CINQUANT'ANNI DOPO,
1.910 VITE DA RICORDARE
Il 9 ottobre 1963 metà di una montagna precipitò nel lago della grande
diga del Vajont, al confine tra Veneto e Friuli. Un'enorme massa d'acqua
superò la diga cancellando letteralmente tutti i paesi intorno a
Longarone. Un evento che ha segnato la storia d'Italia, ma ancor più la
storia delle popolazioni di quelle terre. A 50 anni di distanza, insieme
a tutti voi, vogliamo ricordare le 1.910 persone che persero la vita.
- Vivere all'ombradell'impero idroelettricoCome si è arrivati alla tragica notte del 9 ottobre 1963? Gli abitanti di Longarone ricordano una vita serena, in un bel paese, che godeva di una prima industrializzazione. Per Erto e Casso, villaggi montani affacciati sul lago, quelli furono piuttosto anni di proteste contro chi rubava loro la terra per costruire la diga più alta del mondo. Perché “prima” è anche la storia di un monopolio idroelettrico, delle sue prepotenze e degli errori che non si vollero vedere.
Quattro minuti di vento e terroreErano le 22:39, il Monte Toc è improvvisamente crollato in un lago troppo pieno. Un'onda gigantesca si è abbattuta sul versante opposto investendo Erto e Casso. Un'altra ha superato la diga ed è piombata su Longarone, ingrossata di rocce, tronchi, resti di costruzioni. Per uccidere quasi duemila persone sono bastati quattro minuti. I superstiti ricordano il vento, il rumore, ma molti ancora oggi preferiscono non ricordare.
- Un deserto di fango,poi la rinascita tradita
- Dopo l'onda, non c'è più nulla, la valle è completamente coperta di fango. Centinaia di soccorritori scavano in cerca di superstiti, che dovranno poi ricostruire la propria vita. E' l'inizio di un'altra tragedia: chi ha perso tutto viene di nuovo ferito. Da una ricostruzione irrispettosa, processi faticosi, scandali, anni di silenzio. Molti tuttavia restano e lottano per continuare a vivere dove son sempre vissuti. Sono loro ciò che resta del paese di un tempo.
- Tutto è cambiato,ma le ferite restano aperteNel 2013 tutto è cambiato. Longarone è un altro paese, le vecchie case di Erto e Casso sono in gran parte disabitate, il lago quasi non esiste più. Solo la diga è sempre al suo posto. Per decenni il Vajont è rimasto un ricordo vago nella memoria nazionale e solo negli ultimi anni se ne è tornati a parlare, merito sopratutto dello spettacolo di Marco Paolini.Ma 50 anni non sono bastatia rimarginare le ferite della popolazione,che sono ancora tutte aperte.
Marco Paolini ha saputo evocare con le parole ed il tono giusto questa immensa tragedia.
RispondiEliminaMauro Corona ha saputo fare rivivere, nei fantasmi di pietra, non solo il paese di Erto ma anche una filosofia della vita e della natura : "Camini spenti, senza più né fuoco né cenere, dalla cui bocca sembrano uscire voci famigliari e perdute per narrare, prima che il tempo le cancelli, antiche storie di uomini e di spettri, di animali benefici e maligni, di piante venefiche e taumaturgiche, di diavoli ghignanti e scherzosi".
"Non tutte quelle pietre vanno d'accordo tra loro, ma per il bene della strada restano unite. Gli abitanti del vecchio paese non hanno avuto questa tenacia. Dopo la tragedia (del Vajont) si sono disgregati, hanno aperto vuoti nel mosaico sociale. Negli interstizi s'è infilata l'acqua dell'assenza diventata ghiaccio che ha divelto, scardinato l'unità delle tessere. La forza generata dello stare uno accanto all'altro è andata distrutta"