Più che un capitello vero e proprio, si tratta di un quadro con l’effige della Madonna delle Grazie, collocato in un tabernacolo naturale sulla parete rocciosa sulla sinistra della Singéla (per chi sale) dopo il primo tornante dell'ultimo tratto del percorso.
L’icona venne collocata da
Daniele Spagnolo Lusso nel 1935, in ringraziamento alla Madonna per essere uscito illeso da un
incidente che lo coinvolse proprio in quel luogo.
Daniele era cavalàro e stava scendendo in paese da montagna conducendo il suo mulo che trainava il pesante barosso carico di bóre, quando la bestia scivolò, cadendo nel tornante sottostante con il carico.
Subito accorsero in suo aiuto altri cavalàri che riuscirono a tagliare in tempo l’imbragatura del basto e così liberare la bestia, che si salvò.
Anche Daniele uscì illeso da quell’esperienza e sicuramente fu altrettanto sollevato dal non aver perso il mulo che rappresentava lavoro e reddito per la famiglia in quegli anni duri. Fu così che applicò un quadro raffigurante la Madonna delle Grazie su quell’anfratto di roccia, in alto sopra la strada, che ben si prestava allo scopo.
Allora si aveva ancora il
coraggio di ringraziare, non si dava tutto per scontato.
L’icona che ora si vede, ben protetta entro una bacheca di acciaio inossibabile e vetro, non è evidentemente l’originale, che dovette essere sostituita più volte per l’ingiuria del tempo. Furono i nipoti Daniele e Moreno a prendersi cura della memoria del nonno e fare le necessarie manutenzioni.
Daniele era del 1881 e all’epoca del fatto aveva già 54 anni. Era emigrato negli Stati Uniti ai primi del secolo e poi era rimpatriato causa la guerra. Ebbe l’originalità di dare alle figlie i nomi degli stati americani che aveva visitato o che gli erano rimasti impressi: Florida, Nevada e Nebraska. Con la crisi del dopoguerra anch’egli dovette arrangiarsi alla maniera degli avi, chiedendo alla montagna il sostentamento per la famiglia.
Il lavoro dei cavalàri era duro e pericoloso. Dovevano alzarsi all’una di notte, alcuni anche prima, per essere in montagna a tempo debito per caricare il legname e tornare in paese entro mezzogiorno. E questo tutti i giorni della settimana, salvo il giovedì, che era di riposo. Formiche infaticabili, loro e anche le loro bestie.
Solo i muli infatti, erano
adatti a quel duro lavoro e a quei percorsi impervi, non i cavalli; non ne
avevano la forza e la pazienza indomita.
Allora i muli erano come gli
uomini e gli uomini come i muli.
Basti, finimenti, calzature e abiti, madidi di sudore e umidità, dovevano spesso essere messi ad asciugare appesi sopra focolari e stufe per poter essere convenientemente impiegati il giorno successivo.
Lavoravano anche d’inverno
andando a strossàre le bore per
prepararle in cataste col favore della neve che facilitava lo scivolamento
degli strossi. In primavera si
caricavano le cataste e si portavano a valle con i barossi. Non era raro dover prima spalare la neve che in montagna
poteva restare a lungo, specie nelle zone al postèrno.
Quando ora si percorre la Singéla si fatica a comprendere cos’abbia significato quella via per i nostri Padri. Ogni vólta, ogni lastra, ogni bocarólo, ogni sasso, ogni capitello, ogni posta, ne avrebbe di cose da raccontare, di memorie impresse.
Quella strada è un santuario, il nostro santuario! Forse, ogni tanto, sarebbe bene ricordarselo.
Gianni Spagnolo 9/7/13
Pori veciòti, che fadighe!
RispondiEliminaPurtroppo caro Gianni la Singela non interessa più a nessuno o quasi basta vedere comè ridotta altro che santuario.
RispondiEliminaDato che è passata la sua funzione di transito "produttivo", non bisogna neanche essere troppo severi. L'ho fatta recentemente un paio di volte e sinceramente quel che mi disturba maggiormente è l'orrenda copertura di cemento fin quasi al Capitélo. Per il resto, almeno per chi intende percorrerla a piedi, l'imboscamento le ha dato dato un'aria più ombrosa e selvatica che non mi dispiace. Se gli interventi manutentivi si intendono come quelli prima citati, è meglio che torni com'era prima dell'era dei cavalari.
EliminaLa Singela è un patrimonio storico del nostro paese.Intrattenerla e rivalutarla dovrebbe essere un dovere solo per quello che ha rappresentato nei secoli:fonte di lavoro e di sostentamento per varie generazioni.Non ha esagerato Edoardo a dire ,il giorno della messa al Capitello,che a noi anziani piange il cuore a vedere come
RispondiEliminaè ridotta per l'incuria delle varie Amministrazioni.....Solo un po'
di volontà basterebbe......
Lino, vai a vedere la strada di Valpegara in quale stato si trova ! Gente, auto, furgoni venditori di alimentari l'utilizzano tutti i giorni malgrado che si screpola.
EliminaAll'inizio, a sinistra, c'è un terreno (di mia proprietà) sul quale vedrai 4 contenitori d'immondizie, (provvisoriamente autorizzati,... 10 anni fà). In primavera dovevano essere spostati, alla mia domanda, con creazione di un isola biologica un po più lontana, ma il lavoro, di costo poco elevato, non è stato fatto per mancanza di finanze (almeno mi è stato detto cosi) !
Anche mia mamma passava per la Cingella e sono molto interessata dal patrimonio storico, ma non pensi che ci sono priorità ?
Caro Sig. Lino ha ragione, penso ci vorrebbero più persone come Edo, la Singela fa parte della sua vita........
RispondiEliminaVisto e considerato che alle varie Amministrazioni non ha mai interessato la Singela non vedo perchè al Ritorno dal bosco ne parlano così tanto.
RispondiEliminaè bravo Anonymous! tanto fare per il ritorno del bosco è dopo tutto torna nel dormitorio è la singela sparisce fino alla prossima festa!
RispondiEliminaAlmeno da voi ne parlano... noi di Pedescala da mesi abbiamo la strada della Valdassa impraticabile(per noi è come la vostra Singea)e mai nessuno, in nessun periodo dell'anno ne parla o fa qualcosa per migliorare la strada. Noi qui, da tanti anni, facciamo la pulizia a cura dei volontari, ma quando succede una brentana e la strada diventa impraticabile, non succede mai che venga ripristinata da chi dovrebbe farlo. Almeno da voi, al Ritorno dal bosco, ne parlano, la filmano, la fotografano!!!!Lucia
RispondiEliminaGrazie Gianni non conoscevo la storia di questo capitello, molto bella.
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