domenica 16 dicembre 2012

I Capitelli di San Pietro


Le edicole religiose, più familiarmente conosciute come Capitelli, sono un elemento architettonico che caratterizza i paesi della nostra Valle e ne rappresenta la sensibilità religiosa, oltre che una delle rare espressioni artistiche.

Nel corso dei secoli la comunità di una contrada, piuttosto che una famiglia o singoli individui, hanno così inteso manifestare in modo indelebile un ringraziamento per uno scampato pericolo, un voto o una devozione sentita, edificando un segno tangibile che ne tramandasse la memoria.

In tempi nei quali le condizioni di vita erano assai precarie e dove carestie, pestilenze, incidenti e morte erano eventi ricorrenti e ineluttabili, il ricorso alla Fede e ai Santi protettori rimaneva l’unico affidamento possibile e forse il più prezioso antidoto alla disperazione.

Nel territorio della parrocchia di San Pietro si contano, salvo omissioni, una ventina di Capitelli, sommariamente classificabili in tre tipologie:


I CAPITELLI DI CONTRADA:

Sorti per voto e concorso di popolo per un evento specifico della comunità.
Presentano costruzioni piuttosto evidenti, spesso isolate e con fattura curata e artistica;


I CAPITELLI DI FAMIGLIA:

Sovente incastonati nelle murature delle abitazioni e legati alla devozione della famiglia; affrescati o costruiti secondo quanto consentiva l’arte e le possibilità del fattore;


I CAPITELLI P.G.R.
(Per Grazia Ricevuta)
Prevalentemente piccole edicole o icone sparse lungo la Singela e nei luoghi teatro di incidenti sul lavoro. Sono semplici manufatti artigianali, spesso soltanto una statuetta o un quadro incastonato nella roccia sul luogo dell’evento.


I titolari di questi Capitelli rispecchiano la sensibilità religiosa dei tempi: predomina in ogni tempo la devozione alla Madonna, mentre i più antichi sono dedicati, spesso in associazione con Maria, ai Santi deputati alle materie più sentite dalla popolazione: come San Rocco per le pestilenze, Sant’Antonio di Padova, patrono di malgàri e cavalàri e potente intercessore dalle molteplici utilità, Santa Barbara, patrona di minatori, cavatori e artiglieri, devozione professionale un tempo molto diffusa in Valle.



Il Capitello era avvolto nel rispetto e nella riverenza che da sempre caratterizzava tutte le manifestazioni religiose, ma forse con quella maggiore confidenza ed affetto derivanti dal sentirlo proprio e familiare, legato alla vita di contrada: qualcosa di nostro!

Ai bambini veniva insegnato che davanti a  un capitello non si poteva transitare senza insegnarse o recitare una giaculatoria specifica per il Santo figurato: ce n’erano per ogni occorrenza.
Era punto d’onore per la contrada, la famiglia o i discendenti dell’autore curarne il conveniente decoro e la manutenzione nel tempo.
Di pochi di essi conosciamo l’evento che li ha determinati, altri li abbiamo sempre visti e ne ignoriamo la storia, le persone o le motivazioni che li hanno eretti; altri ancora sono andati irrimediabilmente perduti nella trasformazione edilizia del paese del dopoguerra.

Ecco allora che vorremmo catalogare e raccontare di questi manufatti, cercando di raccogliere la loro storia, prima che l’inesorabile falce del tempo ne elimini per sempre il ricordo.
Le informazioni raccolte sono piuttosto frammentarie e non sempre certe e documentate, specie per i più antichi, quindi facciamo appello alla collaborazione dei gentili lettori per segnalarci ogni correzione, aggiunta o modifica che ci aiuti ad arricchire questa testimonianza.

