Un
viaggiatore, proveniente da Arsiero, imboccando la strada della Valle
dell'Astico, che corre sinuosa e incastrata fra fiume e montagna,
nota che, passato il ponte di Pedescala, la Valle improvvisamente si
allarga. Si può così osservare, sulla sinistra del fiume ed un po'
rialzate sulla collina, la lunga fila di case del paese di San
Pietro con, sul retro, un po' sgradevole alla vista, della sua chiesa.
Specialmente la notte si presenta un'immagine suggestiva delle
sue contrade piccole e grandi, sparse sullle pendici della montagna.
La fievole luce che si vede lassù, la più in alto di tutte, quella
é la luce della “Contra' Baise”.
Il
luogo è configurato da cinque case, quasi gemelle, unite da tezze,
stalle e scantinati alla sesta casa: la casa “madre”. La prima
costruita verso la fine del cinquecento-inizio seicento, dalla
famiglia dei BONIFACI soprannominati “BAISE”.
Per
tradizione familiare, trasmessa da generazione in generazione, si
racconta che gli antenati di questa famiglia,
fossero
degli abitanti della repubblica di Pisa, emigrati in Corsica del Sud,
prima dell'anno mille. Avessero fondato il porto e la città di
Bonifacio, assumendosene così anche il nome. Nel 1400 furono espulsi dalla Corsica dai Genovesi, loro acerrimi
nemici. La maggior parte si rifugiarono nel sud della Francia, nell'attuale Provenza, dove vivono ancor oggi molti discendenti.
L'Antenato
dei Bonifaci “Baise” invece, ritornò in Toscana e si mise al
servizio dell'esercito pontificio. Persona irrequieta e focosa,
commise una grave “sciocchezza”. Fu
costretto
a fuggire la rigorosità papale e rifugiarsi sotto la protezione di
Venezia. Per evitare ritorsioni da parte papalina, il Doge lo spedì
ai Torrioni di Pedescala a proteggere la “strada de l'Alemagna” (così si chiamava anticamente questa via, sola percorribile, situata
alla sinistra dell'Astico) infestata da frequenti scorribande di
teutonica provenienza. Sotto la vecchia chiesa di San Pietro in
contrada "Checa" conobbe una fanciulla avvenente e di nobil stirpe
se ne innamorò e, stanco di una vita randagia, se la sposò e per
amore, divenne pastore. Con il passare degli anni, i suoi
discendenti tanto lavorarono e tanto intrapresero
da
rendere gelosi e cattivi i vecchi abitanti che, tanto loro fecero
di soprusi ed angherie da costringerli ad abbandonare il paese e
rifugiarsi in un luogo più sicuro e tranquillo. Scomodo e senza vie
di accesso, ma sicuro e sopraelevato. Da lassù dominavano tutta la
Valle dell'Astico: dal Colletto di Velo a sud, al Becco di
Filadonna a Nord. Potevano vedere ed osservare ogni movimento.
Più
probabilmente si installarono lassù ai “Baise”' per la vicinanza
della Torra, torrente certo, ma sopratutto, a quei tempi, unica
strada che collegava il fiume Astico alle ricche montagne
dell'altipiano. Migliaia di metri cubi di legname, di tutte le lunghezze, che serviva alla costruzione delle fondamenta delle
case e dei palazzi di Venezia, transitarono in pericolose condotte per questa via, dando lavoro a tanti uomini, che
altrimenti sarebbero stati costretti, come successe più tardi, ad
abbandonare il paese.
Non
solo, ma la Torra era anche il confine naturale tra la repubblica di
Venezia e l'Impero austriaco, di cui Casotto, il paese più vicino,
faceva parte. Tanto vicino che, pur in un linguaggio tutto loro le
genti da una sponda all'altra si parlavano e si ingiuriavano, senza
difficoltà. Per tre secoli, tonnellate di cereali e carni hanno
attraversato i confini dal territorio veneziano a quello del “Sud
Tirol”. Fino a una cinquantina di anni fa esistevano, solo a
Casotto di sotto, cinque mulini lungo l'Astico. Non é che
macinassero i sassi delle Marogne!
