Anche nell’era delle cialde per l’espresso casalingo, chi non ha una Moka Express in casa?
Inventata da Alfonso Bialetti nel 1933 a Omegna, e prodotta su scala industriale dal 1946 dal figlio
Renato, quei tre pezzi di alluminio avvitati e incastrati vengono usati
ancora oggi in milioni di case per accompagnare con qualche tazzina di
caffè le giornate degli italiani.
Non tutti però sanno come funziona
esattamente. Anzi, se chiedete come fa il caffè a uscire dalla colonnina
è probabile che vi diano la risposta sbagliata, e cioè che sia
l’ebollizione dell’acqua a spingerla attraverso il filtro.
Potrà
sembrare strano ma un’analisi scientifica corretta, anche se parziale,
del funzionamento di una Moka è stata pubblicata su una rivista
scientifica solo nel 2007, seguita nel 2009 da una indagine
sperimentale completa.
In precedenza in letteratura si trovano solo
spiegazioni parziali o addirittura errate.
Vediamone il funzionamento e contemporaneamente impariamo a preparare un buon caffè.
Cominciamo dall'acqua.
Quale e quanta acqua?
Riempite la caldaia della caffettiera sino alla valvola di sicurezza.
In una caffettiera classica da 3 tazzine sono circa 150 g di acqua.
Non
andate oltre: sotto il filtro a imbuto si deve lasciare una piccola
sacca d’aria e il caffè nel filtro non deve toccare
l’acqua sottostante. Questo è importante, come vedremo, per il
funzionamento corretto dell’apparecchio.
L'acqua non deve avere
troppi sali disciolti, sia per non lasciare troppi residui nella
caffettiera che, col tempo, potrebbero causare un malfunzionamento, sia
per non alterare il sapore del caffè impartendo un sapore amaro.
I
valori suggeriti degli ioni disciolti sono: calcio <60 mg/l,
bicarbonato <200 mg/l, magnesio <15 mg/l.
Se l’acqua erogata dal
vostro rubinetto rende il caffè amaro, o è ricca di cloro, potete
utilizzare acqua in bottiglia con valori più bassi.
Quale caffè?
Ovviamente quello che vi piace. Esistono due specie di piante di caffè
sfruttate commercialmente: Coffea arabica, originaria dell’Etiopia, è
coltivata nelle regioni montuose tropicali fino a 2500 metri e
rappresenta i due terzi della produzione mondiale di caffè. Ha un gusto
delicato, leggermente acido, aromatico e poco amaro. Una percentuale di
caffeina (nei semi) tra lo 0,9% e 1,2%. Il chicco è di forma allungata e
appiattita di un bel color verde. Il caffè arabica arrivò a Venezia
agli inizi del ‘600 e da lì si diffuse in tutta Europa diventando la
bevanda preferita degli intellettuali.
La robusta (Coffea
canephora) rappresenta un terzo della produzione mondiale. È originaria
dell’Africa occidentale e arriva in Italia solo nel ‘900. È coltivata
tra i 200 e i 600 metri d’altezza ed è capace di sopravvivere nei
difficili ambienti della foresta africana.
Ha un gusto più astringente e
amaro dell’arabica, più caffeina (1,6-2,4%) e un chicco tondeggiante
con un solco dritto.
Io uso un'arabica 100% ma non necessariamente una miscela con una certa percentuale di
robusta è di minore qualità: dipende da come volete il vostro caffè.
Quanto caffè?
In una “tre tazzine" si usano circa 15 grammi di caffè macinato. Il caffè per la moka deve essere macinato con una grana più grossa rispetto a quello per una
macchina da espresso dove la pressione più elevata (circa 9 bar)
richiede uno strato di caffè compatto macinato più finemente.
Riempite il filtro sino all'orlo senza creare una montagnetta. Premere o
non premere? Non premete il caffè! Altrimenti rallentate la risalita
dell’acqua. Ma non fateci nemmeno dei buchetti, altrimenti la facilitate
troppo. In entrambi i casi alterereste il tempo di contatto ottimale
tra acqua e caffè.
