NOI...
Noi, che ci divertivamo con un copertone di bicicletta
e lo facevamo rotolare con dei colpetti di un paletto.
Noi, che guidavamo un cerchione di bicicletta inserendo un
paletto nella parte concava del cerchio
e lo spingevamo in avanti il più veloce possibile.
Noi, che avevamo come cellulare due coperchi di una
scatoletta di “pàtina” forati nel mezzo e collegati con lo spago “gavetta” e ci
parlavamo.
Noi, che giocavamo a “bussolòto” e magari ci prendevamo
qualche sassata nelle gambe o nelle caviglie.
Noi, che costruivamo “el caretélo” completamente in legno e
come ruote due flange di ferro.
Noi, che spazzavamo da cima a fondo la “strada dei Lucca”
per scendere più veloci con i “caretéi”.
Noi, che giocavamo a “libera”, a “fassoléto” e a “cucòto”.
Noi, che prima che arrivasse la neve andavamo al “posso” a
rompere il ghiaccio per fare a mo’ di triangolo un pezzo di ghiaccio coprendolo
con del muschio per scendere dai pendii sedendoci sopra.
Noi, che come bob avevamo la “traia” tutta di legno e sotto
“el mangòn” inchiodavamo delle lame ricavate dai “bussolòti” di olio.
Noi, che andavamo “ala vale” con le fionde a rompere le
bottiglie messe appositamente sui sassi come bersagli.
Noi, che costruivamo le fionde con "l'orno" e gli
elastici erano di "camaradaria" della bicicletta.
Noi, che con le fionde facevamo la guerra alla banda “taffari”
dei Pertile.
Noi, che ghiacciavamo il “salìso” per scendere velocissimi
fino ai Pertile con la traia.
Noi, che raccoglievamo gli escrementi delle vacche quando
scendevano da Camporosà per metterli
negli orti.
Noi, che andavamo nei campi a fare i “granghe” raccogliendo
i “grangarùi ” dopo la potatura delle viti.
Noi, che andavamo, nel mese di settembre nei pomeriggi a
“cavare el pàvio” prima di dissotterrare
le patate.
Noi, che andavamo nelle “tede” a fare i salti per
schiacciare il fieno appena portato dai “prè de l’àstego.
Noi, che alla sera eravamo in cucina assieme alla famiglia e
vicini di casa e ci ascoltavamo il “comunicato” radio giornale.
Noi, che d’inverno ci svegliavamo e trovavamo il ghiaccio
all’interno delle finestre delle camere.
Noi, che d’inverno ci mettevamo in tasca andando a scuola,
le patate piccole cucinate per il maiale ancora calde per scaldarci le mani e
per mangiarle.
Noi, che ci recavamo a scuola a piedi con qualsiasi tempo.
Noi, che cancellavamo un errore sul quaderno con la “moléna
“ del pane.
Noi, che venivamo mandati dal “mas-ciaro” a prendere “el
stampo”per le “bortandéle”.
Noi, che imparavamo alle elementari le somme o le sottrazioni
e poi a casa ci esercitavamo con i fagioli.
Noi, che passavamo davanti al fornaio “Piòna” e comperavamo
la “fugasséta” da 20 lire.
Noi, che si andava al cinema a San Pietro e prima si passava
dalla “Ema” a comperare le “stracaganasse”.
Noi, che andavamo a rubare i “denévre” a quelli “dela
campagna” per fare “fora febraro”.
Noi, che andavamo a rubare le cassette della frutta vuote
dentro el garage di “Rino toto” sempre per “fora febraro” poi lo si accendeva
sopra il muro alto dei Lucca.
Noi, che l’ultimo giorno di febbraio passavamo in giro per
la contrà suonando la "snara"
strumento rudimentale acustico di legno
per avvertire la gente dell’accensione del fuoco per "fora
febraro".
Noi, che giocavamo alla fontana dei Lucca ai “4 cantùni”.
Noi, che quando giocavamo a pallone nei prati dovevamo
spesso scappare rincorsi dal padrone.
Noi, che costruivamo la pista da biglie nella sabbia fine.
Noi, che quando avevamo bisogno di andare al “cesso” dovevamo uscire di casa e magari percorrere
anche 50 metri.
Noi, che quando scendevamo dai Lucca per andare in paese,
c’era “Checo Toldo” che diceva “zé qua i masadùri”.
Noi, che quando incontravamo “Checo Mistro” e ci raccontava
le sue avventure ben inghirlandate sul Grappa durante la guerra restavamo
ammutoliti dal racconto delle sue imprese.
Noi, che quando arrivarono le prime biciclette avevano un
solo rapporto di marcia e i freni a bacchetta.