La
stessa cosa dalla parte opposta con il tabacco ed il sale
proveniente
dalle saline di Salisburgo.
L'arrivo
agli albori dell'ottocento delle truppe napoleoniche e la loro
rivoluzione, portarono la miseria più nera nella Valle dell'Astico:
più legname per Venezia occupata e più contrabbando non esistendo
più le frontiere.
A
partire dal 1870 mio nonno Basilio decise di
scendere definitivamente in Contra' Lucca dove le
famiglie possedevano delle case in cui passavano una parte
dell'inverno. Successivamente tutte le famiglie “Bonifaci Baise”
fecero la stessa cosa. L'ultimo fu un certo Antonio nel 1900 che partì direttamente per l'America. Durante la guerra
del 1915-18 le case in prima linea
furono completamente distrutte. Nel 1920 furono
ricostruite nello stile di quell'epoca. Non furono mai più abitate,
all'infuori della Casa Madre, la prima della fila a destra.
In
questa casa era rimasto solo un certo Valentino Carraro, originario
di Grantorto nel padovano, che aveva sposato una vedova Bonifaci.
Costei morì senza lasciare figli, ma lasciando al marito come
eredità, un terzo di tutti i beni che possedevano i “Bonifaci ai
Baise”.
Il
Carraro si risposò con una vedova da Forni, una certa Maddalena Dalla Via, che portò con sè una figlia: Domenica. Ebbero
assieme due figli: Antonio e Maria.
Antonio
si sposò con una cugina: Maddalena ed ebbero
sei
figli ed una figlia. I figli assieme al padre, si costruirono a
Piovene un appartamento ciascuno. I più giovani avendo il lavoro
vicino si installarono subito “in città”. Con i
genitori rimasero: Valentino, il più anziano e Dino che quando sua madre si
ammalò in forma grave abbandonò l'Arma dei carabinieri e si
dedicò a curarla fino alla sua morte, dedicandosi anche ai lavori
delle abbondanti terre.
Grande amatore di belle donne e del gioco,
Dino fu colpito anche lui dallo stesso male della madre, già molto
tempo fa, ma non si lasciò mai abbattere, anzi, si direbbe che la
malattia gli abbia, fino a qualche anno fa, duplicato le forze.
Ora
però, la natura sta presentando il conto. Piano piano il mondo sta
chiudendosi attorno a lui. Valentino, vecchio “fauno dei boschi” e
grande coltivatore della “Singela”, pur facendo una vita
ineguagliabilmente sana, la brutta malattia se l'è portato via,
lasciando solo il fratello ottantenne.
Fu
un duro colpo!
Oh... Non era certamente il grande amore fra loro due, di carattere
diametralmente opposti. Dino, ancora impregnato dell'educazione
dell'Arma, Valente di quella appresa nelle stalle e nei cantieri.. eppure ora gli sta mancando molto la sua presenza!
Amorevolmente
assistito dalla sorella Pia e dal fratello “tuttofare”
Adriano, l'ottantunenne Dino, ora molto malato, vive tutto solo
lassù, isolato dal mondo.
Certamente, ultimo abitante della “CONTRA' BAISE”!
Lino Bonifaci
Ringrazio di cuore il signor Lino Bonifaci per questa biografia degli abitanti dei Baise a cui sono legata da legami di parentela lontana, ma di affettuosa, sentita vicinanza, avendo trascorso nella loro casa, là in alto, giorni felici della mia infanzia , il cui ricordo mi lega ancora a Pia, a Dino,ad Adriano. Ritorno sempre volentiei lassù e mi piace farlo a piedi, per godere dei luoghi rimasti pressochè immutati anche dopo tanti anni.L'ospitalità schietta e genuina dei miei cugini mi ripaga della fatica della salita. Buon Natale
RispondiEliminaMaria Grazia Carraro