Coperchio aperto o chiuso? C’è chi tiene
chiuso il coperchio e chi lo lascia aperto. Fate come preferite; vi sono
molte leggende al riguardo, ma non fa alcuna differenza. Io, se sono in
cucina, lo tengo aperto per controllare meglio quando spegnere il
fuoco.
Accendiamo il fornello. Fiamma alta o bassa?
È
meglio scaldare a fiamma bassa per far salire gradualmente la
temperatura, ritardare l'ebollizione dell'acqua e far uscire lentamente
il caffè dalla colonnina.
Se avete fretta andate al bar.
Analizziamo ora passo passo cosa succede quando iniziamo a scaldare.
Come dicono Navarini e collaboratori “è una credenza, tra gli
utilizzatori della Moka, che sia necessario raggiungere il punto di
ebollizione dell’acqua per spingere il liquido fuori dal serbatoio
inferiore e che l’aumento di pressione all’interno sia dovuto al
raggiungimento dell’equilibrio termodinamico tra l’acqua e il suo
vapore”
La fiamma sotto la caffettiera non riscalda solo l’acqua,
ma anche l’aria sovrastante che avevamo lasciato riempiendo la caldaia.
Le misure sperimentali mostrano che la miscela aria/vapore non raggiunge
mai l’equilibrio con l’acqua che si sta scaldando, rimanendo sempre a
temperature più basse di circa 8 gradi.
All’innalzarsi della
temperatura, secondo le leggi dei gas, l’aria aumenta la propria
pressione ed espandendosi inizia a spingere l’acqua che risale nel
filtro, bagnando il caffè. Aumentando la temperatura l’acqua inizia a
evaporare e quindi anche la pressione del vapore contribuisce alla
spinta dell’acqua verso l’alto.
La fase di estrazione regolare
Sino a quanto nella caldaia il beccuccio del filtro a imbuto rimane
immerso nell’acqua, per circa 120 di quei 150 g iniziali di acqua,
l’estrazione procede in modo regolare.
L’acqua calda, non ancora
all’ebollizione, spinta prima dalla pressione dell’aria e poi dalla
miscela aria/vapore, inizia a risalire nel filtro. Il caffè è
completamente imbibito di acqua dopo che ne sono risaliti 40 grammi. In
questa fase l’acqua passa attraverso il caffè senza grossa resistenza,
sciogliendo le sostanze aromatiche più solubili. Gli esperimenti
mostrano che l’estrazione comincia quando l’acqua è circa a 70 °C.
Contemporaneamente, le particelle di caffè, assorbendo parte dell’acqua
si gonfiano, diminuendo progressivamente la porosità del caffè e
richiedendo, da questo punto, una pressione e una temperatura più
elevate dell’acqua per poter diffondere nel filtro e risalire la
colonnina.
La prima acqua calda, passando per il caffè nel
filtro, si è un poco raffreddata e il primo caffè a risalire la
colonnina ha una temperatura molto più bassa dell’acqua nella caldaia.
Gli studi sulla chimica dell’estrazione delle sostanze aromatiche
presenti nel caffè mostrano come a temperature diverse si estraggono con
più o meno facilità componenti aromatiche diverse, alcune desiderabili
altre no.
La temperatura ottimale dell’acqua dovrebbe essere attorno a
90-93 °C. A temperature molto superiori vengono estratte anche
componenti aromatiche indesiderabili, che portano note astringenti e
bruciate. Temperature troppo basse invece non estraggono componenti
fondamentali del caffè, che risulta meno complesso e più acido. A questo
punto della nostra preparazione la fiamma del fornello dovrebbe essere
la più bassa possibile per ritardare l'ebollizione dell'acqua.
La fase vulcanica
Quando il livello d’acqua nella caldaia scende al di sotto del
beccuccio del filtro, inizia quella che possiamo chiamare fase
vulcanica. La riduzione immediata di pressione manda in ebollizione
istantanea l’acqua che, mista al vapore, esce sfiatando dalla
caffettiera, spruzzando come fosse un vulcano sino a quando è esaurita.
