Forse non tutti sanno che, il Kamut® non è un tipo di cereale, bensì un marchio.
La prima cosa importante da dire è che non è assolutamente adatto
all’alimentazione dei celiaci: Contiene glutine. Il successo che ha
riscosso questo prodotto è accompagnato da una moltitudine
d’informazioni che spesso non corrispondono alla realtà, o per meglio
dire non del tutto.
La Kamut international venne fondata alla fine degli anni ’80 in
Montana, quando Bob Quinn iniziò il commercio di prodotti di una varietà
di cereale (nominata grano Khorasan) alla quale aveva dato un nome
nuovo.
Kamut® che significa, letteralmente, grano in egiziano antico; con
due piramidi come simbolo. Si prova in questo modo, di far passare il
concetto che sia lo stesso che veniva coltivato ai tempi dei faraoni,
anche se, in verità, come viene riportato da Dario Bressanini nel libro
“Le bugie nel carrello”: “Il grano orientale o grano Khorasan viene dal
nome della provincia dell’Iran dove ancora oggi si coltiva ed è
stato descritto per la prima volta nella letteratura scientifica nel
1921 anche se alcuni accenni si trovano già nel secolo precedente”.
Qualunque agricoltore può piantare la stessa varietà di grano, ma non
può commercializzare il suo prodotto con quel nome. Non c’è da
stupirsi, scrive Bressanini: “E' da tempo che i vegetali si brevettano,
almeno nei paesi occidentali, il che conferisce al titolare una serie di
diritti esclusivi per un periodo limitato, solitamente inferiore ai
vent’anni”
La chicca è che questo nome è stato fatto “associando quel tipo di
grano a un marchio registrato, che non scade mai, garantendosi a tutti
gli effetti un monopolio perenne”.
Ma purtroppo esistono altri aspetti che stonano nella vera e propria
invasione di questo cereale. Il costo è molto alto circa 3 o 4 euro al
chilo rispetto all’euro scarso di altre farine di grano duro. Secondo
uno studio dell’ università di Firenze e
Bologna, il consumo di prodotti a base di farina Khorasan migliora le
capacità antiossidanti dell’organismo e riduce glicemia e colesterolo.
Ma, come ha spiegato la dottoressa Laura Rossi, ricercatrice del CRA a ilsalvagente.it: “Si tratta di uno studio che ha scarsa applicabilità di
salute pubblica”. Il riferimento è al fatto che l’esperimento sia stato
portato avanti facendo ingerire ai volontari esclusivamente prodotti a
base di farina di Kamut®, dalla pasta al pane, biscotti e altri
prodotti. “Il Khorasan – ha continuato – non è una panacea, ma
semplicemente una varietà di grano; contiene sostanzialmente gli stessi
principi nutritivi: è la produzione biologica che ne fa un prodotto
differente”. Ma se gli alimenti biologici dovrebbero salvaguardare in
qualche modo l’ambiente, questo fine rischia di non essere valido se il
prodotto in questione deve essere trasportato da un luogo lontano e il
99% del Kamut® è coltivato nelle grandi pianure americane del Montana e
in Canada. Quindi, per arrivare in Europa deve attraversare l’Oceano e
transitare dall’azienda belga Ostara, che ha i diritti esclusivi per il
vecchio continente. In tutte queste informazioni, la cosa che dovrebbe
far riflettere è che circa il 50% della produzione mondiale viene
assorbita proprio dall’Italia.
In Italia si coltiva ormai da tempo, in una zona che va dalla
Lucania, il Sannio e l’Abruzzo, una varietà di grano Khorasan chiamato
grano Saragolla. Ma purtroppo non viene preso in considerazione un grano
tradizionale a km zero, quando nelle botteghe bio si può trovare a prezzi a
dir poco assurdi, il grano che arriva dall’America e che tutti dicono
essere quello dell’antico popolo egiziano?
il mercato offre quello che il mercato chiede...
RispondiEliminanon proprio.. se alla base c'è una distorsione dell'offerta.C'è gente che usa il kamut convinta che sia senza glutine e altri per intolleranze alimentari ?!?!......La domanda deve veicolare l'offerta, se si lascia la decisione alla sola offerta si creano fatti come questo.
EliminaUn caso analogo è lo yogurt: Activia,Actimel e Yakult. in questi casi è palese la distorsione dell'offerta nel manipolare la domanda.si crea un bisogno, lo si tramuta in una domanda effimera, che sarebbe palesemente inesistente. da qui la pubblicità a cadenza trimestrale per ricordarti che se sei stato maluccio o col pancino gonfio è per aver smesso il consumo.
Quante fregature? Tante!
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