CULTO E TRADIZIONI DELLA NOSTRA VALLE
Le usanze, il culto, le tradizioni e i costumi di un tempo passato, spesso ci aiutano a capire com’erano i nostri avi, quanto ci hanno lasciato con il loro esempio e quanto, leggermente, abbiamo dimenticato credendo che il progresso fosse migliore. Tante sono le tradizioni scomparse, altre con forza tenute vive, sono ricordo di un passato che ancor oggi è carico di significato.
La nostra valle, un tempo è stata zona di cave e minatori, così in alcune chiese la statua di S. Barbara ha un posto d’onore; una santa invocata, pregata, supplicata perché protettrice di minatori, dell’esercito e di tutte quelle persone che hanno a che fare con esplosivi di ogni tipo. Per questo motivo, il deposito delle munizioni delle navi, viene chiamato la “santa Barbara”.
E’ raffigurata con una torre ai suoi piedi, per la sua prigionia; il calice con l’ostia, per la sua fede e la palma o la spada, per il suo martirio.
Molte sono le storie raccontate su di lei: il padre geloso, la sua fede, la morte per mano dello stesso padre: specialmente dai minatori si potevano ascoltare racconti diversi, tutti improntati sugli esplosivi e sul grande amore per la Santa.
A Pedescala la tradizione della processione con la statua, dopo essere stata abbandonata circa nel 1968 con la cessata attività della cava, è stata ripresa nel 2003 su richiesta di un parrocchiano e continua anche ai nostri giorni, anche se ormai, tutti i minatori sono morti.
Se pensiamo al duro lavoro, agli scoppi, alle esplosioni, ai sassi che cadevano, alla tensione, a tutti i pericoli, possiamo capire la durezza di questo lavoro ormai dimenticato.
Oltre a Pedescala, a Valpegara il giorno di S.Barbara è giorno di festa: S. Messa e poi tutti al vecchio caseificio per un piccolo rinfresco. Ai Giacòni, frazione di Lastebasse, dopo la celebrazione liturgica si può gustare cioccolata calda, vin brulè accompagnati dai dolci tipici della zona.
Pensando a questa giornata, ho rivisto una vecchia cassetta di Pedescala dove, tra le tante cose che Don Romeo Martello, allora parroco del paese, aveva filmato, ho ripercorso la giornata degli uomini della cava. Il lavoro iniziava all’alba, si saliva a piedi attraverso il sentiero che parte dal “Mulin” e, giunti sul posto, la giornata trascorreva tra scoppi, polvere e duro lavoro. Avevano a disposizione camion, ruspe, dumper per trasportare i grossi pezzi di marmo che avevano ottenuto facendo “scoppiare” la montagna. Poi caricavano tutto il materiale su dei “cariei” che scendevano attraverso una teleferica fino alle “Bregone” (per i ragazzi di quel tempo era divertente vederne la discesa e sentire il fragore dello scarico del materiale!). Nonostante il filmato sia d’altri tempi, sa dare l’idea della durezza di questo lavoro, delle difficoltà, del pericolo… A mio ricordo, c’era un gruppo di uomini di Posina che lavorava alla cava, abitavano dal lunedì al sabato vicino a casa mia e la mia famiglia aveva stretto con loro un rapporto di amicizia. Ma la persona che mi è rimasta nella mente è Alvise, un uomo buono, gentile, un gran lavoratore, che nonostante fosse stanco, se avevamo bisogno, dava volentieri una mano in qualsiasi cosa. Alla fine di una giornata in cava, gli operai erano esausti, ma alla sera lui cercava sempre la compagnia delle persone che gli erano amiche. Ricordando questo periodo ho capito il motivo per cui tanti erano i devoti a Santa Barbara, rivedendo vecchie foto della processione, dove la partecipazione era molto numerosa, si può veramente dire che immenso era il culto, la devozione e l’amore per la Patrona dei minatori. Sono certa che chi ricorda abbia il dovere di raccontare perché, così facendo, qualcosa delle nostre tradizioni e dell’antica fede rimanga sempre vivo, generazione dopo generazione…
Lucia Marangoni
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