Ecco di seguito l’elenco dei capitelli che abbiamo censito:

  1. Capitello di San Giovanni Nepomuceno di Contrà Baise;
Dopo che Lino Bonifaci Baise ci ha deliziato con l’avventurosa storia di questo capitello, che ha giustamente la preminenza essendo il più alto in quota fra quelli di contrada, continuamo la rassegna con gli altri 19. Dalla prossima puntata cercheremo di raccontare, per quanto possibile, la storia di ciascuno di essi:

  1. Capitello della Madonna di Contrà Cerati (all’inizio della Pontara);
  2. Capitello della Madonna di Contrà Chéca (al Cimitero Vecchio);
  3. Capitello della Madonna di Contrà Slaviero-Fodàti (sulla salita dei Fodàti);
  4. Capitello della Madonna delle Contrà Furlani-Costa-Fodàti (sulla Strada Nova);
  5. Capitello della Madonna di contrà Costa;
  6. Capitello della Madonna di Contrà Campagna (all'inizio di Via delle Alpi);
  7. Capitello della Madonna di Contrà Lucca;
  8. Capitello della Madonna con Santi, alla Torra all’inizio della strada delle Sléche;
  9. Capitello della Madonna, all'inizio di Contrà Lucca (Costruito recentemente da Severino Bonifaci Baise);
  10. Capitello della Madonna della Singela, in prossimità della Val Longa;
  11. Capitello della Madonna delle Grazie, sulla Singela (Costruito da Daniele Spagnolo Lusso, forse intorno al 1920);
  12. Capitello di S. Antonio con Gesù Bambino, incastonato sulla casa Fontana Campanaro, in Piazza;
  13. Capitello del Cristo Redentore, costruito nel 1900 sulla Prima Joa;
  14. Capitello di S. Antonio con Gesù Bambino, sulla Singela (Costruito da Giovanni Sartori Baston nel 1921);
  15. Capitello di S. Antonio con Gesù Bambino, sulla Strada dei Castelìti (Costruito da Giovanni Sartori Minai nel 1955 );
  16. Capitello di S. Antonio con Gesù Bambino, alla Sima del Sojo Alto, detto anche dei Bonati (Costruito da Giovanni Sella Munaro nel 1929 );
  17. Capitello di San Marco in fondo a l’Areta (Via Santa Barbara);
  18. Capitello di Santa Rita, sul muro della casa di Battista Lorenzi Cogo, verso l’Ara;
  19. Capitello di Santa Barbara, sul tornante più largo della Strada del Monte di Rotzo.
Rimane la memoria del recente Capitello di Lourdes nel cortile di Casa Nostra, smantellato da qualche anno,  di uno dedicato all'Annunciazione in via Fontanelle (oggi Via Martiri 1848) e di un antico affresco con Madonna e Santi esistente in Capovilla (oggi Via Carlo Alberto). Non è improbabile che una edicola dedicata a Santa Barbara esistesse un tempo nell'omonima via e che da essa possa avere preso il nome.

E da ultimo, ma non per questo meno importante anche se non assurge mai alla gloria del capitello, troviamo Lui, ….un tempo il più diffuso, il più conosciuto, forse il più implorato dai nostri avi:  Sant’Antonio Abate, meglio conosciuto dalle nostre parti come San Bovo del mastcéto.

Mentre i suoi più blasonati colleghi dei capitelli proteggevano i Cristiani, Lui aveva l’umile compito di sovrintendere alle Bestie, non meno importanti dei primi nella povera economia di sussistenza.

La sua caratteristica effige con gli animali e il fuoco, che tanto incuriosiva i bambini, era appesa nelle stalle o nelle loro adicenze sotto forma di quadretto, cartoncino o semplice santino.
A quella icona, spesso arricciata dall'umidità, sbiadita e velata di  ragnatele, si rivolgevano gli sguardi supplici di chi temeva la perdita di una bestia, una gravidanza difficile, una epidemia contagiosa.

Era l'unica rappresentazione religiosa ammessa nelle stalle e con ciò divenne per estensione il Santo protettore del Filò.

Ringraziamo tutte le persone che hanno contribuito e contribuiranno in vario modo a raccogliere o fornire le informazioni necessarie per arricchire questa piccola rassegna e in particolare Mario Pesavento Croce. 


Gianni Spagnolo 








 

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