Ci si dimentica spesso di come è cominciata la fortuna di Venezia. I primi abitanti si rifugiarono su queste isole in una laguna inospitale, in fuga dalle orde barbariche. Non c'era possibilità di coltivare il terreno o di allevare bestiame. Quindi?
La principale forma di ricchezza per Venezia nell’XI secolo era costituita dal commercio del sale, ricavato dai giacimenti di acqua salata, le cosiddette saline, in gran parte all’inizio, di proprietà delle grandi abbazie.
Lo Stato era intervenuto in questo commercio con un interessamento diretto, allo scopo non solo economico, ma anche politico nell’assunzione di un monopolio così fondamentale per la vita della città.
”Questo popolo”, si diceva dei veneziani, “non ara, non semina, nè vendemmia, eppure ha tanta ricchezza”.
Poteva sembrare un paradosso per un’economia basata sui prodotti agricoli, com’era in genere quella medioevale.
Venezia, nello scambio e nel monopolio di alcuni prodotti essenziali, ebbe un innato fiuto mercantile, una concezione così determinata dalla coscienza delle sue forze, ma anche delle sue debolezze.
Il difetto di altre risorse naturali costituiva in sostanza un incitamento pressante a fornire al traffico vivacissimo un carico di sale disponibile sul posto ad una clientela sempre assicurata.
Lo sviluppo del commercio del sale a Venezia, verso l'anno mille, non aveva equivalente in tutta Europa.
Questo fu l’inizio della grande storia di una grande, unica città Stato che divenne in seguito la fiera Serenissima.
(da Venezia insolita-Simonetta Niero)
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