【Gianni Spagnolo © 21D30】
Pare che la virgola e il punto stiano lentamente scomparendo dai nostri pur scarni e sincopati scritti; per non parlare del punto e virgola, dei due punti e di quello interrogativo. Mettere il punto in fondo ad un messaggio social è addirittura considerato scortese, significando aggressività, distacco o fastidio. Imperversano invece alla grande i puntini di sospensione e quelli interrogativi.
Eppure i segni d’interpunzione sono necessari, a volte indispensabili per rendere l’esatto significato della frase. Fa parte della nostra tradizione il famoso detto: per un punto Martin perse la cappa, che istoria anche l’asso di coppe nelle nostre carte da gioco venete.
La frase viene comunemente usata per indicare la perdita, per una disattenzione, di qualcosa d’importante e di desiderato; ma da dove viene questo detto? Conoscerne l’origine ci aiuta a capire l’importanza di scrivere con la grammatica corretta.
Secondo la tradizione, che risale al Cinquecento, Martino era abate del monastero di Asello, sulle colline del Chianti. Volendo abbellire la sua abbazia in occasione della visita del Padre Provinciale, decise di apporre sul portale principale un cartello di benvenuto in latino che recitasse: “Porta patens esto. Nulli claudatur honesto”, traducibile in italiano con: “La porta sia aperta. A nessuna persona onesta sia chiusa” (o anche: “Porta, rimani aperta. Non chiuderti a nessun uomo onesto”).
Martino pensava che la frase di accoglienza fosse proprio bella, ospitale e informata alla più cristiana carità. Tuttavia, il fraticello che fu incaricato di dipingerla, probabilmente digiuno di latino, o solo distratto, mise il punto dopo la parola nulli anziché dopo esto. L’iscrizione divenne così: “Porta patens esto nulli. Claudatur honesto”, cioè: “La porta non sia aperta a nessuno. Sia chiusa alle persone oneste”. Un significato decisamente inopportuno per un monastero.
Per l’errore commesso, Martino venne sollevato dalla carica di abate, perdendo così la cappa, cioè il mantello simbolo della sua carica.
I lettori di lingua francese sapranno invece che Oltralpe il proverbio recita: Pour un point Martin perdit son âne. Ossia: "Per un punto Martin perse l'asino", invece che la cappa d'abate.
Ciò avvenne per un processo di banalizzazione (fenomeno consueto nella trasmissione dei testi, in virtù del quale un termine di uso raro o specifico viene sostituito, erroneamente, da uno più quotidiano e vicino alle conoscenze e all'esperienza di chi parla), il termine geografico Asellum (Asello) è stato confuso con il suo omografo latino asellus, cioè "asinello". Poiché la locuzione è stata trasmessa oralmente è comprensibile come l'errore si sia prodotto. La versione errata, perduto il senso originario, si è diffusa largamente.
(Fonte: WEB/Wikipedia)
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