Socrate a Gorgia:
Io credo Gorgia, che tu abbia preso parte a molte dispute e notato come non sia facile che gli avversari comincino dall'intendersi bene sugli argomenti di cui si siano messi a discutere, e si lascino da buoni amici, dopo essersi istruiti ed ammaestrati a vicenda.
Invece, ove ci sia qualche punto controverso, e l'uno sostenga che l'altro non si sia espresso bene e chiaramente, pèrdono la calma e si immaginano, ciascuno, di essere contraddetti per un sentimento di invidia; sicchè la discussione diviene piuttosto una contesa, che una via per chiarire l'argomento su cui si ragiona.
E alcuni anzi finiscono per separarsi nel modo più disgustoso, dopo l'essersi scambievolmente oltraggiati, avere detto e udito delle offese personali così gravi, che anche i presenti si pentono di essersi degnati di ascoltare gente simile.
E perchè questa osservazione? Perchè mi pare che tu dica ora delle cose non in tutto coerenti con ciò che dicevi prima a proposito della retorica. E temo che, se io prendo a redarguirti, tu possa supporre che io mi ostini, non per il desiderio che si chiarisca il punto di cui discutiamo, ma per litigare con te. Se perciò sei di quelle persone che la pensano come me, io ti interrogherò volentieri, se no rinuncio.
E che tipo di persona sono io? Di quelle che si lasciano volentieri confutare, se dico qualche cosa non vera, e confutano volentieri gli altri che dican cosa non vera; insomma di quelle che provano non minore piacere nell'essere confutate che nel confutare.
Anzi io stimo che essere convinto di pensare in modo errato è per un uomo un bene tanto più grande quanto più grande è l'essere egli stesso liberato dal maggiore dei mali, piuttosto che liberarne un'altra persona.
In effetti io credo che per un uomo non ci sia un male altrettanto grave, quanto quello di avere una opinione falsa sull'argomento di cui ragioniamo.
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