【Gianni Spagnolo © 20X19】
Con l’avanzare dell’autunno, anche Montanello deve adattarsi al mutato clima e proporre itinerari più prossimi ed a quote meno elevate. Ecco che allora può essere interessante esplorare la parte dell’altopiano di Tonezza opposta a quella che s’affaccia sulla nostra valle.
Qui troviamo un ambiente per certi versi ancora selvaggio e poco conosciuto, dove pareti rocciose e sentieri dimenticati, valli profonde e boschi popolati di camosci si accompagnano alle ancora evidenti testimonianze della Grande Guerra.
Ci sono diversi sentieri che vi salgono partendo dalla sottostante Val del Tovo o dalla conca di Laghi, ma ci si può più agevolmente portare in quota con la vettura risalendo la strada comunale della Val di Rio Freddo fino a Malga Zolle di Fuori (1.157 mslm). La carrareccia d’accesso è sterrata nell’ultimo tratto e richiede un po' d'attenzione per il fondo sconnesso. Risale per boschi e contrade un tempo assai popolate, ma ora pressoché disabitate; anche se non del tutto abbandonate, perché chi ci è nato non ha perso del tutto l’originario imprinting e ancora tenta di mantenerne vivo il retaggio. La valle è dominata dall’imponente ed arcigno profilo meridionale del Tòrmeno, che ci porteremo dietro anche noi nella parte iniziale del tragitto.
Dagli aperti prati di Malga Zolle di Fuori, dove si parcheggia, si prende il sentiero 533 che sale agevolmente verso il Passo della Pianella (1.365 mslm). Volendo si può anche proseguire per la carrareccia verso la Val delle Zolle, della quale questo tratto di sentiero costituisce una scorciatoia. Giunti al passo, si prende a sinistra imboccando la suggestiva “Strada della Cuccà”, un percorso militare di arroccamento che taglia gli scoscesi pendii meridionali delle Porte di Toraro, lambendo il Monte Cuccà e l'inconfondibile profilo del Capel de Vescovo, che più che una mitria sembra un corno dogale.
Il percorso si dipana sostanzialmente in piano insinuandosi nelle testate della valli dei Tuvi e di Cuccà che precipitano ripide verso le sottostanti contra’ della Val del Tovo. Questo è forse uno dei percorsi più gradevoli e panoramici delle nostre zone, dato che offre pittoreschi affreschi rocciosi delle soprastanti stratificatissime dolomie, e aperti panorami dominati dai gruppi montuosi contigui del Pasubio e del Carega. Spettacolari alcuni resilientissimi faggi abbarbicati su quelle rocce in disperati radicali abbracci.
Doppiato il Capèl del Vescovo, il sentiero s’inoltra verso la verde conca valliva dei Campoluzzi raggiungendo la malga di Campo Azzaron. Qui arriva anche l’erto e sinuoso sentiero 530 dei Castéi che parte dalla conca di Laghi e che poco prima s’era congiunto in quota con l’ancor più impervio strodo 525 che risale la selvaggia Val Sgarabozza.
Dai prati di malga Campo Azzaron, prendiamo a destra salendo proprio sul sentiero 530, che attraverso un bel bosco di faggi e con un costone roccioso finale, ci porta alla Croce del Toraro (1.670 mslm). Siamo sulla linea del fronte che vide contrapposti gli eserciti della Grande Guerra e dove passava il confine di Stato fino al 1918. Terre disputate anche prima, nelle secolari contese che videro contrapporsi la comunità di Folgaria a quelle vicentine. Questa cima non ha la notorietà e le visite del suo più blasonato vicino, il Monte Toraro, ma offre un ambiente più isolato e selvaggio, unitamente ad un panorama grandioso sui nostri altopiani. Vale certo una sosta che coniughi la mistica alla mastica.
Dalla cima si scende brevemente sul pendio orientale verso le Buse di Toraro fino ad incrociare il sentiero 533 che devia a Sud verso la verdeggiante conca di Malga Toraro (1.568 mslm). Questo è un luogo che pare favorito dai camosci, dato che non m'è quasi mai mancata occasione di vederne, addirittura in branchi di oltre venti esemplari. Dalla malga si prosegue sulla carrareccia che scende verso la nora di Barbarena, badando di deviare presto a sinistra per imboccare la valletta che prosegue col segnavia 533 fino ad incrociare la strada che porta al passo della Pianella e di lì al punto di partenza.
Si tratta di un giretto breve ed appagante, con un dislivello altimetrico limitato ai 500 m e percorribile in ogni stagione in 4 o 5 ore a seconda della gamba; anche ad autunno inoltrato, se manca la neve. Anzi, direi che è proprio nelle limpide e fredde giornate di primavera o d'autunno che il panorama offerto si dilata a dismisura e diventa solitario e grandioso.
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