Così si diceva, il 2 dicembre, prima che esistessero le previsioni
meteorologiche, quando i nostri nonni avevano necessità di dare una
sorta di indicazione climatica sulla prossima stagione invernale.
E noi bambini speravamo che nevicasse, in quel giorno del destino! Perché la neve quel giorno avrebbe significato pomeriggi di slitta e di “slìsseghe”.
Erano le “slìsseghe” delle lunghe piste di neve battuta, sulla quale, la sera, si spruzzava dell’acqua in modo che il gelo della notte le trasformasse in lucenti scie di ghiaccio sulle quali poi, tutti, avremmo potuto scivolare! In piedi, sugli scarponi chiodati, più abili di ogni equilibrista del circo!
Ma, in quei giorni, ci avevano insegnato anche un altro detto, importante, fondamentale:
“Sotto la neve pane”!
Era importante e necessario che nevicasse perché i piccoli semi di frumento, sparsi a ottobre sulla terra appena arata e bruna, avessero la loro coperta candida che li proteggesse dal gelo. Difficile da capire per noi bambini, con i geloni ai piedi e le mani dure di freddo: una coperta... di neve! Che tiene caldo? Eppure ci avevano insegnato così.
La maestra ci aveva fatto imparare, a memoria, una poesia: “- Chiccolino dove stai? - Sotto terra, non lo sai? - E là sotto non fai nulla? – Dormo dentro la mia culla! – Dormi sempre, ma perché? – Voglio crescer come te! – E se tanto crescerai, chiccolino, che farai? – Una spiga metterò, tanti chicchi ti darò, pane buono diverrò!“ Con la neve i piccoli semi avrebbero “dormito” per tutta la brutta stagione fino a trovare poi nutrimento da quella stessa coperta gelida che, in primavera, si sarebbe sciolta per dare vigore al germoglio e alla nuova spiga.
La neve di Santa Bibiana già preannunciava il profumo del pane che, al mattino, si spargeva, soave, per le vie del paese.
E allora, Santa Bibiana, fa che nevichi! O che nevichi almeno tenerezza di ricordi, bontà e poesia sui cuori di ognuno di noi. Per… quaranta dì e una settimana!
Lucio Spagnolo
E noi bambini speravamo che nevicasse, in quel giorno del destino! Perché la neve quel giorno avrebbe significato pomeriggi di slitta e di “slìsseghe”.
Erano le “slìsseghe” delle lunghe piste di neve battuta, sulla quale, la sera, si spruzzava dell’acqua in modo che il gelo della notte le trasformasse in lucenti scie di ghiaccio sulle quali poi, tutti, avremmo potuto scivolare! In piedi, sugli scarponi chiodati, più abili di ogni equilibrista del circo!
Ma, in quei giorni, ci avevano insegnato anche un altro detto, importante, fondamentale:
“Sotto la neve pane”!
Era importante e necessario che nevicasse perché i piccoli semi di frumento, sparsi a ottobre sulla terra appena arata e bruna, avessero la loro coperta candida che li proteggesse dal gelo. Difficile da capire per noi bambini, con i geloni ai piedi e le mani dure di freddo: una coperta... di neve! Che tiene caldo? Eppure ci avevano insegnato così.
La maestra ci aveva fatto imparare, a memoria, una poesia: “- Chiccolino dove stai? - Sotto terra, non lo sai? - E là sotto non fai nulla? – Dormo dentro la mia culla! – Dormi sempre, ma perché? – Voglio crescer come te! – E se tanto crescerai, chiccolino, che farai? – Una spiga metterò, tanti chicchi ti darò, pane buono diverrò!“ Con la neve i piccoli semi avrebbero “dormito” per tutta la brutta stagione fino a trovare poi nutrimento da quella stessa coperta gelida che, in primavera, si sarebbe sciolta per dare vigore al germoglio e alla nuova spiga.
La neve di Santa Bibiana già preannunciava il profumo del pane che, al mattino, si spargeva, soave, per le vie del paese.
E allora, Santa Bibiana, fa che nevichi! O che nevichi almeno tenerezza di ricordi, bontà e poesia sui cuori di ognuno di noi. Per… quaranta dì e una settimana!
Lucio Spagnolo
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