Dopo cinquantacinque anni
di una generosa esistenza, punto di riferimento, compagno assiduo e
testimone di vita per tre generazioni, ora, muto, giace a terra,
spezzato a tronconi, da micidiale arma fendente. Annientato dalla
stessa mano che più di mezzo secolo prima l'aveva con tanto amore e
cura piantato.
Era la più scadente
delle tre piantine che erano state acquistate
con dei vicini. Malgrado
le molte cure, impiegò molto tempo a diventare “adulta”, al contrario
delle altre due che da subito incominciarono a dare frutti, ma lei
non le invidiò.
Quando partì... in pochi anni
divenne un gigante con rami enormi e poderosi. E dalla sua grande
altezza vide le due sorelle perire una dopo l’altra.
Era uno spettacolo
meraviglioso, in primavera, ammirare la sua immensa chioma carica di
bianchissimi fiori, le verdi foglie e poi le succose ciliege.
Quando, appoggiata la
lunga scala sul suo tronco, raggiunsi la cima, sentii una voce
rauca che mi interpellava: "ma cosa vuoi fare?" Dopo avermi
mutilato dei miei poderosi rami, rovinati dal vostro calpestio, tanto
da rendermi un tronco scarno e ridicolo, vuoi ora abbattermi?
Ingrato!
Non ti ricordi di tutte le
gioie che ti ho regalato...a te, ai tuoi figli,
ai tuoi nipotini? Non
ti ricordi della quantità e della qualità di ciliege che
coglievi? Le “mie” ciliege... te lo ricordi bene, erano le migliori
del vicinato!
Non ti ricordi, nelle
calde estati, dei pranzi, nei giorni festivi, delle lunghe cene, dei
canti all’ombra della mia mole?
Non era necessario il
parasole, i mie rami e le mie foglie erano sufficienti per portare
ombra e frescura.
Sentinella sempre presente
e vigilante, potrei raccontarti di tutte le persone che sono passate
sotto le mie fronde; le gioie e i dolori, i piccoli e grandi della
tua famiglia. Di tua figlia minore, che, appoggiata pericolosamente
in bilico sulla ringhiera del poggiolo, cercava di cogliere le prime,
ancora un po' acerbe ciliege!
Dei tuoi figli e dei loro
numerosi e turbolenti amici che d’estate, con una lampadina
penzolante da un mio ramo, giocavano a ping pong, sotto la mia
protezione, fino al mattino, per la grande disperazione dei vicini.
O del nipote che costruì a due metri di altezza, con stracci e
tavole, un palcoscenico, così ben fatto che il vicino ammiritivo
gli chiese: ”D....., quando ci sarà la prima?“
O della piccola piscina
dove sguazzavano i tuoi nipoti e l’altalena appesa al grosso ramo
sopra al prato. Quello stesso ramo su cui tu ti eri seduto per
tirare un filo che, staccatosi dalla parte opposta, ti fece fare una
“scarivoltola” (capriola) e ti trovasti lungo e disteso,
sul prato,
incolume; e della scala marinare attorcigliata al mio tronco?
Così bisbigliava il
vecchio ciliegio, cercando di intenerirmi.
Allora così gli
risposi:
“Vedi, o vecchio ciliegio, vi sono nella natura delle
leggi che per volontà o per forza bisogna rispettare!
Tu hai avuto una bella e
lunga esistenza. Hai dato tutto ciò che hai potuto e avuto tutto
ciò che si può avere.
Ora sei vecchio ed
inutile, devi lasciare il tuo posto a quel piccolo ciliegio che vedi
ai tuoi piedi. Gli facevi ombra e gli davi fastidio. Da tre anni
aspetta scalpitando questa ora. Vuole pure lui diventare grande e
forte come te. Dare frutti succosi e dolci.
Ma... il tuo compito
nella vita non é ancora finito. Fra qualche ora arriverà il mio
vicino che porterà a casa sua i pezzi del tuo tronco.
Brucerai nel suo caminetto
e gli riscalderai la sua dimora e diventerai cenere.
Solo
allora avrai finito la tua esistenza.
Addio vecchio amico, non
ti scorderò. Ogni qualvolta aprirò la porta d’entrata della
casa, vedrò la tua “ombra” svettare ancora verso il cielo.
Invece di ridurlo in cenere, fatelo vivere ancora un po': "Mastro Ciliegia volendo fabbricare una gamba di tavolino, cerca di utilizzare un pezzo di ciliegio che aveva nella bottega, ma viene spaventato perché il pezzo di legno parla con una vocina da bambino implorandolo di non martellarlo forte, e decide di regalarlo al suo amico Geppetto.
RispondiEliminaGeppetto entra nella bottega del suo amico mastro Ciliegia perché ha avuto l'idea di fabbricare 'un burattino meraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali'"...
Gli alberi, dopo la morte, vanno nel paradiso dei balocchi!
Bravo Enrico, una bella favola ds raccontare ai bambini, anziché quelle cretinate che ci propina la tv.
EliminaLino, sebbene la tua storia fosse bella, e raccontata con poesia, ha ragione Henry : devi trovare una fine meno triste e più fantastica a questo pezzo di ciliegio della Val d'Astico. Lasciati intenerire dal tuo vecchio amico l'albero, così differente dell'uomo al quale ha portato tanto ed avuto così poco in ritorno. Perchè no una fine in un bel pupazzo, destinato al paese dei balocchi... di Carlo Collodi ?
RispondiEliminaEh sì, è bello sognare, tornare nel mondo dell’infanzia, quando fra l’altro avevamo la voglia o il piacere a credere alle menzogne degli adulti. A noi tutti piace un “happy end” quando possiamo immaginare che le cose continuino in buon ordine, come si deve, dopo che la parola “FINE” appare.
RispondiEliminaLa proposta finale da me fatta però è appunto poco realistica. Quella scritta da Lino Bonifaci è più vicina al neorealismo del dopoguerra. La sua mi è piaciuta molto proprio per quello e la mia tentava di proporre in alternativa un “No” al pessimismo galoppante che ci assedia e ci accerchia delle volte.
Abbiamo letto il libro di Collodi da bambini, ma se lo leggiamo oggi, ci accorgiamo che il libro contiene soprattutto messaggi per adulti, sulle situazioni che incontriamo tutti i giorni e di come diventare veramente "adulti" e responsabili è difficile. Leggevamo anche i viaggi di Gulliver, nel paese dei Lilliput e dei Giganti. Anche questo libro è stato scritto piuttosto per adulti con una critica feroce della società inglese d’allora. Rileggiamoli, così ritroveremo le componenti ridicole del comportamento di quelli che dicono di governarci e di quelli che vogliono il Brexit e il Venetexit e il Renzexit e poco hanno da proporre in alternativa eccetto di mangiarsi loro un bel po’ di fieno dal mucchio accumulato dalla comunità.
Eilà, Lino, à la bonheur! A no go mia capio ben andove che te la ghivi sta siaresara, in Gallia o d'insù per gl'irti colli baisici?
RispondiEliminaSponcy, se te vui che gli anonimi i capisse, bisogna che te scrivi giusto : "à la bonne heure" e no "à la bonheur" anca se te si contento.
EliminaE questione di tempo e no di felicità, in questa espressione francese.
Ma scometo che te lo fè "exprès" per imbroiarne ?
Quod scripsi, scripsi! (Copyright Pontius Pilatus)
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