Noi, che il giorno del patrono “San Piero” passavamoal bar “dala
Mora” ad acquistare la "Sagra".
Noi, che gridavamo alla Giuditta di Casotto “pagaaaaaaaaa
leeeeeeeee campaneeeeeeeee”.
Noi, che andavamo al “Gorgo” muniti di forchetta appiattita
per prendere i “marsùni” sotto ai sassi e alle volte trovavamo qualche
serpente.
Noi, che credevamo ed eravamo spaventati a dover baciare “el
culo ala vecia” che abitava sù per la “Singéla”.
Noi, che quando passavamo dal “garage de Toto” vedevamo “el
Salbanélo” vestito di rosso.
Noi, che vendevamo le pelli di coniglio riempite di paglia per 5 lire quando al
martedì passava “el strassàro”.
Noi, che andavamo a
prendere il latte con “el brentélo” dalla famiglia che aveva appena munto la sua
mucca.
Noi, che mettevamo l’uva, sopra l’armadio in camera della
nonna e la mangiavamo quando era ben appassita nel mese di dicembre.
Noi, che andavamo a letto
molto presto la sera del 5 gennaio dopo aver appeso le calze di lana
nere della nonna per farle riempire dalla befana.
Noi, che ci svegliavamo molto presto il giorno 6 gennaio per
trovare nella calza bagigi, mandarini,
carbone, pezzi di legno e qualche caramella “fruttini”.
Noi, che vestivamo sempre di nuovo con indumenti
griffati: braghe de Toni, giaca de Bepi,
magliòn de Mario, scarpe de Tita e…
Noi, che quando arrivò la televisione, per cambiare canale
dovevamo alzarci e mettere la manovella a destra per il 1° canale e a sinistra per
il 2° canale.
Noi, che andavamo a letto dopo carosello.
Noi, che andavamo a letto dopo carosello.
Noi, che pensavamo che i bambini li portasse ancora la
cicogna.
Noi, che nascevamo in
casa sotto l’attento controllo della “levatrice” che arrivava con la sua Vespa.
Noi, che vedevamo sfrecciare le rondini sfiorare il terreno
per poi andare a posarsi sotto “el sporto de covérto ” dove avevano costruito il nido.
Noi, che in chiesa eravamo controllati durante tutta la
messa dalle suore.
Noi, che a scuola ci scaldavamo con una stufa di mattone
cotto e dovevamo portare qualche pezzo di legna.
Noi, che dopo la scuola ci fermavamo a giocare alla vicina
fontana oppure ai “slìsseghi”
Noi, che imparavamo la canzone “tenere pianticelle” diretta
dal Maestro Carlo per la preparazione della festa degli alberi, durante la
quale poi ci venivano offerte le “fugasséte” del fornaio “Piona”
Noi, che nel primo anno della scuola elementare imparavamo a
fare le “aste” pagine e pagine di “aste”.
Noi, che siamo diventati maggiorenni all’età di 21 anni.
Noi, che andavamo per i campi a rubare le fragole, l’uva e
qualche frutto a dispetto del “campàro” che ci sorvegliava.
Noi, che vedevamo quelli che avevano 50 anni già vecchi e
“ghe dàvinu del vù”.
Noi, che ai Lucca durante tutto il mese di maggio alle ore
19.00 ci radunavamo davanti al “Capitélo” per assistere al rosario detto dalla
“Maria Toldòna”.
Noi, che ogni 15 giorni eravamo in frenetica attesa che
arrivasse “el ferrero”, furgoncino di dolciumi che forniva il piccolo negozio
sito in contrà Lucca nella casa della Maria Toldòna.
Noi, che ogni venerdì di tutte le settimane sentivamo il
profumo gradevole dello “scopetòn” che friggeva sopra le braci sotto il “pòrtego de Luchéta”.
Noi, che andavamo nel periodo di fine giugno a divertirci
con l’occasione del patrono del paese
alle giostre nel “campo del comune” di fronte alla casa del Dott. Stefani.
Noi, che ci divertivamo una settimana intera solo a guardarla,
sempre al campo del comune, quando alla fine di giugno arrivava la “machina del
frumento”.
Noi, che il 1° di novembre
era “ognissanti” e non Halloween.
Noi, che la penitenza era:
dire- far- baciare –lettera- testamento.
Noi, che il Ciao, lo accendevamo pedalando.
Noi, che quando a scuola si prendeva un 4 i genitori ti
dicevano: “ghetu ciapà na caréga?”
Noi, che quando d’inverno cadeva la neve per pulire le
strade passava il “farsòro” tirato dai cavalli.
