza la mummia del Similaun (più comunemente conosciuto come Ötzi, vissuto oltre 5000 anni fa), dove furono rinvenuti, nascosti all’interno di una sacca cucita alla cintura, dei pezzi di fomes fomentarius con schegge di pirite sulla sua superficie, residuato di molteplici accensioni. Pare che Ötzi, una volta acceso il fuoco percuotendo un pezzo di pirite contro della selce, si fosse portato dietro dei frammenti di fungo già accessi (avvolti in foglie di acero fresche per mantenerlo asciutto) dai quali ricavare, nel momento del bisogno, piccoli pezzi di braci già accese pronte per produrre fiamme.
L’uso dell’acciarino in acciaio per accendere il fuoco va ricondotto alla tarda età del ferro, in relazione alla capacità di produrre acciaio con un sufficiente tenore di carbonio. L’acciarino era quindi percosso contro una selce, esattamente come si faceva con le piriti. Tale strumento nacque inizialmente come bene destinato ai più facoltosi, per divenire poi uno strumento indispensabile per ogni persona lontana da un focolare già acceso; va ricordato infatti che in passato il fuoco raramente veniva lasciato spegnere completamente nei villaggi, essendo più pratico propagarlo da un fuoco acceso piuttosto che generarlo a nuovo.
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