Questa fase andrebbe evitata assolutamente e l’ebollizione ritardata il
più possibile. A temperature troppo elevate l’acqua estrae sostanze
presenti nel caffè tostato ma meno solubili a temperature più basse,
ottenendo un caffè più amaro, astringente, col sapore di “bruciato” e a
volte di “medicinale”. Se vi capita, non avete “bruciato” il caffè, ma
estratto sostanze dal sapore sgradevole già presenti nel caffè tostato e che lì dovrebbero rimanere.
Una strategia semplice per ridurre questo problema è di spegnere il
fuoco quando il caffè scende lungo la colonnina e tende a staccarsi. Il
caffè non deve gorgogliare e spruzzare dall’ugello. Un po’ di acqua
rimarrà nella caldaia ma il vostro caffè sarà di qualità migliore.
Mescolare o non mescolare?
Il caffè ora è pronto, ma prima di versarlo nella tazzina è meglio
mescolarlo. Il primo caffè uscito, quello a 70 gradi, è più acido e
aromatico. A mano a mano che esce si stratifica il caffè più caldo ma
anche più amaro. Poiché lo strato caldo è già in superficie non si
attivano le correnti convettive che lo rimescolerebbero, come fanno
invece in una pentola d'acqua per la pasta, e quindi va mescolato a
mano.
Ora il caffè è pronto per essere bevuto.
Scommetto che,
come a me, vi sono venuti in mente alcuni esperimenti da fare e idee da
mettere alla prova: possiamo variare la temperatura di partenza
dell’acqua, per esempio, oppure usare un bagno termico per tenere la
caldaia a una temperatura costante. Magari ne riparliamo.
Nel frattempo, buon caffè.
(fonte fb Nazzareno Leonardi)
Ottima spiegazione! Grazie e buon caffe'!😀😁😉
RispondiEliminaIl latte è buono e la cioccolata è dolce
RispondiEliminae anche la camomilla bene si fa.
Rinfresca l'orzo e il vino rende felici
e solo l'acqua la sete fa passare.
Ma un milione di persone,
di Napoli come me,
non vogliono sapere niente
e vivono di caffè.
Ah, che bellu ccafè.
Sulo a Napule 'o ssanno fà,
e nisciuno se spiega pecché
è na vera specialità.
Ah, che bel caffè.
Solo a Napoli lo sanno fare,
e nessuno si spiega perchè
è una vera specialità.
Ah, ch'addore 'e cafè
ca se sente pe' 'sta città.
E 'o nervuso, nervuso comm'è,
ogne tanto s' 'o vva a piglià.
Ah, che profumo di caffè
che si sente per questa città.
E il nervoso, nervoso com'è,
ogni tanto se lo va a prendere.
Comme nasce, tu siente 'o bebbé
ca dice: "Nguè-nguè, nu poco 'e cafè".
E ll'Inglese se scorda d' 'o ttè
si vène a sapé
"n'espresso" ched è.
Appena nasce, senti il bebè
che dice: "Nguè-nguè, un po' di caffè".
E l'inglese si dimentica del te
se viene a sapere
"un espresso" cos'è.
Ah, che bellu ccafè.
Sulo a Napule 'o ssanno fà,
e accussì s'è spiegato 'o ppecché
ca pe' tutt' 'a jurnata,
na tazza po' n'ata,
s'accatta, se scarfa
e se véve 'o ccafè.
Ah, che bel caffè.
Solo a Napoli lo sanno fare,
e così è spiegato perchè
per tutta la giornata,
un tazza dietro l'altra,
si compra, si riscalda
e si beve il caffè.
Pe' bevere 'o ccafè se trova 'a scusa.
Io ll'offro a n'ato e n'ato ll'offre a me.
Nisciuno dice "no" pecché è n'offesa,
só' giá seje tazze e sóngo appena 'e ttre.
Ma, mentre faccio 'o cunto,
n'amico mme chiamma: "Gué,
e aspetta nu mumento,
bevímmoce nu cafè".