Noi, che vivevamo negli anni delle contestazioni, in mezzo ad inaudite violenze per lotte sociali e di classe.
Noi, che quando andavamo a votare dovevamo scegliere tra 7
simboli, ora restiamo confusi nel sceglierne uno fra 70.
Ecco…
noi eravamo cosi, ed
eravamo FELICI…
Nico Sartori
,,,,,è bravo NICO è vero si stava molto meglio allora 'tutto era piu semplice ora tutto è confuso basta leggere l ' ultima riga da 7 ha 70 capirai che casino ciao
RispondiEliminala semplicità di quei tempi era una cosa meravigliosa, con niente si costruivano grandi cose che ci facevano divertire per giornate intere, mesi e anche di più . Grazie
EliminaNico sei grande, non hai dimenticato nulla di quel tempo e lo sai raccontare con la chiarezza e l'ironia che ti contraddistingue!!!!!Come era bello e come ci si rispettava nonostante le baruffe; non è per essere nostalgici ma forse l'abitudine ad avere tutto con facilità ci ha un poco inariditi, NOI però cercheremo di fare tesoro di quelle esperienze. Con affetto Floriana
RispondiEliminaE proprio vero Florianna, bellissimi ricordi, oggi la tecnologia corre troppo veloce, non abbiamo più il tempo di assaporare una novità che il giorno dopo ne troviamo una di nuova. Grazie e ricambio l'affetto
EliminaE ti ricordi quando arrivava la corriera a mezzogiorno, con il biglietario
RispondiEliminaEmilio che scaricava pacchi e pacchetti e rotoli di "corame" e noi ragazzini
li portavamo "a domicilio" nella speranza di avere 10 lire di mancia!
UN LETTORE
Noi, che andavamo a fogare con i pezzi di copertone di bicicletta, e poi si sentiva una puzza tremenda sui vestiti...
RispondiEliminaNoi, che andavamo a marsuni cercandoli sotto i sassi (a man, non col pieron) fino a che si consumava la pelle dei polpastrelli...
Bravissimo Nico, ci hai fatto ricordare cose meravigliose. Jiorgio
E si caro Jorgio, chissà quanti !Noi che....." potremmo scrivere, certamente un'infinità, tutti comunque ricordi stampati nella mia mente e in tante altre di quelli della mi età.
EliminaNoi che mettevamo "i architi" per prendere il "Jegore" per darlo a chi sappiamo noi..........
Grazie per i tuoi complimenti
CHE MEMORIA!!!!....me sa che no te ghi ne desmentega una ...strorietta.....
RispondiEliminaHo veramente apprezzzato questo tuo scritto,anche se so che hai un dono
per parlare delle cose......passà......Bravo,continua cosi'!!!!!!!!
"Me sa invesse che a ghi nò tantissime altre da scrivare", ma un po' alla volta vedrai che ce ne saranno delle altre da leggere. Non so chi tu sia, ma dal nome mi ricordo anche un certo Limon...cè, non sarà mica per caso un tuo cugino......
EliminaGrazie comunque del tuo apprezzamento
Brao Nico, ma desso biòn che te la fai conpìa!
RispondiEliminaMa no ghe jera nissuni che indrissava i coercìti dele butìlie col martelo?
Che ghe tràva co l'arco e le frece de onbréla in tel culo ale galine?
Che infumentava la cusìna desmentegandose in tel forno la fionda de orno a secàre?
Che desfava le camaradarie dele bici par far astici per la fionda?
Che nava da Catinòn a tore i tubi del létrico par far cerbotàne?
Che nava a domandare la carta ojà ai casolìni par fare i pìruli che i sponciava mejo?
Che ghe robàva le gùcie ale none par fabricare le frecéte con 4 fuminanti?
Che ghe desfàva i rochéi, senpre ale none, par fare i cariarmàti coi astici?
.....
E si certo Gianni, ce ne sono tantissimi ma mi sono riservato di scrivere queste cose raggruppandole per periodi della vita.
EliminaTe ne dico una che era più avanti di tutte quelle che ho scritto:
Noi, che per far sentire il motore della nostra bici mettevamo, bloccandola con un molletta una cartolina che sbattesse nei raggi della ruota posteriore
Comunque grazie gianni
E chi che deventava sceriffi solo col coverceto del chinotto sanpellegrino cavando la parte interna e poi fissando la maglia fra le due parti? guarda cosa ha smosso fora Nico...
EliminaCiao Jiorgio
Questa mi sfuggiva Giorgio...
Eliminaguarda che stiamo facendo un'informazione mica da poco su quei tempi eh...
Ciao Nico, sono la Wilma(che sorpresa...no?).
