a proporvi il libro di Luigi Leonardo Sella (buja):
VALDASTICO IN QUEL TEMPO
uscito nell'ottobre del 1997.
La prefazione dell'Autore:
Nel vedere la Valle imbiancata dalla neve, mi è ritornato alla mente quel tragico inverno del 1945.
Come un calendario ho sfogliato i ricordi dei fatti accaduti, i racconti dei protagonisti, gli entusiasmi, le emozioni, le paure. Mi è parso di sentire i rumori, i silenzi, l'odore di quei tempi lontani della mia prima giovinezza. A volte il ricordo mi è parso chiaro nei particolari, a volte confuso, come intravisto nella foschia accumulata nel tempo.
Ho scritto su queste pagine tutto quello che ricordo e come lo ricordo, senza voler dare nessun giudizio, senza nessuna pretesa storica, puramente per non dimenticare i sacrifici, le privazioni sopportati dalla nostra popolazione nel tentativo di uscire da quella endemica miseria che sembrava gravare come una maledizione sulla nostra gente.
N.B.: ogni capitolo proposto avrà un numero per facilitarne la consultazione. Nella barra a scomparsa nera a destra nelle etichette, lo troverete sotto: VALDASTICO IN QUEL TEMPO.
1)
In quel tempo la miseria si poteva toccare con mano.
Il vecchio Parroco, guardando la piazza piena di gente, ripeteva:
-Miseria super turbam-
La popolazione viveva con il minimo indispensabile per la sopravvivenza. Il terreno coltivato era ghiaioso, rendeva poco: un po' di frumento, qualche sacco di patate, un po' di granoturco. Pochi i frutteti. La vigna, coltivata in filari, dava un'uva di scarsa qualità; così il vino, già scarso come quantità, aveva pochi gradi. Nei prati si falciava il fieno che, essicato,veniva stipato nei fienili per la stagione invernale. Per un certo periodo i gelsi avevano fornito il fogliame per l'allevamento del baco da seta. Nelle lunghe serate invernali, nelle stalle si filava la canapa che, tessuta, sarebbe servita per la dote delle future spose. Si sgranavano le pannocchie di granoturco per la polenta. Con i cartocci si imbottivano i pagliericci. Chi possedeva una mucca era considerato benestante, invece la capra era indice di miseria.
L'acqua del fiume, incanalata, faceva girare le ruote a pale di alcune segherie e di altrettanti mulini.
In questa terra di miseria solo pochi trovavano lavoro in paese: una decina di tagliaboschi e una decina di carrettieri. La loro vita si svolgeva soprattutto in montagna.
L'erta mulattiera che dalla valle saliva fino ai boschi era frequentata più di notte che di giorno. I carrettieri partivano verso le due del mattino con i loro barrocci trainati da robusti muli. Più tardi salivano uomini, donne e ragazzi, con dei carretti a mano per il trasporto ora della legna da ardere, ora dell'erba per il bestiame. Il cammino era così ripido e scosceso che era meno faticoso portare il carro a spalle che trainarlo. Il carico veniva suddiviso tra i vari componenti il nucleo familiare: agli uomini il telaio o scalà, ai ragazzi una o due ruote a seconda della loro robustezza, alle donne lo zaino con la scure, il falcetto, robuste corde in ferro e i pochi alimenti.
La fatica, in quel duro cammino, costringeva a soventi soste per riprendere fiato. In quei siti si trovavano uomini e donne di tutto il paese.
Là si scambiavano notizie, si imbastivano affari, si stringevano amicizie, nascevano amori. Su quella strada il sudore delle persone si confondeva con quello degli animali, le preghiere delle donne con le imprecazioni dei carrettieri, costretti, a volte, ad affiancarsi nello sforzo delle bestie.
Partivano in piena notte per evitare la calura del sole; prima di mezzogiorno ritornavano, stanchi con il loro carico. Così tutti i giorni, eccetto il giovedì, giorno di riposo per i muli, e la domenica, festa di precetto... (alla prossima)
Questo libro sapevo che c'era, ma non l'ho mai letto. Ora ne ho l'occasione grazie.
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