lunedì 22 giugno 2015

Discorso della servitù volontaria

Ecco un libro, o meglio un breve discorso, che andrebbe letto in tutte le scuole ma ho l’impressione che i vari presidi avrebbero qualcosa da ridire perchè forse, citando i Punkreas, ai despoti non piace.
Sento nominare questo libro da un brillante professore durante un dibattito pubblico e dopo due ore l’ho comprato in libreria. Imprecando contro me stesso per non averne conosciuto l’esistenza prima di quel momento. Il concetto centrale del libro è di una semplicità e di una linearità disarmante. Chi volesse criticare tale concetto certamente troverebbe il modo e gli argomenti, d’altra parte un volumetto di una cinquantina di pagine non ha la pretesa di convincere nessuno, ha il solo compito forse di scuotere le coscienze, creare quella crepa che può indurre il ragionamento, quella mosca nell’orecchio che mette in modo la curiosità, motore di ogni ricerca, rivolta in questo caso alla propria situazione di sostanziale schiavitù.
Veniamo al tema centrale del trattato riprendendo le parole dello stesso autore:
” Decidete una volta per tutte di non servire più, e sarete liberi.”
Lasciando da parte ogni pensiero anarchico che immediatamente fa rizzare i peli alla maggior parte delle persone, questa frase all’apparenza banale merita veramente un pensiero. Basta veramente così poco per per essere liberi? basta non obbedire più? e se basta non obbedire più, siamo servi perché lo vogliamo? Per Etienne De la Boétie sembrerebbe così:
“… quel che avviene in tutti i paesi, ogni giorno, fra tutti gli uomini, ossia che uno solo ne opprima centomila privandoli della libertà, chi potrebbe mai crederlo se ne sentisse soltanto parlare e non ne fosse testimone? Se accadesse soltanto in paesi stranieri e in terre lontane, e ce lo venissero a raccontare, chi di noi non penserebbe che si tratta d’invenzione, di una trovata, e non della verità? Per di più, non c’è bisogno di combattere questo tiranno, né di toglierlo di mezzo; si sconfigge da solo, a patto che il popolo non acconsenta alla propria servitù. Non occorre sottrargli qualcosa, basta non dargli nulla […] Sono dunque i popoli stessi che si lasciano incatenare, perché se smettessero di servire, sarebbero liberi. È il popolo che si fa servo, che si taglia la gola da solo, che potendo scegliere tra servitù e libertà, rifiuta la sua indipendenza e si sottomette al giogo; che acconsente al proprio male, anzi lo persegue”
Ne esce un quadro piuttosto desolante che condanna ognuno di noi a una riflessione sulla veridicità di queste frasi. Senza entrare nel merito, e per l’autore è sicuramente vero, che si starebbe meglio senza un governo. Riflettiamo solo sulla nostra situazione e dopo poche frasi, almeno io, ritrovo esattamente la nostra società. Riporto solo altri due pezzi che vale la pena leggere per stuzzicare qualche riflessione:
“..sono sempre quattro o cinque che mantengono il tiranno […] Quei sei hanno poi sotto di loro seicento approfittatori, e questi seicento fanno ai sei quel che i sei fanno al tiranno. Questi seicento ne tengono poi sotto seimila, a cui hanno fatto fare carrira, affidandogli il governo delle province, o l’amministrazione della spesa pubblica […] Grande è poi la schiera che viene dopo, non seimila, bensì centomila, milioni. Tra favori grandi e piccoli, tra guadagni e maneggi legati al tiranno, si arriva insomma al punto che il numero di persone a cui la tirannia sembra vantaggiosa risulta uguale a quello di chi preferirebbe la libertà.”
Ditemi un po’ voi se queste sei righe non descrivono la nostra povera patria.
Non mi dilungo oltre invitando chiunque incontrasse questo mio breve post a prendersi due ore di tempo per leggere questo breve discorso.
“Eppure questo vostro padrone che vi domina ha soltanto due occhi, due mani, un corpo, niente di diverso da quanto possiede l’ultimo abitante del grande e sconfinato numero delle vostre città, eccetto i mezzi per distruggervi che voi stessi gli fornite […] Decidete una volta per tutte di non servire più, e sarete liberi”.
(segnalato da Odette)

4 commenti:

  1. Tanti bei ragionamenti ma in concreto cosa dovrebbe fare un popolo impoverito e vessato.....

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    1. .... dovrebbe prendere consapevolezza innanzitutto,conoscenza in secondo luogo e azione in ultima istanza.
      Etienne è del 1500,prima e dopo di lui ci sono stati altri che hanno condensato i sentimenti di libertà,uguaglianza e democrazia.Ci sono voluto altri 200 anni circa, 1789, per vedere in concreto l'applicazione di libertà,uguaglianza e fratellanza.Eppure appena dopo c'è stata la dittatura di Napoleone.
      In concreto la gente (voi) è accecata dalla luce delle cose ovvie:corruzione,casta,immigrati,autostrada,calcificio, ecc. ci si crogiola sulla tensione superficiale pensando che sia il fine ultimo dei fatti.tralasciando che sotto,l'acqua, può avere una profondità tale da rendere le tue certezze affondabili come il Titanic.
      se in concreto cerchi il cosa dovrebbe fare,hai sbagliato.Il cercare soluzioni senza capire le cause è un suicidio. qui mi fermo,oltre è inutile senza vino. poiché le ricorrenze degli schemi mentali portano a commentare sempre gli stessi errori.

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  2. Può darsi che tu abbia ragione.Non bollerei con semplice e utopia la forza che muove al cambiamento.
    L'utopia dell'ideale è una forza prorompente. Gran parte di quello che tu puoi o non puoi fare nella società di oggi è frutto di lotte,spesso di grande impatto come le guerre,mosse da necessità ed ideali oltre che interessi.
    dai troppo per scontato l'immensa fortuna di dire in libertà quel che pensi.Sono morte moltissime persone per farti scrivere "semplice utopia", per loro era una fede, un ideale, un pensiero da riscattare con la vita se necessario.

    se oggi:
    compri un auto dove il taeg è ben visibile e chiaro, vuol dire che tanta gente ha perso soldi prima che qualcuno si incazzasse nel volere un indice quantificabile per l'interesse globale effettivo.

    Se puoi decidere di andare a messa o di non andare a messa la domenica è perché tanta gente è morta per affermare la tua libertà di scelta e di culto.

    Se la giustizia è sorvegliare e punire la tua libertà, invece di passarti sotto la ghigliottina o cavarti gli organi,squartarti e mettere i tuoi resti al rogo, vuol dire che L'utopia del Beccaria si è realizzata e tu ne benefici dandola per prassi normale nel sistema giuridico attuale.

    Se ti ammali hai il diritto di essere curato, questa era una semplice utopia.

    Hai il diritto di ricevere un istruzione pubblica e gratuita, questa era una semplice utopia.

    hai i diritto di esprimere il tuo voto ad eleggere un tuo rappresentante, questa era una semplice utopia

    Hai il diritto di poter parlare ed esprimere le tue idee senza vincoli imposti,questa era una semplice utopia.

    L'Utopia a cui forse ti riferisci è di Tommaso Moro del 1516.

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