venerdì 28 giugno 2024

La barchéta de San Piero




Rita aveva allora, forse, sessant’anni e aveva due galline: le trattava come regine e loro contraccambiavano le cure con un uovo fresco, ogni giorno, per almeno 9 mesi l’anno. Le uova servivano per tirare le lasagne, per una frittata e per l’immancabile torta, ogni venerdì sera, per la festa. Ma c’era un uovo, nel corso dei giorni, che diventava “importante”: verso le metà del mese di giugno Rita raccoglieva un uovo, tondo e pieno e lo poneva, al fresco, sulla soglia di pietra della finestra di casa posta a nord, verso il filare di maggiociondoli pieni di grappoli d’oro sotto i quali profumavano le fragole, dove il sole non arrivava mai, nonostante la stagione di luce.
L’uovo rimaneva là, prendendo il tepore fresco di giugno, in attesa del suo uso rituale, e particolare.
Arrivava la sera del 28 giugno e Rita mi aspettava per preparare “la barchetta de San Piero”! Prendeva un vaso ampio e rotondeggiante, che lei diceva essere pregiato perché proveniva da Murano e per me, che avevo visto le immagini sul sussidiario delle isole di Venezia, un vaso di Murano non poteva che essere prezioso come un tesoro! Riempiva il vaso con l’acqua freschissima che, per l’occasione, aveva prelevato in una fonte “la Romita” posta appena sopra il paese. Poi prendeva, con rispetto quasi sacrale, quell’uovo, lo rompeva con una mossa secca e precisa e ne raccoglieva l’albume in un piccolo mestolo. Avvicinava il mestolo colmo all’acqua, vi immergeva l’albume, lentamente, e recitava una “preghiera” per me una formula magica che avrebbe trasformato il bianco di quell’uovo… in un’opera d’arte! Diceva: “San Piero della barca, fè che el pan a nessun ghe manca, e dè salute ai nostri cari, quei vissini e quei lontani”. Si commuoveva pensando ai suoi due nipoti, unici nipoti, dei quali custodiva religiosamente le foto sul comò, in camera, perché vivevano a Melbourne e che, mai, aveva visto di persona.
Poi riponeva il vaso colmo d’acqua, nel quale era annegato l’albume dell’uovo prescelto, sul davanzale di una finestra, stavolta a sud, in attesa della notte. In quella notte, per me bambino, san Pietro avrebbe trasformato un insignificante albume d’uovo in un veliero. Domani ci sarebbero state vele, e bandiere, e mille alberi per sorreggerle, a forma di pinnacoli come un immaginario tempio fluttuante.
E così avveniva, sempre. La mattina del 29 giugno, appena sveglio correvo a casa di Rita per vedere la barchetta de San Piero. E ogni anno era una sorpresa: stavolta tutte le vele ritte e filanti, un’altra volta larghe e pesanti; pochi alberi per sorreggerle o cento, filanti guglie volute… da San Pietro!
Nella cultura contadina la forma della “barca de San Piero” veniva interpretata. A seconda di com’è il veliero, i contadini sono in grado di capire le condizioni del tempo che li aspetta. E così anche Rita decretava, leggendo il futuro in quella sfera di cristallo che custodiva mille punte filanti, la mattina del 29 giugno, come sarebbe stata la nuova stagione: feconda o avara di frutti dell’orto e dei campi, generosa d’erba per il pasto invernale delle mucche o arida e difficile.
Tutto un mondo di speranze, di attese, di sogni, di ricordi e di affetti che girava attorno alla “barchetta de San Piero”, nella notte magica e al mattino luminoso del 29 giugno, festa di San Pietro e Paolo, tanti anni fa…
Lucio Spagnolo

1 commento:

  1. Che bel racconto grazie Lucio,è sempre bello essere bambini, emozioni andate!,quando c'era poco e adesso....

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