domenica 9 maggio 2021

Un giorno d'Aprile...


Il mese d’aprile, porta con sé la rinascita della terra: tutto si fa nuovo, tutto si veste di colori splendenti, dal filo d’erba che diventa di un verde intenso, al sottobosco trapunto di primule e violette, dagli alberi fioriti a quelli che mettono le foglie nuove, ai prati macchiati dei più bei fiori di ogni colore. È la stagione della rinascita, del rinnovarsi, della vita che si risveglia, del riprendere un ciclo che ogni anno, senza essere chiamato, arriva e ci riempie di gioia!

Se da una parte c’è il colore e la vita che sboccia in tutte le sue forme, per Pedescala Forni e Settecà, il trenta aprile si colora delle tinte più grigie, dei toni scuri come il cuore di chi ancora ricorda e delle tante persone che, appreso dai loro cari ormai scomparsi, continuano a tenere viva questa memoria. Tutto si veste di mestizia, tristezza, silenzio e preghiera; ogni gesto assume un significato di profondo rispetto per ciò che è storia, che è parte delle tre comunità. Il ricordo religioso con la S. Messa, le preghiere, la benedizione dei monumenti e del cimitero di Pedescala dove si arriva transitando dal Viale dei Martiri, dove sui tigli che lo costeggiano, ci sono le targhette con i nomi e le fasce tricolori.

Il sindaco Claudio Sartori in nome dell’Amministrazione Comunale, ha pronunciato parole dense di significato, come sempre accade in questo giorno dove è doveroso fermarsi e meditare su ciò che è accaduto, ma anche sulle tante stragi che ancora oggi, ci sono nel mondo. La lettura dei nomi delle vittime, accompagnate dal suono della campana, sono sempre un momento di profondo rispetto…

A me personalmente sono rimaste impresse le parole di don Sergio Stefani, parroco di Pedescala, che durante l’omelia ha elogiato i superstiti alla strage, specialmente le tante donne rimaste senza il marito, il padre, il fratello. Sono state queste donne che si sono rimboccate le maniche, nonostante il grande dolore, hanno continuato a “vivere” per tenere in piedi una comunità che era in ginocchio, che era spenta dall’angoscia. Queste persone, con forza e tenacia, sono andate avanti e sono loro che dobbiamo ringraziare se oggi, dopo settantasei anni, c’è una comunità che ricorda, prega, fa memoria. Io penso che queste donne speciali, abbiano tessuto con pazienza e costanza la trama di quella società che era stata lacerata e che ha avuto bisogno di tante ricuciture e rammendi, per andare avanti.

Ricordo, preghiera, silenzio, fiori e lumini accesi: questo è il trenta aprile, questo è un giorno, dove tutto l’accaduto si fa più forte e vivo, per essere di monito a tutte le generazioni.

Lucia Marangoni





30 aprile 2021 - 76° dell’Eccidio di Pedescala, Forni e Settecà

Davanti ai monumenti sono stati letti due testi che mi sembra doveroso pubblicare per il loro significato. 

                                                                     

Lucia Marangoni


RIFLESSIONI INTORNO AL  XXX APRILE

È difficile per me spiegare cosa sia la guerra, ma so che per me essa è più che altro un insieme di emozioni che non auguri a nessuno.

La guerra è paura, è smarrimento, è perdita della speranza.

La guerra è un fallimento dell’essere umano.

La guerra è suono delle urla, dei pianti, dei respiri affannosi o dell’ultimo respiro.

In verità forse non c’è un modo per spiegare cosa sia la guerra: sono certa che non ci sia solo orrore, che ci sia comunque del bene in quello che le persone fanno, ma non sempre.

Pensare di vivere al tempo della guerra mi fa anche riflettere molto sul mio punto di vista verso la vita e verso tutti coloro che operano per riuscire a continuare a farmi vivere in pace, al sicuro e senza paura.

Anche per questo cerco sempre l’umanità in ciò che mi circonda.

Alice - studentessa della scuola secondaria di Valdastico

                                                                              

La memoria, anche quando condivisa con altri, è sempre individuale.

Perfino tra consanguinei cresciuti nella stessa famiglia, a volte si scopre, confrontandosi, che non si ricorda né si giudica il passato comune alla stessa maniera.

Una comunità, come una famiglia, opera tra il geloso mantenimento di una visione individuale della Storia e la necessità di convivere. Basti pensare a semplici detti popolari come “Il tempo cura tutto” o “Chi muore giace e chi resta si dà pace”, per capire come da sempre gli esseri umani cerchino c di razionalizzare lutto, risentimenti, desiderio di rivalsa.

A mio modesto avviso non è necessario, tantomeno obbligatorio, essere della stessa opinione riguardo a ciò che è accaduto. Ricordare e perdonare non sono sinonimi e nessuno può costringere un altro al perdono.

Altrettanto sterile e dannoso è l’intento di sminuire o cancellare quanto una delle due (o più) parti, ricorda a suo modo. Insistere programmaticamente sulla condivisione della memoria, specialmente di eventi difficili e controversi, è un esercizio astratto, quando non addirittura una sottile forma di violenza.

Quello che può fare la differenza è quanto di costruttivo, per tutti, può derivare dal ricordo.

Nelle mie ricerche come docente e poi come scrittrice di romanzi storici, è stato mio privilegio intervistare nel corso di quasi quarant’anni, sopravvissuti e veterani di parti avverse. Con mia sorpresa ho notato come spesso siano stati capaci di superare le antiche divisioni per trovare un equilibrio di giudizio. Questo sentimento malinconico e pacato, porta invariabilmente a momenti di grande tenerezza umana.

Certo, non sempre succede e le ferite non si rimarginano facilmente.

Pedescala, tuttavia, ha dimostrato grazie alla cura illuminata dei suoi abitanti, che parlare di guerra e di ciò che essa ha comportato in termini di perdite e di dolore, può e deve servire a qualcosa. Ogni sacrificio acquista valore se non è stato compiuto invano.

L’orgoglio della memoria e la dignità di Pedescala non solo convalidano il ricordo di quanti- da una parte e dall’altra  persero i loro averi, i loro cari e spesso la vita; dimostrano anche e forse soprattutto, che una comunità può essere di esempio civile e di insegnamento, in un mondo che ha tanto bisogno di ricevere direzioni e di imparare.

Vi saluto con affetto in attesa di incontrarmi di persona e di ringraziarvi per quanto fate in nome dei vostri morti (sono anche i nostri morti) e della Storia.

Ben Pastor


Ben Pastor nata a Roma, docente di scienze sociali nelle università americane, ha scritto narrativa di generi diversi con particolare impegno al poliziesco storico. 

Della serie di Martin Bora ha pubblicato Il Signore delle cento ossa (2011), Lumen (2012, Il cielo stagno (2013), Luna bugiarda (2013), La strada per Itaca (2014), Kaputt mundi (2015), I piccoli fuochi (2016), Il morto in piazza (2017) e La notte delle stelle cadenti (2018)

Premio Flaiano 2018



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