venerdì 21 maggio 2021

Sempre meglio controllare le fonti.


Siamo in un’abbazia benedettina dell’Alto Medioevo, tipo quella descritta da Umberto Eco ne: “Il Nome della Rosa”, tanto per intenderci. Un giovane e promettente monaco è appena arrivato in quello che sarà il suo monastero, dopo aver fatto la sua professione religiosa a seguito di rigorosi studi teologici sui sacri tomi.

Il primo compito che gli viene affidato è quello di aiutare gli altri monaci amanuensi a copiare i testi canonici. Si mette al lavoro di buona lena, finché non si accorge che le copie dei Sacri Testi non vengono fatte dagli originali ma da precedenti copie. La cosa disturba la sua rigorosa formazione classica e perciò va a parlarne con l’abate, facendogli notare che se viene fatto un errore, questo verrà ripetuto poi in tutte le copie successive. Allo scopo gli sottopone alcuni esempi dove c’è una “i” al posto d’una “e”, o una “s” al posto della “r”.
Il priore risponde che loro lì avevano sempre fatto così e anche l'abate prima di lui e quello prima ancora, seguendo una tradizione che risaliva quasi ai tempi del Fondatore. Lo facevano per non danneggiare i preziosi originali con troppe manipolazioni, ma riconosce che l’osservazione del giovane professo è giusta e intelligente. Preso dal dubbio, decide dunque di andare di persona nei più segreti archivi dell’abbazia per verificare  gli originali. Si reca perciò quel giorno stesso nella parte di archivio del monastero dove sono custodite da secoli le pergamene più preziose delle opere trascritte dagli amanuensi nello scriptorium. 
Alla fine della giornata non si fa vedere.
Neanche per cena, né per tutta la serata, causando un po’ di fibrillazione fra i monaci. Arrivata l’ora della compieta, il giovane monaco, preoccupato, decide di recarsi in archivio accompagnato dal confratello più anziano con una lanterna, per vedere dov'era finito.
Mentre ispezionano i meandri del grande archivio, odono dei gemiti provenire dal ramo più remoto. Quando arrivano giù, trovano l’abate che piange disperato sbattendo la testa contro un antichissimo tomo di pergamena rilegato in legno e pelle e ripetendo ossessivamente: Voto di carità, non di castità!

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