Eliminacomplimenti per il tuo racconto!!
maa ti ricordi... "noi che ci divertivamo quando facevamo i festini ai Costa, con le musiche di Branduardi?!"
altro che discoteca...
Ma veramente una bella sorpresa, con la "S" maiuscola. Ben Wilma come fasso par farme perdonare de no aver visto el to intervento???Son proprio drio deventare vecio no?????
EliminaSe te vui podemo tegnerse in contatto, te me scrivi a domesar@gmail.com el me indirisso de casa. ciao e grassie
xe sta come fermare in una pelicola dela mente tute ste robe, grande nico bravo e grassie
RispondiEliminagrazie Piero, ma anche tu con le tue fantasie mica scherzi!!!!!!!!!!!!!!
Eliminaa mi dimenticavo, ma questa storia che quelli da casotto ga sempre da pagare le campane come xela in verita? magari lino può illuminarmi?
RispondiEliminaLino baise el fa el turno de note Piero...
Eliminate vedarè che vanti le quatro el scrive qualcossa de sicuro...
che nostalgia chel ne gà fato vegnére Nico...
Na roba digo: no cambiarìa gnanca un minuto de come ca gò vivesto la me fanciulessa e ZERO invidia par come chi la vive desso...
Ma come,Piero,la nonna Togna non te la raccontata???La Torra,il nome viene da THOR, dio una volta venerato
RispondiEliminadai cimbri abitanti sulla sua destra .Valle piena di storie di vita tribolata,di salvanei e di gnomi.Prima della guerra
del 1915 ci fu il Santo rubato (di cui conosci la storia)e dopo la guerra ci furono le campane rubate.Erano i tempi
nei quali i Valergi e i Baise erano vivi ed abitati, come pure in faccia la Teda e la Bela da l'Ara.Ci si chiamava e si
cantava insieme.Ma ogni tanto vecchi rancori, non assopiti ,risorgevano,specialmente fra gli anziani ed allora......
Era sufficente nasconderti e gridare :-"Paga le campane..."....che arrivavano le risposte piu' avvelenate e volgari
sulla tua generatrice.....ed in rima...... preferibilmente. La storia?????. La racconteremo........
Bravo Nico, ragazzo con tante virtù.... Gino
RispondiEliminaGrassie anca a ti Caro Gino Minai
EliminaNicooo!! mi hai fatto commuovere...
EliminaComplimenti tanti per la memoria e per la stesura
così ben scritta.
Mi sono rivista nel marciapiede delle scuole elementari
a giocare a scalon, felice.
Se sono contenta con poco ora, che sono nonna,
è anche merito di un'infanzia serena, fatta di cose così semplici
come quelle che hai così ben descritte.
Grazie di cuore.
Cara Anto, mi succede di rivedere quei giochi e quelle situazioni nei momenti che sono tranquillo e allora rivivo quelle cose semplici che hanno appagato la mia giovinezza nei momenti che ero qui in paese con i miei amici
EliminaGrazie e ciao
Nico grassie, grassie! manca anca el "lipe/lape!", le balete in fila... le "lampadine" fate coi vasetti de vero impienà de lucciole, le balanse fate co' le stèche dele ombrèle e i coverceti de patina, i bussolotti che saltava in aria col carburo, chi faseva saltellare i sassi de tajo su l'Astego fin dall'altra parte, chi trovava più sassi tondi, chi più piatti, chi ciapava più salgarele co' le butiglie e la farina zala, chi trovava più gnari, chi portava a casa più cornole, più nosèle, chi pissava più longo, chi più alto, mama quante ancora!
RispondiEliminaCiao alago, a dire la verità ho la testa che mi ronza come un vespaio, quando penso a queste cose, ma non aver dubbi che tutto quello che mi sono ricordato fino ad ora è già scritto da qualche parte. Noi che nelle paratie della fontana dei lucca facevamo le gare a chi aveva il "corgnolo" più veloce, e si cantava una canzone che faceva.................bhe dai la volta prossima
RispondiEliminagrazie a te comunque
Ciao Nico, sono la Wilma(che sorpresa...no?).
RispondiEliminacomplimenti per il tuo racconto!!
maa ti ricordi... "noi che ci divertivamo quando facevamo i festini ai Costa, con le musiche di Branduardi?!"
altro che discoteca...
Ma veramente una bella sorpresa, con la "S" maiuscola. Ben Wilma come fasso par farme perdonare de no aver visto el to intervento???Son proprio drio deventare vecio no?????
EliminaSe te vui podemo tegnerse in contatto, te me scrivi a domesar@gmail.com el me indirisso de casa. ciao e grassie