martedì 27 ottobre 2020

In gita col Prete

 


【Gianni Spagnolo © 20X17】
La gita col prete era una delle poche occasioni, al di là dell’emigrazione, che permetteva di mettere il naso senza ambasce fuori dal paesello. Si faceva in giornata verso le solite mete: alla Madonna di Pinè, a quella di Monte Berico, al santuario della Corona, al Santo di Padova e a qualche variante sul tema. Era prevalentemente partecipata da donne, raramente da uomini; un po’ perché gli uomini erano occupati o dispersi, di più perché erano considerate robe da fémene, riservate alla cerchia delle Pie Donne, cuéle tacà ale còtole del prete.
Io non ci ho mai partecipato; noi mòcoli avevamo riservate delle escursioni molto più interessanti e di nostro gradimento, cioè quelle in montagna stipati nella seicento di don Francesco. 
Allora bisognava presenziare d'ufficio ale Funsìon, cioè ai Vespri; ogni domenica pomeriggio, anche in quelle estive in cui il sole prorompeva dal rosone lusingandoci a scorrazzare all'aperto. Non vedevamo l’ora che il celebrante posasse l’ostensorio, Toni podólo gli levasse il piviale e si smorzassero i cori delle zelanti veciòte che intonavano in falsetto “.. Ohhh sole vivoooo disceso dal cielooo…” C’infilavamo correndo nel strendaóro che portava in sacrestia togliendoci la cotta in itinere e sfilandoci la talare, strappandone la fila di bottoni automatici fuori ordinanza per gettarla al volo sulla caeciàra al muro, dribblando lesti i codògni* di Toni Podólo. Così correvamo direttamente dietro il campanile, dov’era parcheggiata la seicento celestina di don Francesco, quella con le porte rovèrse e le gomme bianchenere. Qui accadeva il miracolo! Solo un benevolo intervento divino poteva infatti stipare cinque o sei mòcoli  urlanti in una Fiat Seicento, oltre naturalmente a don Francesco, che era un omone di suo.
Il prete era stato abilmente lavorato in precedenza per estorcergli la promessa di portarci in gita. Era un uomo buono, don Francesco, e cedeva volentieri alle nostre insistenze, anche perché così aveva modo d'ispezionare il territorio della valle in cui era capitato da poco. 
Era trevigiano di Segusino e parlava il veneto troncato di quelle parti, che a noi suonava strano e divertente. Fu così che scoprii il Cròiere, i Siroccoli, il Sojo dell’Aquila, Luserna, Lavarone, il Còvelo di Rio Malo, Rotzo, Tonezza... Riuscimmo perfino ad incrodarci sotto l’Obergrubele. Per la prima volta salimmo sul Summano, da dove ammirammo paesaggi sconfinati fino alla grande città là in fondo. Erano inconsueti per noi, abituati agli orizzonti vallivi castigati dai Soji. Non lo sapevo ancora, ma di lì a poco avrei varcato anch’io quegli orizzonti lontani, sulle strade d'emigrazione già tracciate dalla mia gente. 
In verità ero già stato laggiù a Vicenza, qualche anno prima, con mia mamma. Viaggiammo con la corriera di linea attraversando una pianura che mi pareva sconfinata, senza più montagne, verso una città che avevo solo sentito nominare, alla volta di  Monte Berico. Era l’epoca in cui le madri affidavano ancora i figli alla Madonna, così come un tempo fecero le loro, portandoli a Pinè a piedi e sulle spalle.

In questa foto, scattata in occasione di una gita a Sotto il Monte (BG), alla casa natale di Papa Giovanni XIII°, rivedo la Benedetta (06), sorella e perpetua di don Francesco, che aveva quell'acconciatura all'antica, che resisteva ancora nelle donne di Luserna. Un giorno ci premiò facendoci la cioccolata con una montagna di panna montata, una leccornia che noi mòcoli non avevamo mai assaggiato. Alla Benedetta associo pure un episodio che ha per oggetto l'umiltà. Eravamo, mi pare, a Castelletto, e la Benedetta ci aveva offerto delle mele, dono di qualcuno del luogo. Passò ad offrircele e io scelsi per primo, e con esitazione, la più piccola ed acciaccata. Quando ne ebbero prese tutti, lei lodò pubblicamente la mia generosa umiltà, portandomi ad esempio perché avevo preso per primo la più piccola e la più brutta, lasciando agli altri le migliori. In verità non era proprio così! Avevo preso la più piccola perché a me le mele allora non garbavano e quindi avevo solo scelto, par creansa, il male minore. La mela minore!

 (Foto gentilmente concessaci da Gianna Lucca, che ringraziamo.)

01 - Fontana Mattea (Tea)

02 - Righele Daria

03 - Suor Maria da Monteviale

04 - Guzzo Luigia (o Giuseppina?)

05 - Filosofo Marcella

05bis - 

06 - Zago Benedetta

07 -

08 - Toldo Vittoria

09 - Fratello di Papa Giovanni XXIII°

10 - Nicolussi Barbara (?)

11 - Slaviero Eleonora

12 - Fontana Romana 

13 - figlio di Slaviero Eleonora

14 - Toldo Gloria

15 - Pretto Ida (scarpara)

16 - Toldo Maria (maule)

17 - Cerato Liliana? o Stefani Dina?

18 - Toldo Felicita (la Feli)

19 - Sartori Ines

20 - Fontana Rosa (Rosina gala)

21 - Toldo Virginia Rosa (Rosina del sauro)

22 - Stefani Luigia

23 - Zampieri Olga

24 - Zampieri Ada

25 - Suor Carmina

26 - Suor ?

27 - Don Francesco Zago

28 - Bonato Maddalena

29 - Toldo Carmelina

30 - Gianesini Lilia

Codògno, cioè colpo inferto a striscio sulla testa con le nocche del pugno chiuso. Così era anche soprannominato da noi mòcoli  il sagrestano Antonio Nicolussi, detto Toni Podólo, per la sua terribile abitudine di punire in questo modo chi non si atteneva alla sua disciplina in chiesa.

4 commenti:

  1. N.26 superiora dell asilo,non ricordo il nome.
    S.Carmina,ricordo la sua minestra di risi e patate con pomodoro,che profumo
    S.Maria che suonava il pianoforte
    ,

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  2. Bravo Gianni sempre commenti molto attenti esplicativi e con tante nozioni. Per me e la mia generazione Antonio Nicolussi era Toni Campanaro e ti potrei raccontare diversi aneddoti con toni Campanaro. Io e Gian Gianesini Gianfranco andavamo sempre a suonare le campane con Toni

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  3. una delle più ( divertenti ) di allora fu la bressanone, braies,cortina,longarone e mi sembra alla fine anguriata a vicenza, molte le foto scattate se qualcuno le trovasse in qualche cassetto sarebbe bello rivederle, tutta la gioventù del paese era su quella corriera grazie

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  4. Bravi,questi ricordi sono un sollievo in questi giorni coinvolti in tanti problemi.Oltre a ciò rivedere volti tanto cari,anche se alcuni avvolti nelle ombre dei ricordi ma pur sempre custoditi nel cuore della memoria,è un ristoro spirituale che ci allieta.Grazie a Gianni,mente fertile e feconda di stile piacevole e arguto.Continua così che sei su una buona strada.

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