【Gianni Spagnolo © 21F29】 |
La parola di oggi è:
- Plao
- Usato quasi esclusivamente in collegamento al vestiario: vestìo da plao. Cioè in modo informale, dimesso, oppure non consono alle circostanze.
Potrebbe forse derivare dal C7C: plòas, nel senso di liscio, schietto, senza fronzoli. É voce raccolta prevalentemente in famiglia e mai fuori dalla nostra zona. Non mi pare infatti registrata nel dialetto vicentino.
Invito quindi il nostro esperto-omeopatico-cimbrico Enrico Sartori ad intervenire per darci la sua opinione.
Invito quindi il nostro esperto-omeopatico-cimbrico Enrico Sartori ad intervenire per darci la sua opinione.
- Frase: A no vegno mia al funerale, ca son vestìo da plao. / Non vengo al funerale perché sono vestito in modo inappropriato.
È quel "omeopatico" che mi eccita le meningi in maniera non necessariamente scientifica:
RispondiEliminaè senz'altro plao(u)sibile se il dittongo "ao" con gli anni possa mutarsi in "oa"; non sono linguista quindi non sono in grado di confermarlo.
Se questa mutazione ha avuto luogo allora ci sono delle parole cimbre dalle quali come il Signor Gianni indica potrebbe derivare "plao":
plòaz e plòach
plòaz significa nudo, solo senza niente, liscio, semplice, mero, schietto, (senza artifizi né fronzoli) ecc.
esempio: dar khüujar, dar schaafar, dar gòozar izzet nia de pulta plòoza: el vacaro, el pegoraro, el capraro mai i magna polenta biota.
bìlldo in kafè memme prampen odar plòoza? Vu tu 'l café coreto o lissio? (El vojo lissio se no mi sbrissio ...)
plòach significa invece pallido, sbiancato, smorto,
esempio: de muutar, seghenten de tochtar dor-plòachan, hat ar vor allame abe-gahaaket in büust; la mama vedendo che la tosa deventava bianca, la ghe ga aperto subito el corseto.
Come "laudatio" per questo blog specifico "gazoghet bor in oarn" aggiungo un commento di uno dei numerosi studiosi del cimbro.
"L'essenza della vita linguistica e dialettale e di tutta la biologia linguistica dei tempi passati può essere giudicata correttamente solo quando si cercano le chiavi dei loro segreti nei prati verde intensi del presente. Se si volesse ancora ricostruire i principi della vita linguistica a partire dalle sole lettere e dal passato morto, allora i ricercatori del dialetto tornerebbero a quell'esangue e polveroso erbario in carta come ad un edificio di segni spettrali, in cui fino nel profondo del secolo scorso tutta la linguistica era rimasta intrappolata in una vecchia aria soffocante e da cui solo i nostri nonni l'avevano liberata."
Eberhard Kranzmayer, Vienna, 1953